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 2019  gennaio 07 Lunedì calendario

Instagram, la rincorsa ai follower fantasma

Nella società parallela dei social network le persone non sono più tali: diventano brand. E se essere un brand su Instagram, o meglio un influencer, è probabilmente il lavoro più ambito di oggi, per riuscire davvero a influenzare un pubblico nelle scelte di acquisto, per prima cosa va conquistato il pubblico. Il che si traduce nel numero dei follower: sopra i 10k, cioè 10 mila, ci si può già definire micro-influencer. In realtà lo status di influencer non è così automatico, considerato che non si ha ancora nemmeno una definizione precisa del mestiere in questione né tantomeno una regolamentazione in materia e che quello dei brand personali è un mondo fluido e variegato. Una cosa è certa: più follower equivalgono a più potere, sia con gli altri membri delle piattaforme online, sia con gli interlocutori principali (e più desiderati), le aziende. Il modello ideale e irraggiungibile è Chiara Ferragni: chi non vorrebbe guadagnare cifre astronomiche (fino a 30 mila euro) per pubblicare una foto su Instagram ed essere al contempo ammirato per questo?
Perciò sul web si è scatenata una nuova corsa all’oro. Un esempio è la pubblicità non richiesta che alcuni utenti fanno su prodotti da loro stessi acquistati, con la speranza che l’azienda di riferimento si accorga di loro e li consideri per un’eventuale campagna pubblicitaria, stavolta a pagamento. Ma uno dei fenomeni più preoccupanti, perché in grado di minare profondamente la credibilità di Instagram, è la compravendita di finti follower. Esistono app e siti che offrono prezzari completi. Ad esempio, il sito compraseguaci.it chiede 4,90 euro (in sconto) per 500 follower; 7,40 euro per 1000 follower e così via fino a 150 mila follower, al costo di 499 euro. Di siti simili ne esistono moltissimi, da InstaGrow a Bcubeagency e Followersmaker. Tutti garantiscono che i follower sono reali ma è sempre più difficile riconoscerli.
LA CRESCITA
Instagram, che abbiamo interpellato ma che non ha voluto commentare, ha creato una serie di strumenti per fare pulizia e cancellare gli account generati da bot. Una guerra complicata, che ha portato a un irrigidimento nella gestione della piattaforma, come spiega Ilaria Barbotti, presidente dell’associazione Igers Italia, esperta di digital Pr e autrice del libro Instagram marketing (Hoepli): «La crescita organica su Instagram è bloccata da tempo, sia in termini di like che di follower. Per cui si procede per vie traverse, che spesso sono illegali e per cui si rischia la chiusura del profilo. Ce ne sono alcune molto difficili da intercettare».
Una di queste è il meccanismo di follow-unfollow: si segue e si smette di seguire ripetutamente un profilo con molti follower, così da comparire sulle bacheche altrui e attirare nuovi seguaci. Oppure ci sono i rounds: ci si iscrive, su invito oppure pagando, su un gruppo nella chat Telegram (che permette conversazioni fino a 30 mila utenti), all’interno del quale ci si scambiano gli account e ci si segue a vicenda. Esistono poi modalità più complesse, in cui un profilo famoso chiede ai follower, magari anche mettendo in palio ricchi premi, di seguire una lista di account per rientrare all’interno della lista stessa ed essere a propria volta seguiti, in una sorta di scatola cinese dei follow.
Ma attenzione, si tratta di armi a doppio taglio. Perché da quando è esplosa la bolla dei finti follower, di particolare importanza su Instagram è diventato il cosiddetto engagement, cioè il coinvolgimento attivo dei seguaci. Se si hanno tanti follower ma pochi like e poche interazioni, il profilo diventa poco credibile, con conseguente perdita di attrattiva. Ci sono piattaforme come SocialBlade e Ninjalitics, che analizzano le attività di un profilo, smascherando eventuali stratagemmi poco ortodossi. E capita che per distruggere la reputazione di un influencer avversario, si comprino follower falsi per suo conto.

LA BATTAGLIA
«Il mercato in questo momento è molto florido, per cui in tanti ci si buttano senza alcuna competenza – spiega Barbotti – Molte aziende vogliono investire sull’Instagram marketing perché lo vedono come un’opportunità, ma lo fanno in modo superficiale, spesso guardando solo ai numeri. Invece queste attività devono essere solo una parte di una strategia di comunicazione più ampia».
«Il fenomeno dei finti follower ci è noto – dice Alicia Lubrani, Head of Marketing Communication telefonia di Samsung Electronics Italia – ed è per questo che lavoriamo molto sui singoli influencer che scegliamo, e per i quali spendiamo circa il 30% del budget per la pubblicità sui canali digital. Non vogliamo dei semplici creatori di post, ma dei testimonial. Analizziamo attentamente chi siano, di cosa si occupino, quali valori abbraccino. In Samsung abbiamo creato una piattaforma informatica interna per misurare la resa di ogni influencer». Pare che anche per diventare influencer la ricetta migliore sia quella di dedicarsi a ciò che più appassiona. D’altra parte invece sembra che Facebook, che di Instagram è proprietaria, si stia scontrando anche sul social network fotografico con il suo principale problema: quello della credibilità. E chissà che queste piattaforme, proprio nel loro momento di massima espansione, non finiscano per uscirne ridimensionate.