Il Messaggero, 10 gennaio 2019
Intervista all’astrofisico italiano del super quasar
È l’oggetto più brillante mai trovato nell’Universo, è quasi 600 mila miliardi di volte più luminoso del nostro Sole. L’ha scovato un team internazionale di scienziati di cui fa parte anche un giovane ricercatore italiano, Fabio Pacucci. Dai buchi neri molto antichi, quelli che si formarono quando l’Universo era ancora un giovanotto, si potrà probabilmente capire cosa è accaduto in quell’epoca così distante da noi: quasi 13 miliardi di anni. Il team con il quale ha collaborato l’astrofisico tarantino trentenne (ricercatore all’università americana di Yale e al Kapteyn Astronomical Institute olandese), ha scandagliato quella regione remota del cosmo pensando di studiare un oggetto normale, ma alla fine è saltato fuori un mostro.
Pacucci, in due parole, ma cosa avete scoperto?
«Abbiamo scoperto il più luminoso quasar mai osservato, a una distanza di quasi 13 miliardi di anni luce dalla Terra. I quasar sono oggetti cosmici estremamente luminosi che irradiano a causa dell’accrescimento di materia su un buco nero super-massiccio. Questi buchi neri, dalla massa di milioni o miliardi di volte quella del Sole, si trovano al centro di galassie molto lontane».
Dicevamo l’oggetto luminoso mai scoperto prima
«Esatto, il quasar che abbiamo scoperto sembra emettere una radiazione pari a 600 mila miliardi di volte quella solare. Un vero mostro cosmico. Tuttavia, come se non bastasse, l’eccezionalità di questa sorgente è un’altra: il quasar risulta ultra-luminoso grazie a un effetto di lente gravitazionale. Nello spazio fra noi e il quasar è presente una galassia che, con la sua massa, amplifica la radiazione del quasar, come se si trattasse di una lente di ingrandimento. Questo effetto, previsto dalla Relatività Generale di Einstein, permette di osservare sorgenti molto lontane nell’Universo. La vera particolarità della scoperta è proprio questa: si tratta del quasar affetto da lente gravitazionale più lontano mai scoperto prima».
In quale zona dell’Universo si trova il quasar? Perché la scoperta è importante?
«Perché ci suggerisce la possibilità che ci siano molti più quasar nell’Universo rispetto a quelli che conosciamo finora. Era quasi sfuggito alle nostre osservazioni poiché la presenza della galassia lente ne aveva in parte mascherato le proprietà caratteristiche. Li abbiamo definiti Quasar fantasma»
E a questo punto la domanda qual è?
«Esatto, ora la domanda è: quanti quasar fantasma sono sfuggiti alle nostre osservazioni finora? Secondo i calcoli di uno studio che ho realizzato con Abraham Loeb, professore di astrofisica ad Harvard, ce ne potrebbero essere davvero tanti lassù. Se è vero, questo potrebbe alterare profondamente le teorie che descrivono il primo miliardo di anni di storia dell’Universo. Inoltre, lo studio di questo mostro permetterà di comprendere meglio le condizioni dell’Universo durante la reionizzazione, un periodo importantissimo della storia del Cosmo».
Chi ha fatto la scoperta e quali strumenti avete utilizzato?
«La scoperta è stata effettuata da un team di 20 scienziati in tre continenti diversi, diretti da Xiaohui Fan, professore di astrofisica all’università dell’Arizona ed espertissimo cacciatore di Quasar da un paio di decenni. Per effettuare la ricerca sono stati utilizzati molti telescopi terrestri, situati soprattutto alle isole Hawaii, e il celebre telescopio spaziale Hubble».
Lei che ruolo ha nel team di ricerca?
«Assieme a Xiaohui Fan, ho realizzato l’osservazione dal telescopio Keck che ha dato le prime indicazioni dell’eccezionalità della sorgente».
Quanto è stata importante la sua formazione in Italia?
«I miei studi in Italia sono stati fondamentali. Ho avuto la possibilità di formarmi all’università La Sapienza di Roma e alla Scuola Normale Superiore di Pisa con dei grandi maestri che mi hanno insegnato non solo come fare scienza, ma anche cosa vuol dire fare scienza. Ogni traguardo realizzato è anche frutto degli insegnamenti dei miei maestri, fra i quali Paolo de Bernardis, Roberto Capuzzo Dolcetta e Andrea Ferrara».
Un po’ come per gli esopianeti anche per i Quasar si aprono scenari di studio inaspettati?
«Inizialmente gli esopianeti erano considerati una rarità, invece ora riteniamo che la maggior parte delle stelle possegga un sistema planetario. Similmente, in un certo senso, è possibile che ci siano molti più quasar di quelli che conosciamo al momento. L’entità di questa popolazione fantasma di Quasar, se esiste, è ancora tutta da determinare. Lo studio dell’Universo ha sempre portato l’Umanità a scoprire scenari totalmente inaspettati, o addirittura impensabili».
Come continuerà ora la ricerca?
«Per il momento, stiamo raccogliendo osservazioni più dettagliate di questa sorgente, per comprenderne meglio la natura e studiarne lo spazio circostante. Questo potrebbe offrire informazioni preziosissime circa le condizioni dell’Universo nella sua giovinezza. Ma la domanda che mi appassiona di più è la seguente: quanti sono i quasar fantasma? Sono solo una rarità, uno scherzo del Cosmo, oppure si tratta di una numerosa popolazione di oggetti ancora completamente inesplorata? Potrei sbagliarmi, ma questi fantasmi infesteranno le notti di molti astronomi ancora per lungo tempo».