Libero, 9 gennaio 2019
Donne non depilate
Ragazze, diamoci una calmata. Questa cosa che dobbiamo farci valere a prescindere dall’aspetto fisico, che conta la testa e non il corpo, che non dobbiamo essere condizionate dai canoni estetici della tv, che siamo fighe anche in ciabatte e pigiamone, è nobile e condivisibile. Denota una certa sicurezza. Ma il pelo lungo di un mese no, per favore. È vero, la ceretta è il nostro supplizio; se è inguinale e totale può diventare un’esperienza estrema come una camminata sui carboni ardenti: chi la fa senza urlare dal male attribuisce il successo a qualche potere spirituale o soprannaturale. Una forza che ci viene sul momento e ci consente di sdraiarci sul lettino e aprirci come un pollo, sfoderando un’insospettabile elasticità da acrobati circensi, incuranti della cera bollente e della carta che si appiccica ovunque. Finita la deforestazione, ci sentiamo più forti di Hulk, ma quando è il momento di risottoporci al medesimo trattamento, preghiamo l’estetista di fare piano: «Magari stavolta un po’ meno...». Idem sotto le ascelle, con l’unica consolazione che la sofferenza finisce prima e stiamo più comode: dobbiamo solo tirare su le braccia. Poi le gambe: per chi si depila con regolarità, è una passeggiata. E se proprio la ceretta non piace, ci sono centinaia di tipi di rasoi o tecniche laser per ogni esigenza.
L’IDEA DI LAURA
Eppure, adesso dall’estero è arrivata questa moda: si chiama Januhairy ed è qualcosa di più di una semplice tendenza. Un fenomeno sociale, che fa già discutere, il nuovo movimento delle femministe che impazza sul web e fa proseliti anche tra le vip: tutte a farsi selfie per mostrare fiere le ascelle barbute, all’antica. Come Lourdes Maria, figlia di Madonna, accanita sostenitrice della non-depilazione anche al mare. O Bella Thorne, o Rihanna. Ma perfino Julia Roberts non scherza. E da noi Paola Maugeri, che su Instagram ostenta fiera il suo corpo al naturale. Una manna per la mia collega Tiziana Lapelosa, che però precisa: «Fiera del mio cognome, ma io la ceretta, quando è il momento, la faccio». L’idea di Januhairy è venuta a una studentessa inglese di 21 anni, Laura Jackson, e dice così: «Donne, bisogna accettare i propri peli». Quindi per un mese intero al bando cerette e rasoi, lasciate crescere i «vostri capelli» perché «non c’è niente di male a mostrarsi pelose». Lei, per inciso, non si rade da maggio 2018 e ha polpacci più irsuti di un uomo, ma si sente «più libera». Che non ci sia nulla di male a mostrarsi con la “moquette” sugli arti, è soggettivo. Un po’ di peluria è ammessa, i baffetti strategici, a volte, possono impietosire qualche prof e autoconvincerlo a premiare l’allieva modello: «Poverina, studia tanto e non ha il tempo per curarsi». Le sopracciglione folte, poi, fanno tanto nerd, sinonimo di super secchione, giovane d’età ma vecchio dentro, più avvezzo ai libri che al divertimento.
TANTI MODI PER SFOLTIRE
È questo che Laura e le altre fanatiche di Januhairy (da january + hairy, cioè gennaio + peloso) vogliono sostenere? Davvero pensano che da un aspetto sciatto (e poco igienico) si possa costruire l’immagine della donna autonoma e cazzuta che non deve essere subordinata a schemi di bellezza imposti dall’industria e dal gusto degli uomini? Non ci sono altri modi per sponsorizzare il proprio cervello? Certo, sulla depilazione inguinale c’è tutta una filosofia che, spesso, passa dalle preferenze dei partner: chi la vuole alla brasiliana, chi all’americana, chi alla francese o alla moicana. Ma lì una donna deve scegliere sola, ricordando che una sfrondatina non guasta, specie alle ascelle, luogo privilegiato per il sudore. È invece qui che si concentra il tormentone di Januhairy. Una campagna nata per raccogliere fondi a favore del progetto Body Lossip per far sentire le persone bene nella propria pelle (e nei propri peli). Purché sia solo per il mese di gennaio.