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 2019  gennaio 08 Martedì calendario

Edith e Luca, «la polizia parla di sequestro»

«C’è stato sicuramente un problema, un problema grosso». Ne è certo Robert, il francese in pensione che ha incontrato l’italiano Luca Tacchetto e la canadese Edith Blais, scomparsi da giorni, al confine tra Mauritania e Mali e li ha poi ospitati in casa sua a Bobo Dioulasso, città nel sud-ovest del Burkina Faso. Le ricerche continuano sebbene le speranze di trovarli presto comincino a ridursi. «Non sta a me giudicare se si tratti di un rapimento o altro poiché è compito delle autorità locali. Però – afferma Robert, contattato ieri da Avvenire –, quella del sequestro è una delle ipotesi su cui si sta indirizzando la polizia burkinabé».
Dopo una serata passata a «mangiare e ballare», i due giovani hanno lasciato la casa di Robert il 16 dicembre verso le 10,30 di mattina, ora locale. Da quel giorno non si sono più fatti sentire. «Pensavo infatti fossero già arrivati in Togo – continua a spiegare il francese –. Rimango comunque in contatto con la polizia». La scomparsa della coppia rappresenta l’ultimo campanello d’allarme per tutti gli occidentali che vivono e lavorano in Burkina Faso. «La popolazione è molto preoccupata per il degradarsi così rapido della sicurezza», ammette Silvia Pieretto, rappresentante nel Paese dell’organizzazione umanitaria Gvc-WeWorld e residente nella capitale, Ouagadougou, dal 2017. «Ero a Ouagadougou durante gli ultimi due attentati e ho seguito le procedure di sicurezza della nostra organizzazione. Al momento – continua Pieretto – le autorità locali si stanno mobilitando per rinforzare le loro capacità e contrastare il terrorismo». L’impatto della minaccia jihadista ha cambiato in parte il comportamento dei burkinabé e degli stranieri. Le agenzie umanitarie stanno valutando la possibile chiusura dei loro progetti nelle zone più a rischio e il settore del turismo ha già dirottato i propri clienti verso altre regioni dell’Africa occidentale. Inoltre, c’è molta sfiducia nelle forze di sicurezza. «I militari burkinabé sono sempre intervenuti in ritardo durante i precedenti attacchi terroristici – afferma un altro italiano residente a Ouagadougou che preferisce mantenere l’anonimato –. Nell’attentato del gennaio 2016 contro il ristorante Cappuccino prima sono arrivati i militari francesi e, dopo ore, quelli locali». Il presidente burkinabé, Roch Marc Kaboré, non si è ancora pronunciato sulla scomparsa dei due giovani. Lo scorso 31 dicembre, però, ha decretato lo stato d’emergenza in sette delle 13 regioni del Burkina Faso. Da parte sua la Procura di Roma ha aperto un’indagine, al momento senza indagati o ipotesi di reato, anche se dal Canada fonti governative non escludono la pista del rapimento.