Corriere della Sera, 9 gennaio 2019
Il ristorante Corleone di Lucia Riina a Parigi
PARIGI «Abbiamo aperto due mesi fa, la famiglia Riina è in società con un francese che già è proprietario del Griffonier, il bistrot accanto all’Eliseo e al ministero dell’Interno», dice il responsabile del «Corleone by Lucia Riina», il ristorante italiano che porta il nome del paese siciliano e dell’ultima dei quattro figli di Antonina Bagarella e del boss della mafia Totò Riina, morto in carcere nel novembre 2017.
L’uomo che ci accoglie al 19 rue Daru, nell’ottavo arrondissement di Parigi, è un giovane siciliano apparentemente sotto i trent’anni, «ma preferisco non dire il mio nome né l’età».
Il ristorante sembra ordinato e piacevole, né grande né piccolo, elegante senza strafare. Il ragazzo è combattuto tra la voglia di non essere sgarbato e la consegna del silenzio. «È meglio che usciamo», dice, per non disturbare i clienti. «Lucia Riina non è qui, non vuole rilasciare interviste e neanche io. Vivevo già a Parigi e lavoravo nella ristorazione, tramite conoscenze di famiglia mi hanno contattato per occuparmi del nuovo locale Corleone». In questa via, nella zona dell’Arco di Trionfo, al numero civico 19 c’era prima il Daru, un ristorante russo. Da novembre lo ha sostituito l’ennesimo locale italiano di Parigi, l’unico però che rivendica nell’insegna – un cuore e un leone rampante – abbinata alla precisazione «by Lucia Riina» il riferimento a una storia e a un cognome che hanno segnato, nel male, l’Italia contemporanea.
«Facciamo la classica cucina italiana, in particolare siciliana – dice il direttore —, e nel locale siamo tutti italiani. Il ristorante nasce anche come luogo dove mettere in mostra i quadri di Lucia Riina, che ama molto dipingere». Per esempio «Tua per Sempre, Madre e Figlia, Storia di un Amore senza fine», colori acrilici su tela, che è in vendita (prezzo su richiesta) e sembra raffigurare l’autrice 39enne con la bambina avuta due anni fa dal marito Vincenzo Bellomo.
Come vanno gli affari? «Bene, anche se non siamo pieni tutti i giorni. Sono state settimane particolari, i gilet gialli manifestavano proprio qui vicino». Il ristorante è intestato alla società per azioni Luvitopace di Pierre Cédric Duthilleul, ristoratore noto a Parigi perché patron del Griffonier che in rue des Saussaies, poco lontano, accoglie da anni a pranzo impiegati e funzionari dell’Eliseo e del ministero dell’Interno che stanno a due passi.
Curioso destino. Duthilleul, che nel 2018 ha vinto il titolo di «campione del mondo dell’uovo alla maionese» (la più semplice e tradizionale delle specialità francesi), al Griffonier ristora i servitori dello Stato nel cuore del potere politico, e al Corleone è in società con la figlia del fu padrino di Cosa Nostra.
Al sindaco Nicolò Nicolosi la nuova associazione tra il suo paese e il cognome Riina non è piaciuta: «Nel mondo ci sono tanti locali col nome Corleone. Creati da gente onesta che è emigrata per lavorare. Accostare però il nome della nostra città a quello di mafiosi è devastante. Dobbiamo ritornare a far parlare di Corleone come città di pace e di tradizioni culturali. Cercherò di attivare il ministero degli Esteri e farò tutto quanto la legge mi consente: il nome Riina accanto allo stemma di Corleone non deve starci».
Maria Falcone, sorella del magistrato e presidente della Fondazione intitolata al giudice ucciso dalla mafia il 23 maggio 1992 a Capaci (con lui morirono la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro) commenta con queste parole: «Lucia Riina è una libera cittadina, non ho nessun commento da fare sulla sua decisione di aprire un ristorante. Poi sta alla sensibilità del singolo cittadino decidere se andarci o meno».