la Repubblica, 11 gennaio 2019
L’Unesco protegge la tavola di Mendeleev
ROMA Mantiene ogni cosa al suo posto, ospita tutti i mattoni dell’universo, è aperta ai nuovi arrivati, è costruita sulla logica e permette di navigare e fare collegamenti pur non avendo nulla a che fare con il web. Assomiglia all’umanità che vorremmo, la tavola degli elementi. Non è dunque solo per il suo valore scientifico che l’Unesco – a 150 anni dal primo disegno di Dmitri Mendeleev – ha deciso di proclamare il 2019 anno internazionale della tavola periodica. Il chimico russo nato in Siberia, ultimo di 17 figli, diventato professore all’università di San Pietroburgo, il 6 marzo 1869 si presentò alla Società Chimica Russa con la sua tabella. Disse di averla ricevuta in sogno, ma erano ovviamente anni che lavorava alla classificazione degli elementi noti, una sessantina all’epoca. Mendeleev scrisse i nomi dei “mattoni Lego” della natura su alcuni fogli di carta. Poi li girò e mescolò fino a trovare la configurazione che più ne rifletteva proprietà e similitudini, in base (ma questo lo avremmo scoperto solo nel 900) al numero e alla disposizione di protoni, neutroni ed elettroni negli atomi. Almeno altri 5 scienziati in giro per l’Europa si stavano arrovellando sullo stesso problema. Ma Mendeleev aggiunse un segno in più rispetto ai colleghi: il punto interrogativo. Lasciò spazi vuoti esattamente dove in futuro sarebbero stati scoperti altri mattoni della natura. «La tabella degli elementi naturali fu completata negli anni ’40. Ancor oggi si lavora alla ricerca di nuovi elementi artificiali», spiega Giorgio Cevasco, ex professore di chimica organica all’università di Genova e oggi vicepresidente della Società Chimica Italiana. Siamo a 118 elementi, di cui 98 naturali: gli ultimi, riconosciuti nel 2016, sono detti ultrapesanti e portano i nomi non certo leggeri di nihonium, moscovium, tennessine e oganesson. Altri, ancora più grandi, potrebbero esistere nello spazio. «Le intuizioni di Mendeleev nel corso degli anni sono state quasi tutte confermate», conferma Elena Maria Ghibaudi, che insegna chimica generale all’università di Torino e parlerà al congresso sui 150 anni fissato a luglio a San Pietroburgo. Nella casella bianca 68, per esempio, il chimico russo intuì un elemento con una densità di 6 grammi per centimetro cubo e un punto di fusione basso: le caratteristiche del gallio, isolato sei anni più tardi. Cevasco sottolinea che «lo stesso Mendeleev riconobbe che alla base della tavola periodica c’era il lavoro di un collega italiano, Stanislao Cannizzaro, che negli anni 1855-1861 quando era professore di chimica a Genova scoprì come determinare il peso atomico degli elementi. Cannizzaro in realtà non era solo un chimico. Partecipò alla rivolta siciliana del 1848, fuggì in Francia, tornò poi in Italia e divenne vicepresidente del Senato realizzando importanti riforme». E nemmeno il suo collega di San Pietroburgo (i due si incontrarono nel primo congresso internazionale dei chimici nel 1860) si limitava a studiare gli elementi. «Mendeleev era consigliere dello zar, lavorò anche per lo sviluppo sociale e industriale del suo paese. Era uno scienziato impegnato», spiega Ghibaudi. Si occupò di petrolio, minerali, formaggio, fino alla vodka. Fu lui a stabilire la quantità ideale di alcol della bevanda: il 40%. E mentre la ricetta del liquore è rimasta invariata, sulla tavola periodica ancora si dibatte, soprattutto sulla composizione del gruppo 3, quello dei metalli di transizione, che comprende secondo alcuni lantanio e attinio e secondo altri lutezio e laurenzio. La tavola periodica è stata nel corso di questo secolo e mezzo sottoposta a varie manipolazioni, per metterne in evidenza un criterio interpretativo invece di un altro. Una tabella risalente agli anni 70, riproposta dall’Unesco per l’anniversario, evidenzia addirittura gli elementi “a rischio estinzione”. «Proprio come gli animali – spiega Cevasco – alcuni elementi sono molto scarsi sulla Terra e, se usati nei telefonini o in altri apparecchi elettronici, rischiano di essere sottoposti a sfruttamento troppo intenso. Penso al tantalio o alle cosiddette terre rare, spesso estratte in zone di guerra o di tensione geopolitica». E sempre per parlare della “saggezza” della chimica, in un mondo dove l’antiscienza va di moda, la tavola periodica resta un tempio di logica e certezza. «È lì, sotto agli occhi di tutti e ci spiega come è fatto il mondo. Contiene l’intelligenza della natura», conclude Cevasco.