Il Messaggero, 9 gennaio 2019
Nell’isola dove si vede solo in bianco e nero
Vedono il mondo solo in bianco e nero. Nessun altro colore. Soffrono di acromatopsia congenita, un raro difetto ereditario della vista. Ai loro occhi è negato l’arcobaleno e fa male la luce forte. Distinguere le figure, spesso, è impossibile.
Duemila pazienti in Italia, più o meno lo stesso numero negli altri paesi europei. Forse trentamila nel mondo. Si calcola che sia colpita da questa malattia una persona ogni 33 mila nati. Un piccolo grande esercito di malati rari che fanno una gran fatica a far sentire la loro voce. Oggi non esiste una terapia, si può intervenire solo con gli occhiali e filtri di colori diversi.
IL DANNO Ma qualcosa sta cambiando. Un immenso sogno potrebbe diventare realtà. Il desiderio dei pazienti è quello di partire dall’Italia e raggiungere una piccola isola, Pingelab ad ovest delle Hawaii nell’Oceano Pacifico. Un lungo viaggio per raggiunge chi abita lì, chi come i nostri acromati, riesce a leggere il mondo solo in bianco e nero. In quel paradiso terrestre, oltre l’85% degli abitanti è colpito da questa malattia. Abitanti, non superano i 400, che, nella metà degli anni Novanta, attirarono l’attenzione anche del neurologo scrittore Oliver Sacks scomparso nel 2015.
Affetto da emicranie visive fin da bambino venne particolarmente incuriosito dalla cecità quasi totale degli isolani. Tanto da andarli a trovare a Pingelap accompagnato dal neurologo norvegese Knut Norby il cui figlio era affetto dalla malattia e dall’oftalmologo Robert Wassermann colpito in prima persona. Dall’esplorazione ne uscì un libro, L’isola dei senza colore, pubblicato da Adelphi. Due volte Sacks sbarcò a Pingelap devastata nel 1600 da un tifone che uccise quasi tutti gli abitanti lasciandone in vita solo una manciata. Uomini e donne che, nella stragrande maggioranza, erano portatori del gene che determina l’acromatopsia.
L’essere in pochi su quel fazzoletto di terra ha fatto sì che la malattia diventasse una drammatico patrimonio collettivo. Un tesoro di ricerca scientifica che, vista l’esiguità del numero dei pazienti, non ha spinto studiosi ad approfondire le cause o pensare ad una terapia. Sacks riuscì a trasformare il dolore in letteratura, a capire che cosa può voler dire non conoscere i colori e vivere in un posto così assolato avendo tanti problemi con la luce. Queste persone – scrive Sacks – hanno un’estrema sensibilità, un tatto così spontaneo e insieme raffinato che al confronto, se vogliamo parlare di barbarie, i barbari siamo noi e non loro. Essere affetti da acromatopsia significa avere una particolare vulnerabilità alla luce. Per questo, gli abitanti di pingelap preferiscono la luna al sole e concentrano le loro attività durante la notte.
GLI AEREI Lo scrittore ha raccontato i suoi viaggi passo per passo, o meglio salto per salto dei minuscoli aerei che lo trasportarono da un’isoletta all’altra. Una descrizione minuziosa dell’inesplicabile rapporto tra mente e natura. «Vogliamo partire e andare lì – spiega Elisabetta Leonardi Luchetta presidente dell’Associazione acromati italiani – per far conoscere questa patologia. Lì troviamo la nostra normalità. La nostra forza per portare avanti il progetto che mira a sensibilizzare scienziati e non verso questa condizione. Mi sono messa a pensare come sarebbe e cosa potrebbe significare oggi quel viaggio. La tecnologia ha cambiato tante cose e tante ne renderà possibili. Potremmo anche migliorare la vita dei locali con la nostra esperienza. Ci hanno ha fornito occhiali, berretti e visiere da portare con noi. Adesso aspettiamo che qualcuno decida di regalarci matite colorate e pennarelli».
Il sogno chiede denaro. I pazienti italiani hanno cominciato ad alzare la voce per raccogliere fondi e partire. Una mano è tesa verso l’Oceano Pacifico.