La Stampa, 10 gennaio 2019
Mincione: «Conte? Mai conosciuto»
«Chi accusa il premier Conte di conflitto di interesse dovrebbe spiegare quale beneficio mi dà il decreto legge, visto che la mia quota vale zero e se nazionalizzano la banca varrà meno di zero». Raffaele Mincione, uomo d’affari e finanziere entrato in Carige un anno fa con il 5,4% e ancora azionista dell’istituto con poco meno del 5%, alle ultime polemiche del Pd che punta il dito contro il presunto asse d’interessi Conte-Alpa-Mincione reagisce con irritazione: «Mi hanno sempre accusato di tutto - dice - di essere un raider, uno speculatore. Quanto accade oggi in Carige dimostra invece ciò che ho sempre sostenuto, e cioè che alla banca serve un’aggregazione per sopravvivere e mantenere il suo ruolo importante sul territorio».
«Non ho mai avuto l’onore di conoscere Conte - spiega il finanziere - e mi sono avvalso della professionalità di Guido Alpa perché era la persona giusta: è stato consigliere della banca a lungo in passato, denunciandone storture e problemi, è genovese ed è uno degli avvocati più stimati d’Italia. Mi spiace leggere di questa assurda strumentalizzazione politica. La verità è che il governo - continua Mincione - ha fatto la cosa più ovvia e più giusta per mettere in sicurezza la banca. Chi accusa Conte dovrebbe peraltro spiegare quale beneficio mi dà il decreto legge in questione, visto che la mia quota vale zero e se nazionalizzeranno Carige varrà meno di zero». Secondo Mincione il provvedimento dell’esecutivo «serve per tranquillizzare i clienti e i dipendenti e per intervenire su eventuali problemi di liquidità, che se esistono o dovessero insorgere vanno affrontati rapidamente».
«Liquidità e patrimonio sono due cose diverse - sottolinea il finanziere-. La liquidità serve all’operatività della banca, perciò se insorgono problemi vanno risolti tempestivamente, ad esempio con i bond garantiti dallo Stato. Diversa cosa è la patrimonializzazione: si dice che, a fine gennaio, i requisiti patrimoniali di Bce potrebbero richiedere capitale aggiuntivo. Ma i commissari il 26 febbraio presenteranno un piano industriale e un progetto di aggregazione destinato di per sé a risolvere eventuali gap di patrimonio. Si tratta di aspettare un paio di mesi, un tempo più che ragionevole». E se i soci fossero chiamati a votare di nuovo un aumento di capitale? «Come l’ho fatto il 22 dicembre sarei pronto a rifarlo, ma solo davanti a un partner forte per l’aggregazione, altrimenti si ripetono all’infinito gli stessi errori. Lo dicevo già a settembre, quando tutti mi davano torto: pensare a una Carige autonoma che permette al territorio di attingere al credito in modo campanilistico è un’illusione, oltre che sbagliato. Carige deve fare la banca - dice Mincione - e dentro un gruppo può farlo».
«Personalmente auspico un’aggregazione con un gruppo italiano - aggiunge -. Credo che solo una banca (e non un fondo) possa cogliere i vantaggi finanziari e industriali dell’operazione. L’istituto ligure ha un valore di mercato, anche se è difficile quantificarlo ora, dopo il piano industriale sarà possibile farlo». Una fusione con Mps sotto il controllo dello Stato? «Sarebbe un’operazione impossibile da comprendere, per me».