Corriere della Sera, 8 gennaio 2019
Vincenzo Barone lascia la Normale. Polemiche
Il suo progetto di creare una «Normale del Sud» è naufragato, ma le polemiche sono rimaste. E sono diventate macigni. Il direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, Vincenzo Barone, sta per lasciare il suo incarico: «Non ci sono più strade percorribili. Quando alla fine della seduta del Senato Accademico di mercoledì non sarò più direttore, potrò parlare liberamente», spiega lui stesso. «Si tratta solo di capire come, sono venuto a Roma per questo – chiarisce al telefono dalle stanze del ministero dell’Università e della Ricerca —. Non posso certo lasciare che questo passaggio avvenga senza che abbia comunicato quanto devo al mio datore di lavoro».
Barone era stato eletto nel 2016 e avrebbe dovuto guidare il prestigioso ateneo almeno fino alla scadenza naturale del mandato, quella del 2020. La scintilla che ha acceso il rogo di polemiche attorno a lui è scoccata sotto forma di emendamento alla manovra finanziaria del governo: 50 milioni di euro per l’implementazione di una «Normale del Sud», un’università d’eccellenza con sede a Napoli e da sviluppare in collaborazione con l’ateneo Federico II. Un progetto coltivato a lungo dal direttore, che aveva annunciato l’intenzione di svilupparla già all’inizio del 2017, nel suo discorso inaugurale per l’anno accademico.
Da lì all’emendamento un silenzio lungo due anni. Che ha dato fastidio innanzi tutto alla classe dirigente politica pisana: il deputato del Carroccio Edoardo Ziello e il sindaco della città Michele Conti (vicino alla Lega) hanno osteggiato il progetto di Barone e hanno rivendicato il proprio ruolo nella scelta del ministro leghista dell’Istruzione, Marco Bussetti, di stralciare il piano ed affidarlo completamente alla Federico II.
Il resto dell’inquietudine, quello che ha fatto la differenza per la sorte di Barone, è tutta all’interno della Normale. Prima gli studenti, poi i professori hanno espresso perplessità su come il direttore ha gestito il progetto. Gli allievi l’hanno accusato di «scarsa trasparenza», hanno srotolato due striscioni giganti in piazza dei Cavalieri e hanno elaborato per lui una mozione di sfiducia, la prima in oltre due secoli di storia dell’università. Poco prima di Natale, si è venuto a sapere, i docenti normalisti gli hanno scritto due lettere private – firmate da otto professori su dieci – chiedendo un suo passo indietro. Domani mattina è il giorno del Senato Accademico. Non è dato sapere se si arriverà al voto sulla sfiducia o meno, tuttavia Barone lascia intendere di non aver alcuna intenzione di allungare la propria agonia: «Da professore mi potrò difendere liberamente rispetto alle ingiuste accuse che mi vengono mosse».