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 2019  gennaio 10 Giovedì calendario

I guai di Mainetti

Ora farebbe veramente comodo l’aiuto di un Jeeg Robot. O di un super eroe che aiuti l’immobiliarista, editore e collezionista d’arte romano Valter Mainetti a districarsi dai guai in cui si è aggrovigliato. Problemi finanziari, indagini penali, progetti urbanistici mai decollati, contenziosi legali: fino all’intervento di Bankitalia, che l’altro giorno ha commissariato le sue attività italiane che fanno capo a Sorgente sgr, che d’ora in poi sarà gestito da Elisabetta Spitz, nota per essere un funzionario governativo d’alto rango e che ha diretto, tra l’altro, l’Agenzia del Demanio. Meno nota al grande pubblico per essere stata la moglie dell’ex ministro Marco Follini, politico prima Udc e poi Pd. A Gabriele Mainetti, il figlio che di professione è regista cinematografico, il personaggio dei cartoni animati giapponesi ha portato bene, visto che con un budget ridotto ha dato vita a uno dei film italiani di maggior successo – e anche più interessanti – degli ultimi anni. Ma a Mainetti padre ora ci vorrà molto più che una dose di fortuna e di un indubbio – fino a un certo punto della sua carriera – talento negli affari. Tra tutti gli imprenditori del ramo, era stato tra i pochi a salvarsi – fino all’altro ieri – dallo tsunami che dopo lo scoppio della bolla del 2007 aveva colpito e azzoppato uno dopo l’altro gli immobiliaristi dei ruggenti anni di inizio secolo: quando i vari Ricucci, Zunino, Coppola e Statuto si scambiavano palazzi ed ex aree industriali da riconvertire in appartamenti di lusso e centri commerciali, moltiplicando rendite e guadagni in una spirale apparsa senza fine. Ora il bagno di realtà è arrivato anche per il settantenne imprenditore romano. Il quale – a onor del vero – si era tenuto lontano dai “colleghi” con cui non aveva mai fatto business insieme. Ma alla fine è caduto lo stesso: dopo una approfondita ispezione con la Guardia di Finanza, la Vigilanza della Banca d’Italia ha disposto lo scioglimento del cda di Sorgente, posta in amministrazione controllata. Tutta colpa di un lungo contenzioso con Enasarco, la Fondazione che gestisce le pensioni degli agenti di commercio e che negli anni ha investito in immobili. Sorgente li ha gestiti a lungo, fino a quando non si è andati a carte bollate. L’ex presidente di Enasarco Brunetto Boco lo ha denunciato per calunnia, mentre Mainetti ha aperto una battaglia legale a tutto campo contro il cda della Fondazione essersi visto “sottrare” la gestione di due fondi, assegnati ad altri operatori. Ma il Tar gli ha dato torto e la procura di Roma dopo segnalazione della Corte dei Conti, che ha competenza sui fondi pensionistici – ha aperto una indagine su Enasarco per “gestione infedele”. Alla famiglia Mainetti rimane comunque la gestione di altre attività in Italia con la proprietà di immobili di pregio (un palazzo nella centralissima piazza Cordusio a Milano, la Galleria Colonna a Roma), oltre alla Nova Re, società quotata a Piazza Affari. Nonché tutte le attività all’estero, amministrate dalla figlia Veronica. E delle quali il padre si è sempre fatto gran vanto. A buon diritto: nei fondi esteri si trovano immobili “iconici” come li ha sempre definiti Mainetti: il Flatiron, il grattacielo a forma di ferro da stiro, a Manhattan ma anche il Fine Arts Building di Los Angeles e il Clock Tower di Santa Monica e per un certo periodo anche il Crhrysler Building a New Yok. Tutto messo insieme non fanno proprio noccioline: secondo quanto dichiara il dettagliatissimo sito valtermainetti.com, il patrimonio immobiliare del suo piccolo impero avrebbe un valore pari a 5,8 miliardi di euro. Del resto, le attività americane sono nel suo dna. Il nonno Luigi Binda, aveva varcato l’Atlantico a inizio Novecento fondando un’impresa a New York per il montaggio di strutture in ferro: tra gli immobili alla cui costruzione ha collaborato c’era proprio il Chrysler Building, oltre all’ampliamento della sede del New York Stock Exchange. In Italia, la famiglia era stata altrettanto attiva. Con il boom dell’industria del Dopoguerra, i Mainetti sono protagonisti nella realizzazione del Sincrotrone di Frascati, l’Alfa Romeo di Arese, le acciaierie di Terni e Taranto. Il suo approdo a capo delle attività, arriva nel 1973 dopo la laurea in Scienze politiche, conseguita avendo come professore Aldo Moro. Politicamente è democristiano, poi di centrodestra e in buoni rapporti con l’area moderata del Pd. Professionalmente si dedica fino alla fine degli anni Novanta all’edilizia sociale, ma con la nascita dei fondi immobiliari scopre un nuovo filone. Non tutto gli ha detto bene anche prima della vicenda Enasarco: è rimasto un sogno irrealizzato la riconversione della grande area delle ex acciaierie Falck a Sesto San Giovanni, progetto di cui aveva preso una quota di minoranza. Controllato da un altro immobiliarista molto attivo negli Usa, Davide Bizzi, nel ridisegno era stato coinvolto per un certo periodo anche Renzo Piano. Poco brillante anche l’avventura nell’editoria. Sempre con Bizzi, due anni fa aveva rilevato Tempi, storico settimanale vicino a Cielle (poi chiuso e trasformato in un sito on line). Ha in mano il 30% dell’editrice de La Gazzetta del Mezzogiorno, che a sua volta non naviga in buone acque. E ha rilevato la proprietà de Il Foglio: dove si è reso protagonista della sua ultima “virata” politica. Ha fatto pubblicare in prima pagina una difesa dell’esecutivo gialloverde contro gli attacchi del direttore Claudio Cerasa. Tanto da far venire il sospetto che volesse mettersi a vento, visto che a vigilare sugli enti previdenziali è il ministro Luigi Di Maio. E uno dei suoi legali è quel Guido Alpa mentore del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma, si sa, un imprenditore prudente deve sempre essere filo governativo.