Corriere della Sera, 9 gennaio 2019
Quando Nureyev in parrucca girava per Parigi
C’erano due porte, nel piccolo ufficio della polizia all’aeroporto di Le Bourget. «Sortie», uscita. Un’immagine semplice e potente nella sua simbologia. Rudolf Nureyev doveva decidere quale aprire. Da una parte la libertà dell’Occidente, dall’altra parte il ritorno a Mosca. Il 16 giugno 1961, in quell’aeroporto, Nureyev spiccò il suo volo più grande. Il 6 gennaio sono passati 26 anni dalla sua morte, avvenuta a Parigi, la città che lo accolse. E il 25 a chiusura del Festival di Trieste verrà proiettato il film The White Crow dell’attore Ralph Fiennes, sulla gioventù del ballerino, fino alla sua prima tournée in Occidente, col Kirov Ballett, al termine della quale si sarebbe consegnato ai gendarmi francesi.
Un documentario di Sky Arte, Nureyev-Danzando verso la libertà, si avvale di testimonianze di ex ballerini, amici di Rudy ma anche di ex agenti del Kgb, che a Parigi dovevano sorvegliare gli artisti. Nureyev aveva 22 anni, grande talento ma non del tutto esploso. Era una testa calda: impulsivo, irascibile, narcisista, individualista, dunque un anarchico, un potenziale nemico dell’Unione Sovietica. Eravamo in piena guerra fredda, il Muro di Berlino venne costruito appena tre mesi dopo. La tournée del Kirov doveva mostrare la superiorità culturale dell’impero sovietico. La fuga di Nureyev dette uno straordinario colpo al prestigio dell’Urss. Un ruolo fondamentale lo ebbe Clara Saint, giovane, bella, ricca, conosceva tutta Parigi, in futuro sarebbe stata al fianco di Saint Laurent e Andy Warhol.
Nureyev non mostrava rispetto verso i responsabili del Kirov, con gli altri ballerini si comportava come un principe altezzoso, una volta si tolse la calzamaglia durante Giselle e rimase in mutande. Il Kgb, chiamato organizzazione di controllo dai danzatori, cominciò a stilare rapporti a Mosca sulla sua condotta.
Non era stato inserito nella lista perché Sergeyev, primo ballerino e direttore artistico del Kirov, voleva ancora esibirsi. Ma una francese inviata a Leningrado che lavorava alla tournée, riferì di avere scoperto un nuovo talento. Così il discolo Nureyev poté unirsi al gruppo. A Parigi, cominciò a eludere i controlli degli agenti; con Clara sgattaiolava dalla cucina dell’hotel, andava in giro godendosi Parigi, si era creato un piccolo corteo, andava al Crazy Horse. Un giorno volle acquistare una parrucca biondo platino come Marilyn Monroe. Nei rapporti inviati a Mosca, fu accusato di insubordinazione. E poco prima di raggiungere la seconda città europea, Londra, gli fu notificato dal Comitato Centrale l’ordine di rimpatrio, motivato con una scusa: un gala, con lui soltanto, al Cremlino.
Non ci cascò. Si sentì in pericolo, mentre il resto del Kirov si stava imbarcando, rimase in sala d’aspetto, capì che stava correndo un pericolo. A una ballerina mimò il gesto delle sbarre: era convinto che a Mosca lo avrebbero imprigionato. L’amico e coreografo Pierre Lacotte, che era con lui circondato dagli agenti, telefonò a Clara. Lei arrivò, i gendarmi le dissero: noi non possiamo intervenire, deve essere lui a venire da noi. Così andò. Ci fu una colluttazione. «Siamo in territorio francese», intimarono i gendarmi ai sovietici in borghese. «Sembra la trama di un film, invece non c’è nulla di inventato», dice Clara. Il direttore del Kgb, Alexandr Sheklepin, fu destituito, e Vitali Strizhevski, l’agente al seguito dei ballerini, degradato. Yuri Soloviev, altro primo ballerino sospettato di avere passato una notte d’amore con Rudi e costretto dal Kgb alla delazione contro «il traditore della patria», si suicidò misteriosamente nel 1977. L’étoile Alla Osipenko, incolpevole partner di Nureyev, non potè viaggiare per dieci anni. Rudi a Parigi visse in un bell’appartamento da cui non poteva uscire per la sua incolumità.
Tre mesi dopo il suo primo spettacolo: il Kgb gli fece recapitare lettere dei suoi genitori dove gli chiedevano di tornare nel suo Paese, e fece riempire il teatro di gente: traditore, gli gridarono lanciando monete e vetri rotti sul palco. Troppo tardi. Era già cominciata la leggenda dei suoi voli verso il diritto di vivere come voleva. Disse: «Io non tornerò più nel mio Paese, ma non sarò mai felice nel vostro».