Corriere della Sera, 6 gennaio 2019
Storia di Angela, la lavandaia ritratta dai grandi della foto
Clic, clic, clic. Il primo nel 1953 a Luzzara, borgo in campagna nel Reggiano. L’ultimo lo scorso anno, nel 2017, sempre qui vicino al Po. Nel mezzo, di lustro in lustro, altri scatti – in genere sempre di grandi fotografi – che hanno intervallato la storia del nostro Paese. La prima volta che Angela Secchi – magliaia da giovinetta e poi a lungo titolare di una lavanderia – posò da «modella» aveva undici anni. Oggi che ne ha 76 sorride: «È passato tanto tempo, ero una bambina e adesso sono diventata nonna. Ma ricordo perfettamente quel giorno in cui davanti a me capitò quel reporter, con un grosso macchinone e con tanti cavalletti». Era uno dei giganti della fotografia del Novecento, l’americano Paul Strand, teorico dell’«immagine diretta». Niente filtri, solo realtà: bella, brutta, poetica. Ed ecco perché, nel realizzare un reportage in Italia otto anni dopo la fine della guerra, Strand decise di farsi accompagnare proprio da Cesare Zavattini, uno dei padri del neorealismo, sceneggiatore di «Sciuscià» e «Ladri di biciclette».
Zavattini era nato qui, in questo posto che descrisse come «paludoso e ranocchioso». Scenario ideale da suggerire all’americano, «grande e silenzioso ritrattista». I suoi «scatti» – primi piani di contadini e operai e scene qualunque in campagna o fuori dalle case segnate dal conflitto – furono raccolti in un libro epocale, «Un paese», pubblicato prima da Einaudi e riproposto in tempi recenti da Alinari.
Angela venne scelta «perché mio zio era amico di Zavattini: Strand volle fotografarmi sull’uscio così com’ero, chiedendomi solo di mettere in testa un cappello di paglia di mia madre». Passarono gli anni e la magliaia si sposò con un operaio di Luzzara, Luigi, oggi 81 anni. Ebbero una figlia, Linda, parrucchiera e mamma di Andrea, venticinquenne universitaria. Ma nel frattempo Angela incontrò ancora un leggendario fotografo, Gianni Berengo Gardin. Che oggi – a 88 anni – ricorda «una cena a Roma, a casa di Zavattini, in cui parlammo di Strand: e decidemmo un bis a Luzzara». Era il ‘76. Dalla fantasia dello sceneggiatore neorealista e dal rigore visivo del maestro del reportage nacque «Un paese vent’anni dopo»: 134 scatti celeberrimi, ancora in bianco e nero e ancora editi da Einaudi, con alcuni degli stessi volti visti nel 1953. «La cosa curiosa è che tutti, pur ricordando poco di Strand, si rimisero – sorride Berengo Gardin – nelle stesse pose: segno che davanti all’obiettivo non cambiamo».
Non basta: nel 1996 ecco passare da queste parti un altro grande fotografo, Olivo Barbieri. Che ha un’idea, semplice e geniale: aggiunge il colore ai ritratti (di Angela e della Bassa che cambia). Clic dopo clic Luzzara diventa così il set perfetto. Angela ci scherza su: «Sono stata fotografata decine di volte. L’ultima pochi giorni fa da studenti venuti da Bergamo».
Ma l’elenco dei grandi fotografi «passati qui è lunghissimo – spiega Simone Terzi, coordinatore della “Fondazione un paese” che fa capo al Comune —. Si va da Luigi Ghirri a Stephen Shore». Un catalogo immenso, in mostra in questi giorni – se ne è occupato anche il New York Times — a Philadelphia. Ci sono anche istantanee recenti come quelle dell’americano David Maialetti. Angela se lo ricorda: «Mi ha fotografato con mia figlia e mia nipote».