La Stampa, 7 gennaio 2019
Ultime sul caso Ghosn
Si presenterà domani a Tokyo, davanti al procuratore: per la prima volta, Carlos Ghosn, ex manager di successo, all’origine dell’alleanza tra Renault e Nissan (poi estesa a Mitsubishi), potrà dire la sua sulle gravi accuse che gli vengono rivolte in terra nipponica. Fu arrestato a sorpresa all’aeroporto internazionale della capitale giapponese, scendendo dal suo jet privato, lo scorso 19 novembre. Ebbene, riapparirà finalmente domani «dimagrito di dieci chili, perché gli fanno mangiare tre tazze di riso bianco al giorno. E nella sua divisa da prigioniero, le manette ai polsi – ha rivelato ieri Anthony, il più piccolo dei quattro figli di Carlos, che sta coordinando dagli Usa la difesa del padre -. Avrà appena dieci minuti per spiegarsi. Ma è pronto a difendersi in maniera vigorosa».
Intanto ieri, sul conto di Ghosn si è espresso anche Bruno Le Maire, ministro francese dell’Economia, in un intervento alla radio Europe 1. Sebbene con prudenza e in modo implicito, ha fatto capire che Parigi non ha ancora l’intenzione di scaricare il supermanager. Ghosn è stato già destituito dalla guida di Nissan, ma ufficialmente resta presidente di Renault, sebbene in novembre il Cda abbia trasferito «a titolo provvisorio» le mansioni operative a Thierry Bolloré, il suo numero due. Ecco, Le Maire ha tenuto a specificare che «non dispongo degli elementi che mi permettano di chiedere a Ghosn di abbandonare la presidenza di Renault». «La posizione dello Stato francese (ndr, azionista di riferimento della casa automobilistica, con il 15% del capitale) è costante fin dagli inizi: vige la presunzione d’innocenza». È un principio che «non si può negoziare in democrazia».
Le Maire ha comunque detto di aver chiesto venerdì a Renault i dettagli sulle remunerazioni di Ghosn e di altri dirigenti. La situazione è difficile da valutare, perché il giudice, che ha chiesto di arrestare il manager franco-libanese-brasiliano, ha reso pubbliche le accuse a suo carico solo in parte e progressivamente, spesso con rivelazioni «soffiate» ai media giapponesi. Si sa in ogni caso che è accusato di non aver comunicato alle autorità di Borsa a Tokyo una parte dei suoi compensi (38 milioni di euro per il periodo 2010-15 e una cifra di poco inferiore per il 2015-18) sia per evaderli fiscalmente ma anche perché non ne fosse informata l’opinione pubblica nipponica, molto sensibile alle polemiche sui salari eccessivi dei dirigenti d’azienda. Altri capi d’accusa, comunque, si sono aggiunti, vedi l’utilizzo di fondi di Nissan per l’acquisto di appartamenti di lusso in mezzo mondo e il fatto che avrebbe scaricato segretamente sulla casa automobilistica le perdite accumulate a livello personale su un fondo di investimento dopo la crisi finanziaria del 2008.
La difesa del figlio
Ieri ha preso per la prima volta la parola pubblicamente anche Anthony Ghosn, 24 anni, con un’intervista al Journal du Dimanche. Il giovane, laureato a Stanford e che ha creato Shogun, una società che propone mutui immobiliari negli Stati Uniti, ha fatto capire che il padre, nonostante tutto, è tonico e combattivo. Anthony, però, non lo ha più visto dal giorno in cui fu preso in consegna dalla polizia. La ferrea normativa giapponese impedisce che i familiari possano incontrarlo: è permesso solo agli avvocati difensori (e non tutti i giorni) e agli ambasciatori dei Paesi coinvolti. «Il paradosso – ha sottolineato – è che la sola condizione per ottenere una liberazione provvisoria su cauzione è firmare un testo, dove mio padre, che si ritiene innocente, dovrebbe confessare i reati imputati. E quel documento è in giapponese, una lingua che lui non parla».