il Giornale, 7 gennaio 2019
I neologismi censiti dalla Treccani
Le istituzioni che sovrintendono la lingua - Enciclopedia Treccani, Società Dante Alighieri, Accademia della Crusca... - ci dicono, di anno in anno, quali sono le parole nuove inventate dalle mode e dalla fantasia. I giornalisti, i «giovani», il mondo della tv, l’High Tech, il web o magari i rapper, dipende, ne fanno nascere centinaia alla volta. Ma è solo l’uso quotidiano che le tiene vive. Di solito nell’ordine dell’1%. Dei 3.500 neologismi registrati negli ultimi dieci anni dai linguisti della Treccani, e riversati in un apposito Dizionario, quanti reggeranno alla usurante e selettiva prova del tempo? Diciamo dieci o venti, difficile più di trenta. Tutti gli altri finiranno nell’ospizio delle parole perdute, un luogo utile, forse, dal punto di vista sociologico. Un immenso deposito per i detriti della lingua spazzati via dall’utilizzo reale dell’italiano medio, colloquiale: che è esigente, pratico, «economico», nel senso che sa fare a meno del superfluo. I giornalisti, è vero, hanno ancora un certo controllo della lingua. Ma, per fortuna, non il diritto di vita e di morte. È l’uso che vince su tutto: la fantasia, le mode, il globish (contrazione di «global english», una lingua che dieci anni fa doveva far parlare di sé, e di fatto è rimasta afona). Vi ricordate «petaloso» o «webete»? Solo l’altro ieri vivevano una stagione fortunatissima (apparentemente, in realtà drogata dai media). Oggi sono già dimenticate. Pensiamo alla politica. Quante parole nuove spuntano dagli attriti ideologici e linguistici tra schieramenti opposti. Espressioni verbali coniate all’istante e che godono di una popolarità tanto vivace quanto effimera - castista, fannullonismo, leadercrazia, manipulitismo... - e poi, puf, sparite. Viene in mente il terribile «rapallizzazione», cioè la devastazione paesaggistica di Rapallo. Per un po’ fece scuola, i giornali ne abusarono, un anno entrò nei dizionari, e l’anno dopo fu cancellato. E per fortuna. Speriamo che accada anche - citiamo a caso - con «acchiappavoti» o «salvaladri»... Comunque siamo fiduciosi. Le parole «parlate» hanno sempre ragione. Tendenze, slogan, giornalistese (che brutta parola) di solito torto. Giocare con le parole è divertente, creare mostri è facile, ma per insufflare loro la vita, devi essere Carlo Emilio Gadda, o almeno Gianni Brera. Essere un corsivista, alla lunga, non basta.