Il Sole 24 Ore, 11 gennaio 2019
Gli effetti dello shutdown
Mc Allen è una città di confine in Texas, nella valle del Rio Grande. Petrolio, campi assolati e fabbriche di tortillas. Donald Trump, accompagnato dai senatori repubblicani locali Ted Cruz e John Cornyn, ieri è arrivato per ribadire la sua proposta e l’urgenza di realizzare il muro da 5,7 miliardi di dollari. Cappellino bianco da basket con il logo d’ordinanza «Make America great again», il presidente ha stretto la mano agli agenti americani che lavorano alla frontiera con il Messico. Una linea fragile in questa città dove l’85% della popolazione è di origine ispanica. Trump ha portato la sua solidarietà a quegli stessi agenti federali che oggi, assieme ad altri 800mila dipendenti pubblici, dopo tre settimane di shutdown, il blocco delle attività governative arrivato al giorno 21, non si vedranno recapitare lo stipendio.
L’incontro dell’altra sera alla Casa Bianca con i leader del Congresso per tentare una mediazione è finito in malo modo. Trump che se ne è andato dalla Situation Room sbattendo la porta davanti all’ennesimo no di Nancy Pelosi, la neo speaker democratica della Camera, sul muro da lei definito «immorale». «È stata una totale perdita di tempo», ha detto. I democratici sono infuriati. Lo accusano di tenere in ostaggio il Paese con la chiusura del Governo. Mercoledì la Camera a guida democratica ha approvato una legge per porre fine allo shutdown con la quale si finanziano le attività del dipartimento al Tesoro e di altre agenzie, senza i soldi per il muro. Ma il Senato a maggioranza repubblicana non ha indicato di voler votare il provvedimento, senza il capitolo sulla barriera in acciaio richiesta dal presidente.
La paralisi amministrativa rischia di avere un impatto pesante. Lo shutdown costa agli Stati Uniti 1,2 miliardi alla settimana, secondo le stime del capo dei consiglieri economici di Trump. La Sec è bloccata, congelate le Ipo con le società che dovevano sbarcare in Borsa a gennaio costrette a rivedere i piani. Lo stesso accade per Fbi, Tesoro, Commercio, Fda, sicurezza negli aeroporti, Irs, l’agenzia delle Entrate Usa che in questo periodo dell’anno invia i rimborsi fiscali a milioni di americani e molto altro ancora. Ma il conto potrebbe diventare davvero salato per il Paese.
L’agenzia di rating Fitch ha già lanciato l’allarme: se lo shutdown dovesse proseguire l’America rischia di perdere la tripla A. Con tutte le conseguenze sul debito e soprattutto sui mercati finanziari. Uno scenario che di sicuro il presidente non vuole, considerando la volatilità di Wall Street degli ultimi mesi.
Entro il primo marzo il Congresso deve votare il debt-ceiling, il tetto del debito pubblico regolato dal parlamento americano. In un clima così polarizzato non è detto che avverrà. E il Tesoro potrebbe essere costretto a ricorrere a «misure straordinarie» per le nuove emissioni obbligazionarie. Insomma uno scenario di potenziale caos. Il numero uno della Fed, Jerome Powell, ieri parlando all’Economic club di Washington si è detto preoccupato per il debito americano. Molti, anche tra i repubblicani, in queste ore stanno cercando «idee costruttive», come dice la senatrice Lisa Murkoswsky.
Ma Trump non demorde. Una promessa elettorale centrale nella sua campagna presidenziale 2016. Ieri ha affermato che se lo shutdown andrà avanti, non parteciperà al meeting annuale di Davos. Ma, soprattutto, che dichiarerà l’emergenza nazionale pur di realizzare il muro, utilizzando i finanziamenti destinati alla difesa. Una forzatura delle regole costituzionali che finirebbe per chiamare in causa la Corte Suprema.