Corriere della Sera, 11 gennaio 2019
All’asta il castello in cui De André, Dalla e Conte amavano incidere
Mentre il mondo della musica e della cultura ricorda Fabrizio De André a 20 anni dalla sua prematura scomparsa, tramonta definitivamente un monumento della canzone italiana, ovvero di Castello di Carimate, nel Comasco, sede storica di una delle più importanti e attrezzate sale di registrazione d’Italia chiamata «Stone Castle».
Ma cosa c’entra De André con il Castello che a marzo va all’asta? C’entra per due ragioni: perché De André incise due album in quegli studi, ma sopratutto perché apparteneva al suo primo discografico, un distinto signore di nome Antonio Casetta proprietario dell’etichetta «Produttori Associati» che aveva nella sua scuderia oltre a De André, Piero Ciampi, Gli alunni del Sole, Carmen Villani, Santo & Johnny, Eugenio Finardi e Enzo Avitabile.
Il castello di Carimate, una fortezza che risale al 1200 successivamente ampliata e ristrutturata più volte, fu acquistato da Casetta (nel 1977) che realizzò al suo interno due studi e un teatrino dotati della miglior tecnologia allora disponibile. In più creò una struttura ricettiva di lusso con annesso golf club. Gli Stone Castle studio divennero il buon ritiro di molti artisti fra i quali Fabrizio De André che vi registrò «Creuza de ma’», i Pooh («Rotolando respirando»), Paolo Conte («Un gelato al Limon»), Finardi, Vecchioni, Pino Daniele, Lucio Dalla («Com’è profondo il mare»), Mango, Alberto Fortis, Alberto Camerini, Ron. Artisti, musicisti e tecnici creavano insieme in una situazione confortevole, non lontana da Milano e dalla Svizzera, ma nel contempo isolata, che favoriva la concentrazione di chi ci lavorava. Nacque un nuovo modo di creare la musica con una formula più collettiva, assembleare e meno rigida con la possibilità di correggere, cesellare e campionare. Un bilancio artistico più che soddisfacente. Ma il debito contratto, soprattutto con la casa discografica Ricordi, finì per schiacciare Antonio Casetta che perse la sua casa discografica, la «Produttori Associati», col suo prestigioso catalogo.
I dirigenti della Ricordi mal sopportavano Casetta (morto nel ’93) forse invidiosi del fascino che esercitava sugli artisti. In più erano indispettiti che lui, indebitato fino al collo, girasse con una fiammante Bentley, che alla fine finì pignorata. Casetta parlava senza riuscire mai a pronunciare la erre. Un giorno negli studi del Castello rimproverava De André per il forte ritardo nella consegna di un disco. E Faber si difese così: «Dottor Casetta, cosa posso fare se non ho idee?». E Casetta di rimando scherzosamente: «E lei ubi, ubi! (rubi, rubi)».
Come ogni castello che si rispetti anche questo aveva il suo fantasma. Che una notte, secondo leggenda, fece sparire da un nastro magnetico a 24 piste un intero disco di Vecchioni appena registrato («Hollywood, hollywood» del 1982). In verità pare si trattasse di un banale difetto di fabbricazione del nastro. L’atmosfera del Castello favoriva la collaborazione fra artisti che non si conoscevano in un clima ludico. Lucio Dalla era solito uscire dallo studio, raggiungere correndo un ciliegio dell’immenso giardino e rientrare con i frutti appesi come orecchini ai lobi con le movenze di un fauno.
Carimate, dal ’90, era diventato un resort di lusso. Ma non funzionava. Adesso l’edificio di 7.335 metri quadrati circondato da un parco e un bosco di 5,2 ettari il cui valore è stimato in circa 12 milioni di euro, verrà battuto all’asta, il prossimo 5 marzo, a partire da 7 milioni e mezzo di euro.