La Stampa, 10 gennaio 2019
La moda ai tempi del sovranismo
Politica e guardaroba hanno un rapporto antico. L’estetica come specchio dell’ideologia, dell’appartenenza, dello schieramento. In altre epoche era tutto molto chiaro. Pensate agli Anni Settanta quando le borse di tolfa, l’eskimo e i jeans sdruciti urlavano la rabbia anti sistema da sinistra. Mentre i camperos, le polo firmate, le gonne blu a pieghe e i Rayban viravano decisamente a destra. Poi le cose si sono confuse parecchio sia nell’abbigliamento che nelle ideologie, anche se il sospetto che in fondo «l’abito fa il monaco» non è mai morto. E oggi, tempi di sovranismo, visto che è sempre più difficile definire da che parti stai quando al governo siedono anime politiche così diverse, il guardaroba è ancora li a farci da bussola.
Il nemico del nuovo che avanza? I poteri forti, la sinistra al caviale, la destra in doppiopetto berlusconiano. E anche la moda si adegua. In soffitta i completi azzimati da finanza di assalto, ma anche quelli radical chic e i blazer «Acore». I nuovi «suits» maschili sono meno formali e più tecnologici e soprattutto, per fare contenti i grillini, anche ecosostenibili. Meglio se ispirati al mantra «Italia first» rubato a un signore sovranista che oltreoceano detta anche lui altre regole di «stile» come la cravatta portata lunghissima (un’azienda abruzzese, che ha fornito uno stock di cravatte a l presidente Usa Donald Trump, lunghissime e a tinta unita).
Certo anche Matteo Salvini si fa notare per le sue scelte estetiche. E non mancano le polemiche come quando indossò allo stadio, alla vigilia della formazione del governo, un giubbotto di un brand italiano di proprietà uno dei responsabili di CasaPound. Marchio che pesca l’ispirazione da un immaginario molto definito politicamente. Come anche i nomi dei suoi modelli («fighter», «martialis», «victores»).
Casual o casuale
D’altronde il giubbotto, fascista o meno, è solo una delle passioni di Matteo Salvini, faro certamente non solo estetico del sovranismo di casa nostra. Il leader della Lega adora le divise delle forze dell’ordine, soprattutto quelle dei pompieri. E anche il tricolore come logo, caso mai qualcuno lo scambiasse per uno straniero. E come tralasciare le magliette e le felpe personalizzate? Con sopra le scritte delle città visitate, per esempio, o slogano di varia natura come il gettonatissimo «Ruspe in azione».
Ma nel guardaroba salviniano-sovranista ci sono anche tanti piumini, sempre troppo colorati. Un abbigliamento casual, ma forse meglio dire «casuale», per sottolineare come la politica vada fatta per strada, tra la gente e non nei Palazzi polverosi e immobili popolati da funzionari in doppio petto. Così «W lo sportswear», le magliette e i jeans. Anche per differenziarsi dall’altra metà della «mela» al governo che invece ha fatto uno sforzo istituzionale anche nel guardaroba. Vedi Luigi Di Maio e i suoi completi da bravo ragazzo con giacca a due bottoni, in blu o grigio, e cravatte che non osano mai oltre il pois.
Ecosostenibile
Ma la base grillina e alternativamente sovranista non segue tanto «Giggino» nelle sue scelte di stile e preferisce Alessandro Di Battista, anche lui molto «casual», anche se un po’ più «fighetto» e soprattutto attento alle etichette ecosostenibili, uno dei temi portanti di questa edizione di Pitti, la grande kermesse internazionale che mostra il meglio della moda maschile. Tanti i marchi attenti all’ambiente. Come i giacconi di «Esemplare», marchio dell’azienda torinese Pattern, in piuma sintetica, alternativa a quella naturale, riciclata da bottiglie di plastica. La lana riciclata e la pelliccia ecologica sono utilizzate invece all’esterno dei capi.
Chimborazo è invece è il primo brand italiano di beachwear sostenibile che ricicla la plastica «pescata» nel mare per fare i costumi da bagno. D’altronde Marino Vago, presidente del Sistema Moda Italia, ha fatto un appello agli operatori del settore perché investano in sostenibilità. «Ma la sostenibilità - ha sottolineato - esiste solo se c’è la tracciabilità», tema per cui Bruxelles ha sempre mostrato scarso interesse. Chiamatela se volete tendenza sovranista.