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 2019  gennaio 06 Domenica calendario

Dialogo tra Carlo Verdone e Tommaso Paradiso

A casa di Carlo Verdone ci sono due chitarre, sedute come due bambole, semisvenute su un divano. Sono la prima cosa che Tommaso Paradiso indica appena entra nell’ampio salone: «E queste?».

CARLO VERDONE: «Ma, niente. Io in realtà suono la batteria. Ogni tanto strimpello la chitarra ma non sono capace di svisare».
TOMMASO PARADISO: «Ah, neanche io. Lavoro quasi sempre con gli accordi, sia al piano che alla chitarra».
Siamo in un’abitazione in cima a via Dandolo, con una delle terrazze più belle di Roma: nelle giornate più terse si disegnano all’orizzonte, nitidi come decorazioni su una tazza da tè, i monti Sabini, in asse con l’Altare della Patria e la distesa intera della città di marmo, sampietrini, asfalto, cassonetti e verde. È anche il luogo dove Carlo celebra i riti di una passione meno conosciuta di quelle per la farmacologia, la medicina e il cinema. La meteorologia. Se gli chiedete la classificazione delle nubi (dalle “stratiformi” alle “cumuliformi”) può rispondere con la prontezza del più pedante dei suoi personaggi, Furio. Tommaso Paradiso, astro nascente del pop italiano, conosce a memoria le battute di Furio e di tutti i personaggi di Verdone: si aggira con devozione trattenuta tra le superfici di questa casa dove campeggiano, tra quelle con Federico Fellini e Meryl Streep, le foto con Bruce Springsteen e Vasco Rossi, tra tantissime altre, un pantheon di cornici d’argento. Verdone è l’unico autore attore, forse dai tempi di Alberto Sordi, ad aver mantenuto così a lungo un pubblico di generazioni diverse che lo adora (qualche settimana fa, per la celebrazione di Compagni di scuola, suo film di più di trent’anni fa sono accorse più di mille e duecento persone riempiendo il più grande cinema di Roma per due spettacoli). Tommaso Paradiso, con Thegiornalisti, fa concerti soldout anche in locali da diecimila persone. Online si diverte a montare scene dei film di Verdone sopra, o sotto, le sue canzoni.
PARADISO: «Carlo, sappi che tu sei stato tutto per me. Tutto».
VERDONE: « Ci stanno molto bene le tue canzoni con i miei film, soprattutto con le immagini di Borotalco, che è un tipico film degli anni Ottanta: la tua musica ha qualcosa del dinamismo positivo di quegli anni, una positività che oggi ci manca molto. I nostri sono anni bui ed esasperati. La tua musica contiene invece un’energia insospettabile. Sei l’antidepressivo musicale in un momento di alta depressione sociale e individuale».
PARADISO: «In realtà io mi sento un po’ come te. Sono romantico e malinconico: la gente non sa quanto di positivo c’è nella malinconia».
VERDONE: «Sei un romanticone».
PARADISO: «Sai che ti ho citato, insieme, tra gli altri, a Sergio Leone e Quentin Tarantino, in un mio pezzo Dr. House, tra i padri che ho cercato a lungo?».
Forse anche perché non hai mai incontrato tuo padre?
PARADISO: «Sì, si è separato da mia madre prima che nascessi (e ora ha una famiglia altrove), ma in generale penso che questo sia il potere del cinema o della musica. Io dialogo con i tuoi film. Sono stati i miei padri mitici e leggendari. Per me il cinema è stato più importante della musica. Ho ripiegato sulla musica perché il cinema mi investe troppo direttamente. Come è successo a te la notte prima del tuo primo giorno di riprese. Quando Sergio Leone ti venne a citofonare sapendo che eri troppo nervoso per dormire e ti portò in giro a fare una lunga passeggiata per Trastevere ».
VERDONE: « Ammazza, ricordi tutto ciò che ho raccontato. Ero terrorizzato: la mattina dopo avrei dovuto urlare “Ciak!” a un’intera troupe. Per la prima volta».
PARADISO: «Il panico da palco invece non cessa mai. Anche adesso che abbiamo finito da poco un tour con palasport pieni ovunque, ogni data. Anche nello stesso posto di mesi prima: pensi, stavolta sarò un po’ più sereno. E invece no».
VERDONE: «Tu hai una grande passione per il cinema e io amo la musica».
PARADISO: «I tuoi miti?».
VERDONE: «Sono cresciuto in una famiglia in cui c’era passione per la musica classica
e in cui circolavano, che so, i dischi di Gilbert Bécaud. Poi un giorno, me lo ricordo come fosse ieri, è arrivato mio fratello con un altro disco: Twist and shout dei Beatles. E allora è cambiato tutto. Ma il primo lp comprato è stato di Bob Dylan».
PARADISO: « E la chitarra di Jimi Hendrix, quella di Maledetto il giorno che ti ho incontrato?
“Sta chitarra stuprata, bruciata, sodomizzata…”, come dici nel film».
VERDONE: « Non è mai esistita, era un’invenzione di sceneggiatura. L’autore che forse ho utilizzato di più nei miei film è stato David Sylvian, che fa un rock cupo, misterioso, originale. In generale sono sempre stato amante dei grandi chitarristi. Jimmy Page al primo posto: mi ha cambiato la vita. Poi Hendrix: che ascolto spesso ma per poco tempo. Amo molto gli Who: Pete Townshend è un compositore molto raffinato. Ma in quel campo Lennon e McCartney sono imbattibili, c’è poco da fare. Vedi questa? (Prende una fotografia: è a petto nudo su una barca insieme a qualcuno abbronzato incorniciato da canizie e barba d’argento, ndr). Siamo io e David Gilmour».
E questo è invece Lucio Dalla...
PARADISO: «“Non ci credo, Lucio Dallaaaa!”, direbbe Eleonora Giorgi. È incredibile essere in questa casa, come faccio a non citare i tuoi film?».
Ma al di là delle vostre passioni comuni, cosa lega davvero un regista in pista dalla fine degli Anni 70 e un musicista esploso nell’ultimo anno e mezzo?
VERDONE: «Credo che abbiamo entrambi una certa idea del bene. I miei personaggi hanno da sempre messo in scena fragilità, ansie, difetti, soprattutto maschili, insieme a un rifiuto naturale della sopraffazione, del raggiro, della manipolazione. Anche quando sono cialtroni, sembrano sconosciuti alla cattiveria».
PARADISO: «Diciamo che siamo buoni».
Basta anche meno di una frase del genere per scatenare legioni di hater contro qualsiasi traccia di buonismo. È tutta colpa di madri amorevoli?
PARADISO: «Confesso: ho una madre che mi ha amato e mi ama molto».
VERDONE: «La mia è stata la prima fan del mio lavoro».
Forse siete i primi esponenti, inconsapevoli, di una nascente opposizione all’odio sociale in cui siamo immersi, l’anticattivismo.
VERDONE: « Il pericolo, in questo momento, è la mancanza di voci che sappiano parlare in modo lucido, pacato, fermo, autorevole. Oggi domina il sentimento dell’eccitazione, il mondo della curva. È un’abilità senza profondità».
Quando Springsteen venne alla Festa del Cinema di Roma nel 2009 disse che il suo lavoro, e di tutti gli artisti, è fare “repairs”, riparazioni: risarcire la gente dai torti della vita e della società. È questa l’idea del bene di cui parlate?
PARADISO: « In fondo faccio della commedia anche io con la mia musica raccontando con humour e stupore il nostro vissuto quotidiano…».
VERDONE ( lanciando uno dei suoi sguardi laterali, a pupilla piena, di stupore, ndr): «Mi fa impressione: parla come me».