Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  gennaio 08 Martedì calendario

Caccia alle zanne di mammut

ROMA Il clima più caldo fa il primo passo. Per completare il lavoro si usano getti d’acqua potenti. Metro dopo metro si scavano tunnel nel permafrost. Nella rete fangosa di cunicoli sotterranei – è la speranza dei cercatori – potrebbe spuntare una zanna di mammut preservata nel gelo da decine di migliaia di anni. Per un abitante della Siberia abituato a vivere di caccia, pesca o qualche prodotto coltivato, un ritrovamento così può fruttare 30mila dollari. Per questo la caccia all’avorio dei mammut è stata battezzata la “corsa all’oro bianco”. Alla dogana tra Russia e Cina, da un paio d’anni, gli agenti procedono a sequestri da cento zanne a volta, spesso nascoste nei doppifondi dei camion, coperti dal loro carico di soia. Si calcola che il permafrost siberiano in via di scioglimento custodisca dieci milioni di esemplari, morti nella maggior parte dei casi intorno a 10mila anni fa. Con il bando delle zanne di elefante, in Cina l’avorio di mammut ha già conquistato più della metà del mercato. Si stima che la frontiera fra Jacuzia e Cina o la rotta marittima tra Jacuzia e Hong Kong ne lascino filtrare 70 tonnellate all’anno. Nel 2000, calcola un rapporto dell’ong britannica Save the Elephants, di tonnellate se ne smerciavano nove. Il prezzo si aggira sui 900-1.000 dollari al chilo, leggermente meno rispetto agli elefanti. La differenza è che nessuna legge protegge una specie già estinta come i mammut. I cacciatori dell’oro bianco dei ghiacci hanno dunque vita più facile rispetto ai bracconieri di elefanti. Parlare di “vita facile” resta comunque un eufemismo, come documenta un reportage della France Presse. I cacciatori di mammut in Siberia hanno un’area di diversi milioni di chilometri quadri da esplorare: qui si concentravano molti degli antenati degli elefanti, scomparsi 4-5mila anni fa, forse anche a causa della caccia degli uomini. Usando pompe che pescano acqua relativamente calda dai fiumi, i cercatori aumentano la temperatura del permafrost e scavano con il getto degli idranti tunnel impiastrati di fango, attenti a notare tracce di scheletri, zanne o corni di antichi rinoceronti. Anche loro, macinati e venduti sul mercato vietnamita come medicina tradizionale, rappresentano un guadagno da non disdegnare. Le autorità russe, di fronte a questo boom, non hanno ancora deciso che atteggiamento adottare. Da cinque anni, racconta la France Presse, il Parlamento ha in discussione una legge per regolamentare una pratica che danneggia il permafrost e depriva la scienza di reperti preziosi per ricostruire la storia della fauna antica. Teoricamente, le zanne che affiorano possono essere recuperate da chiunque senza restrizioni. In alcuni casi le autorità locali hanno anche rilasciato “permessi di caccia”. Ma l’anno scorso i cercatori di avorio hanno organizzato manifestazioni a Jakutsk, capitale della Jacuzia e sede di un museo del mammut, per protestare contro alcuni sequestri di zanne. “Putin, restituisci l’avorio al popolo” si leggeva sugli striscioni. A livello internazionale, pochi paesi hanno bandito l’import dell’"avorio dei ghiacci”. C’è chi propone di fornire ai mammut la stessa protezione di cui godono gli elefanti e chi fa notare che grazie all’"oro bianco della Siberia” il prezzo dell’avorio è crollato, disincentivando il contrabbando dall’Africa e salvando migliaia di elefanti (si stima che ogni anno ne vengano uccisi 30mila). In Cina, artigiani e acquirenti non si pongono molti problemi: avorio di elefante e di mammut si mescolano nei negozi. Una volta lavorate e dipinte, distinguere le due varietà è difficile. Solo il colore esterno (più scuro per i mammut) e l’inclinazione del reticolo grigio che si intravede in alcuni punti offrono tracce all’occhio esperto. Differenze minime: del tutto insufficienti ad alterare il corso di una tradizione millenaria come quella dell’avorio in Cina.