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 2019  gennaio 11 Venerdì calendario

Il Brasile pronto a invadere il Venezuela (con l’appoggio Usa)

«Giuro di liberare il Brasile dal socialismo», aveva detto Jair Bolsonaro nell’assumere per la prima volta la carica di presidente del Brasile a Capodanno: circondato da vari dubbi, questioni e malignità sulle sue prese di posizioni o su quello che potrà fare, ma per il momento investito di un mandato popolare incontestabile. «Giuro di portareinVenezuela più socialismo», ha detto ieri Nicolás Maduro nell’assumere per la seconda volta la carica di presidente del Venezuela: in unPaeseallafame che batte tutti i record mondiali di inflazione, da cui almeno 3 milioni di cittadini sono scappati, e nel quale ogni parvenza di rispetto formale per la democrazia è ormai saltata definitivamente. Per lo meno dall’agosto del 2017: quando lo stesso Antonio Múgica, presidente di quella società Smartmatic che avevafornitolemacchine per votare, denunciò che un milione di voti fasulli erano stati aggiunti, nel corso delle elezioni di una contestata Assemblea Nazionale Costituente convocata apposta per esautorare potere all’Assemblea Nazionale in mano all’opposizione.Daallorala credibilità della democrazia venezuelananon siè sostanzialmente più ripresa. L’ultimo colpo lo ha dato Christian Zerpa: il magistrato del Tribunale Superiore di Giustizia che dopo essere scappato negli Usa ha denunciato che le elezioni dell’anno scorso «non eranolibere», e che il Tribunale Supremo di Giustizia in realtà non è che un giocattolo nelle mani di Maduro. BOICOTTAGGIO Tredici dei 14 Paesi latino-americani del Gruppo di Lima hanno boicottatola cerimonia, e il Paraguay subito dopo l’insediamento ha subito rotto le relazioni con un governo «illegittimo». Anche l’Unione Europealo ha disconosciuto, e Federica Mogherini ha parlato di un nuovo mandato che inizia «sulla base di elezioni non democratiche», il cui «risultato è privo di ogni credibilità, dalmomento che il processo elettorale non ha offerto le garanzie necessarie allo svolgimento di elezioni inclusive e democratiche». Hanno invece mandato delegazioni i governi di sinistra delMessico e dell’Uruguay, ma di basso livello, come pure la Cina:in qualchemodo si vergognavano pure loro. C’erano invece gli ultimi alleati della Regione: il boliviano Evo Morales, il nicaraguense Daniel Ortega, il cubano Miguel Díaz-Canel. E c’era la rappresentanza della Santa Sede, conira dell’opposizione. Ma in prima linea in questo momento si trova Bolsonaro. A partire dal fatto che l’Assemblea Nazionale pur esautorata ha dichiarato di considerare Maduro «un usurpatore», che Maduro l’ha minacciata di rappresaglie radicali, e che Bolsonaro ha subito offerto Brasilia come sede per un possibile governo venezuelano in esilio. Il tema non è fantapolitico, perché se davvero Maduro è illegittimo, allora il nuovo capo dello Stato, riconosciuto automaticamente da tutti i governi che hanno disconosciuto il suo insediamento, è il presidente dell’Assemblea Nazionale Juan Guaidó.Guaidóavrebbeil potere legale sia per chiedere alle Forze Armate di arrestare Maduro, sia per chiedere ad altri Paesi “fratelli” di intervenire per ripristinarel’ordine costituzionale. CONFLITTO Nei giorni scorsi proprioil generale Hamilton Mourão, vicepresidente diBolsonaro, ha previsto che sarannoleforze armate a rimuovere Maduro, dopo di chemilitari brasiliani potrebbe andare in Venezuela con funzioni di peace-keeping. Di cosafarein Venezuela Bolsonaro ha parlato con il segretario di Stato UsaMikePompeo, concordando che, in caso di bisogno, il Brasile ospiterebbe sul suo territorio una base di marines. «Bolsonaro e Maduro:lacronacadi unconflittoannunciato», ha titolato il New York Times parafrasando Gabriel García Márquez. In effetti Maduro ha denunciato più volte che Bolsonarolo vuolefar uccidere: anche se in realtà in ospedale è finito Bolsonaro per una coltellata ricevuta in piena campagna elettorale da un tizio la cui pagina Facebook era tutto un inneggiare a Maduro e Lula. ©