Corriere della Sera, 7 gennaio 2019
Il piccolo tennista cinese che deve diventare per forza campione
L’anno non avrebbe potuto cominciare peggio. Una sconfitta netta, 6-4 6-0, con il modesto australiano Vukic al torneo challenger di Playford, sobborgo di Adelaide, il primo gennaio. Periferia della periferia del tennis che conta. Ma Chun-hsin Tseng, 17enne di Taipei numero uno del mondo nella classifica Junior, apparecchio per i denti e un futuro tutto da scrivere, non si arrende. Non può permetterselo. Perché Chun-hsin Tseng è un ragazzo in missione per conto della sua famiglia taiwanese: deve diventare un tennista vero, in grado di mantenere se stesso, i genitori e il fratellino, prima che il corpo della madre ceda alla malattia e che gli spifferi della crisi tra la Cina e Taiwan diventino venti di guerra.
Affacciato sulla soglia del tennis professionistico, numero 441 del ranking mondiale zavorrato da un peso più grande di lui, attraverso un interprete Tseng ha raccontato al New York Times le sue giornate poco spensierate: «Momenti per rilassarmi o uscire con gli amici, non ne ho. La mia vita è tennis, tennis, tennis. Sto facendo tutto quello che posso per riuscire nello sport».
Il tempo stringe. Mentre Chun-hsin Tseng viaggia per tornei insieme al padre Yu-te Tseng, che lo allena, mamma Chung-han Tsai manda avanti il baracchino di street food al mercato notturno di Lehua, a Taipei: vende tanghulu, un tipico dolcetto di frutta caramellata o pomodori, infilzati su uno stecchino. «Mia moglie dopo tanti anni di duro lavoro si è ammalata – dice Yu-te con le lacrime agli occhi —. Ha un’infiammazione cronica agli arti che le rende molto doloroso stare in piedi. Si rende conto che, fisicamente, non ce la fa più. Noi in giro per il mondo e lei a casa con il piccolo Yun-di. Le spese sono tante, i soldi pochi. Così non possiamo andare avanti a lungo…».
Tirando fuori il meglio di sé, nel 2018 Chun-hsin ha vinto due dei quattro tornei dello Slam Under 18: il Roland Garros a Parigi e Wimbledon a Londra, fermandosi in finale all’Australian Open e in semifinale all’Open Usa. Un incoraggiante investimento sul futuro, che però non prevede alcun successo garantito. Nella storia del tennis sono infinitamente meno i campioni junior che si sono confermati anche tra i grandi (Federer su tutti) di quelli che si sono persi per strada. Cresciuto di umili origini su un’isola di solida tradizione tennistica, all’ingombrante ombra della Cina, Chun-hsin Tseng potrebbe già ritenersi soddisfatto dei risultati ottenuti fin qui. Ma non basta.
Il lavoro al mercato
Sua madre ha un chiosco notturno ma si è ammalata e non può resistere a lungo
Sulla carriera di Tseng incombono le minacce sempre più concrete di Xi Jinping da Pechino. Il presidente della Repubblica popolare punta alla riunificazione di Taiwan sotto la bandiera della Cina dopo 70 anni di «separazione» mal sopportata dell’isola. Le misure per ottenerla, oltre all’uso della forza, potrebbero prevedere una limitazione dei viaggi all’estero dei cittadini di Taipei, meno libertà di movimento, il taglio degli sponsor cinesi. Per il ragazzo con una missione, sarebbe la fine.
Durante l’anno si allena in Francia alla Mouratoglou Tennis Academy, gestita dall’allenatore della fuoriclasse del tennis Serena Williams. Un costo sostenuto grazie ai contributi di China Airlines, del gruppo plastico Formosa, della federtennis taiwanese. «È un gran lavoratore, in campo non si risparmia – dice di lui coach Mouratoglou – però è piccolino…». 1,75 per 61 chili. Quasi una condanna a morte, nel tennis dei giganti di due metri che sparano servizi a 250 chilometri all’ora.
La stagione è partita in salita però non tutto è perduto. Ogni settimana il circuito offre occasioni di riscatto. Chun-hsin Tseng continua a colpire palline con espressione triste e concentrata. «Quando mio figlio sarà un tennista di successo, potremmo smetterla di preoccuparci dei soldi e del mantenimento della famiglia» lo incoraggia, a modo suo, Yu-te.
L’8 agosto Chun-hsin compirà 18 anni, un’età chiave. È lo stesso giorno del compleanno di Roger Federer. Per chi crede nei segni del destino, un fausto presagio.