Corriere della Sera, 9 gennaio 2019
Da Fermi a Tortu, la sana ossessione per la lentezza
«Almeno due volte, nell’ottobre del 1934 per la scoperta dei neuroni lenti e nel dicembre del 1942 per la messa in moto del primo reattore nucleare a Chicago, si rifiutò di saltare il pranzo e interruppe gli esperimenti per dar modo a se stesso e ai colleghi di mangiare con calma». Il biografo americano di Enrico Fermi, David N. Schwartz, dedica diverse pagine all’ossessione del fisico premio Nobel italiano per la routine o, più precisamente, per la lentezza. Oggi le nuove facoltà digitali che sembrano svilupparsi quasi come un sesto senso tendono ad accentuare, al contrario che nel modello di Fermi, un’ossessione per la velocità. Ma se fosse questo uno dei malintesi moderni? Siamo sicuri che la velocità coincida con una maggiore produttività? Il confronto con l’esempio di Fermi fa sorgere qualche dubbio: i due casi citati da Schwartz sono particolarmente significativi. Nel 1934 Fermi stava sperimentando la radiazione indotta dell’uranio con i neuroni rallentati. Anche se al tempo, in effetti, Fermi male interpretò la reazione di questo bombardamento vedendo nella rottura dell’atomo dell’uranio dei fantomatici nuovi soggetti “iperuranici” della tavola degli elementi (che poi vennero cancellati), il fisico era ben consapevole di essere di fronte a una grande scoperta. Eppure, rallentò per il pranzo. Stessa cosa nel 1942 quando, come si seppe dopo, stava lavorando al Progetto Manhattan che avrebbe portato alla bomba atomica. Oggi non abbiamo più tempo per nulla, ma il digitale ha anche aumentato, parallelamente, il livello di distrazione. Non abbiamo tempo per leggere libri, giornali, per informarci, eppure acceleriamo. Qualcosa non sembra funzionare quando aumentiamo la velocità in un ecosistema sociale. Anche la meccanica di Newton, in tutt’altre condizioni, non è più affidabile quando la velocità si avvicina a quella della luce e si entra nella fisica di Einstein. Una soluzione dell’equazione potrebbe giungere dai consigli offerti dall’uomo più veloce d’Italia, Filippo Tortu, Mister 9,99 secondi sui 100 metri. «Sono molto pigro nella vita: corro quando devo correre» ha raccontato all’evento di chiusura 2018 del Corriere Innovazione. E se la velocità senza sosta è innaturale per un velocista di talento, figuriamoci per noi esseri normali.