il Fatto Quotidiano, 7 gennaio 2019
Intervista a Osvaldo, dal calcio al rock’n’roll
C’è un rito, durante la cena prima del concerto. “Birretta, sigaretta e un bicchiere di vino”. Così si canta meglio? “Speriamo”. Da due anni ha cambiato vita: da calciatore stra-milionario dei top club italiani (Fiorentina, Roma, Juventus, Inter) a cantante dei Barrio Viejo, band con base in Argentina che in questi giorni è in tour in Italia (prima data al Pocoloco di Paganica, frazione dell’Aquila, sold out). Pablo Daniel Osvaldo ha mollato tutto a 30 anni, nell’età in cui molti suoi colleghi fiutano l’ultimo contratto nel calcio che conta prima di lasciarsi tentare da sceicchi e colossi cinesi. Nonostante tutto, Dani non si è pentito. Almeno a guardarlo, sembra sincero.
Osvaldo, intanto come sta?
Benissimo, mi diverto da morire a suonare. Mi sento più libero, più rilassato, riesco finalmente a stare a contatto con la gente.
Beh, però era da calciatore che la gente la osannava.
Ma quando fai il calciatore vivi in una nuvola, per questo stavo impazzendo prima del ritiro. Un po’ è l’ambiente che ti porta a starci, un po’ ti ci tengono. Ma quello non è il mondo vero, la maggior parte della gente non vive così e io voglio esser vicino alla maggior parte della gente, non a quella nuvola. In confronto ad allora, oggi non mi caga nessuno. Meglio così.
Quindi nessun rimpianto per avere cambiato vita?
Per niente. Anzi, sono molto felice e fiero della scelta che ho fatto. Asado tutti i giorni, vino: ci guadagno in salute.
Ma ci perde in soldi. Alla sua età i giocatori iniziano a pensare a qualche esilio dorato: Arabia, Cina, Stati Uniti…
Non ci vado neanche per tutto l’oro del mondo, preferisco stare nel mio quartiere in Argentina, coi miei amici e la mia famiglia.
Ma offerte gliene sono arrivate?
Sì sì, aivoja (l’accento romano, giura, è colpa di Daniele De Rossi, nda). Non più in Italia, perché ormai sono fermo da un paio d’anni, ma due mesi fa mi hanno chiamato dalla Cina e dagli Stati Uniti. Ma non ne ho più voglia, non mi passa neanche per la testa. Sono troppo felice con la band.
Da quella parti piovono contratti da 5-6 milioni di euro.
Sì, ma che ci fai dopo? Sono 5-6 milioni di problemi in più, preferisco non averli.
Basta col calcio, allora?
Gioco ancora, ma solo insieme ai miei amici.
Troppo comodo così. Le piace vincere facile.
Non ti credere: mi massacrano di botte. Ho dolori da tutte le parti.
Viene spesso in Italia?
Certo, quando torno qua mi sento a casa, da giocatore ho girato tutta Italia e mi sono sempre trovato benissimo.
Ora è in tour. Ci sono Milano, Roma e Bergamo (18, 19 e 24 gennaio) ma anche tante date nei locali di provincia, come a Paganica o Trofarello (1 febbraio). Una scelta precisa?
Sì, abbiamo molto rispetto per quello che facciamo, non voglio andare in giro per discoteche a fare il pagliaccio mettendo il mio nome davanti alla musica. Voglio andare nei posti dove la gente viene a sentire il blues e il rock n roll. Il giorno che dovessimo suonare in un posto grande sarà perché ci siamo arrivati grazie alla musica, altrimenti continueremo nei piccoli locali.
Rivedi ancora qualche ragazzo con cui hai giocato?
A Roma mi vedo con Danielino (De Rossi, nda), Francesco (Totti, nda), Florenzi. Ogni tanto sento anche Andrea Pirlo, con cui ho giocato alla Juve e in Nazionale. E poi c’è Carlitos Tevez che per me è un fratello.
Tutti stupiti della scelta che ha fatto?
Ci sta, li capisco. Un po’ di tempo fa ci siamo visti con Leo Messi e anche lui mi ha detto: “Davvero hai cambiato completamente vita? Ma te sei matto”.
Segue ancora il campionato italiano?
No, poco, se capita in televisione la guardo, ma altrimenti non mi interessa. Anche perché siamo sempre impegnatissimi col gruppo, proviamo tutti i giorni e a marzo uscirà il nuovo album.
I Barrio Viejo.
Significa “quartiere vecchio”, è il titolo di una canzone dei La 25, miei amici cantanti argentini. Portavo spesso la loro maglia sotto a quella delle mie squadre in Italia e ogni volta che sentivo quella canzone mi ricordava casa.
Allora ci arrendiamo? Il suo futuro è proprio soltanto la musica?
Vorrei tanto. È normale che ancora la gente mi associ al calcio, ma in Argentina a volte mi è capitato che qualche ragazzo mi chiedesse la foto perché conosce la band e non per il mio passato da giocatore. E questo mi emoziona.