La Stampa, 9 gennaio 2019
Il tariffario per il papà immaturo
Il padre, ribadisce il magistrato, è più infantile della figlia di otto anni, finita suo malgrado in mezzo alla guerriglia combattuta contro l’ex moglie. Perciò dovrà pagare una multa, con tariffa calibrata, ogni volta in cui terrà uno dei comportamenti più dannosi per la bambina, tra i quali la cancellazione del nome della mamma dal diario di scuola o la pretestuosa convocazione della polizia davanti alle elementari. Lo ha stabilito il giudice del tribunale genovese Francesco Mazza Galanti, con quello che tecnicamente è un decreto di ammonimento e fornisce alla madre un’arma di peso: al prossimo sgarro può inviare direttamente, senza ulteriore contraddittorio, un precetto all’ex coniuge battendo cassa.
La vicenda riguarda Chiara (nome di fantasia), la mamma di 35 anni e il papà di 47, entrambi con un lavoro dignitoso - uno in proprio, l’altro dipendente - e nuove vite con nuove relazioni in corso da tempo. Mobilitati gli avvocati poiché non concordavano neppure su chi avesse diritto di condividere via Facebook le foto della piccola (ci torneremo), la contesa è deflagrata per la guerra a bassa intensità combattuta da lui, (ri)portato in tribunale da Liana Maggiano ovvero il legale di lei.
«Si vanta delle bizze»
Dopo aver ascoltato entrambe le campane il tribunale non ha avuto dubbi. Anche perché il padre non ha negato, sostenendo semmai che fossero un suo diritto lo sbianchettamento dei nomi di chi può prendere Chiara a scuola e mille altri dispetti, destinati a trasformarsi in un macigno alla fine solo per la bimba. «Il papà - è scritto nel provvedimento - ha dimostrato di avere a cuore il suo esclusivo amor proprio, solo per evitare che a scuola s’ingenerasse confusione tra il ruolo del neo-marito dell’ex (con il quale la bambina ha un buon rapporto, ndr) e il suo». Se ne frega insomma di quanto possa ripercuotersi su Chiara la spasmodica tutela dell’orgoglio.
Ma a differenza dei già pochissimi precedenti, nei quali in modo generico la magistratura ipotizzava mini-sanzioni per il genitore riottoso, qui è snocciolato ogni singolo gesto che innescherà una multa da 50 euro, inquadrato come unico deterrente efficace. Il papà li dovrà sborsare qualora «depenni o cancelli dal diario e dal materiale scolastico di Chiara i riferimenti materni (in un caso aveva fatto sparire persino il nome della nonna, ndr), o elimini il nominativo del nuovo compagno dell’ex moglie dalla lista delle persone che possono prelevarla da scuola, già autorizzato dai Servizi sociali; e ogni volta in cui assuma unilateralmente scelte sulla sfera medica, scolastica e religiosa». Non manca lo sconforto per la mobilitazione fuori luogo di agenti e militari, registrata in svariate occasioni. Cinquanta euro di penale quindi «se richiede l’ultroneo (classico termine da tribunale per dire «eccessivo», ndr) intervento delle forze dell’ordine alla presenza della minore, per la gestione della minore stessa».
La contesa sui social
Eloquente è la partita su Facebook. Con il giudice che qui non deve ricorrere alle minacce e «prende atto dell’accordo tra le parti, secondo cui ciascuno si asterrà dal pubblicare fotografie di Chiara. E se vengono a conoscenza che altri hanno postato foto della bimba», i genitori si devono attivare «immediatamente» affinché «la terza persona le rimuova», comunicandoselo a vicenda. Per scongiurare psicodrammi, sul padre e la madre è plasmato il ruolo di social-censori a tutto tondo: «Se la comparsa della fotografia è dipesa da chi è estraneo alla loro sfera, concorderanno le misure più opportune per ottenerne la rimozione». Dove non arriva il buonsenso, può solo il burocratese.