La Stampa, 6 gennaio 2019
Intervista a Paddy McKillen: «Nei nostri hotel spendiamo per l’effetto wow»
L’imprenditore internazionale Paddy McKillen ha una passione per l’ospitalità di lusso e lo sviluppo immobiliare. Comprò i suoi primi due hotel a Dublino e poi passò ai centri commerciali. Nel 2004 faceva parte del gruppo che acquistò i leggendari hotel di lusso di Londra: Claridge’s, The Berkeley, The Connaught e The Savoy. Lo incontriamo nel suo ufficio al Claridge’s.
Ha iniziato nel settore immobiliare in Irlanda, perché si è trasferito a Londra e poi in tutto il mondo?
«Abbiamo sempre acquistato e ristrutturato immobili a Londra. Siamo arrivati in Argentina 15 anni fa e nel 2003 abbiamo acquistato l’antico vigneto Château La Coste in Francia».
Una grande proprietà?
«Sì. Produciamo uno dei pochi rosé biologici, e con i suoi 700 acri è la più grande azienda agricola biologica in Francia. Un luogo speciale, con edifici progettati da Tadao Ando e Renzo Piano. Frank Gehry ha realizzato un padiglione musicale, Richard Rogers sta creando una galleria per esporre disegni. E abbiamo creato un hotel a 5 stelle con 28 ville e 7 appartamenti nella foresta, molti dotati di piscina e patio».
Lei ha delle quote di Claridge’s, The Connaught e The Berkeley, tre dei più prestigiosi hotel di Londra. Il gruppo che ha comprato in origine includeva anche il Savoy. Come è nato tutto questo?
«Il progetto ci fu offerto il mercoledì, lo accettammo il venerdì. Pagammo 750 milioni di sterline per i quattro hotel che andai a vedere il sabato, ma ebbi la sensazione che The Savoy non si adattasse agli altri tre. Decisi di venderlo, e dopo aver capito che l’offerente era la Kingdom Holdings del Principe Alwaleed lo chiamai. Mi diede appuntamento per il sabato successivo sul suo yacht a Cannes. Il venerdì sera cenai con il mio vecchio amico Bono a Cap Ferrat e mi disse che gli sarebbe piaciuto accompagnarmi. Fu lui, in effetti, a concludere per me la vendita. Conosceva quell’hotel meglio di me. Nel giro di un’ora avevamo stipulato un accordo per 250 milioni di sterline. Eravamo stati biasimati per aver pagato troppo, 750 milioni, ma ora ne avevamo recuperati 250 e avevamo comprato i tre migliori hotel del mondo per 500 milioni!».
E cosa ha fatto?
«Abbiamo chiuso The Connaught per 9 mesi per rimetterlo a posto. Ora abbiamo uno splendido ristorante gestito da Hélène Darroze e due bar pluripremiati utilizzati al 70% da ospiti esterni. Il Connaught è famoso per le colazioni. Siamo proprietari e gestori dei nostri hotel».
I tre hotel hanno diversi tipi di clientela?
«Claridge’s è per i capi di Stato e le star di Hollywood, fastoso. Il Connaught è più riservato e discreto, molto europeo. Il Berkeley ha giovani clienti nordamericani che amano lo shopping a Knightsbridge».
Sta ristrutturando The Berkeley?
«Stiamo sistemando nuove terrazze in 40 stanze. Stiamo anche creando un quarto hotel in un sito separato vicino a The Berkeley. È progettato da Lord Rogers ed è il suo primo hotel. Un hotel esclusivo: per accogliere i clienti abbiamo un canale dedicato agli arrivi all’aeroporto di Heathrow e un servizio di auto dall’aereo alla stanza. Non ci sarà nessun check in e nessun check out. Avrà la stessa fascia di prezzo di The Connaught».
Quale di questi tre hotel a cinque stelle a Londra ha l’immagine più forte?
«Di gran lunga il Claridge’s. Ha una storia speciale. Negli archivi abbiamo trovato lettere autografe che risalgono a quando la regina Vittoria visitava l’imperatrice Eugenia. Il primo ministro Winston Churchill si trasferì al Claridge’s poco dopo la guerra, quando aveva perso le elezioni e non aveva più una casa a Londra. L’eredità del servizio tradizionale è sorprendente. Tre dei nostri portieri sono qui da 40 anni. Conoscono gli ospiti, sanno dove le loro mogli amano fare shopping e i nomi dei loro figli».
Qual è la proposta dei ristoranti dell’hotel?
«Occorre darsi un tono con chef iconici. I cuochi sono più famosi delle rockstar oggi. Ecco perché abbiamo Marcus Wareing al The Berkeley e Jean-Georges e Hélène Darroze al The Connaught».
Chi sono i suoi clienti?
«Americani per il 50%. Il resto proviene da Europa, Sud America. E l’11% dal Medio Oriente. Solo una piccola percentuale di asiatici».
Quali sono i prossimi piani?
«L’obiettivo principale è sviluppare il marchio dell’hotel a Parigi, New York, Los Angeles e Tokyo. In Estremo Oriente la nostra attività principale è in Vietnam, dove lavoriamo da 25 anni e stiamo facendo un campus biotech, alberghi e strade».
Qual è il suo segreto?
«Punto su bravi collaboratori e offro reali opportunità di carriera. Ho una regola ferrea: valorizzare il personale».
Il suo principale compito?
«Spendiamo per migliorare l’esperienza dei nostri ospiti. Quando se ne vanno vogliamo che dicano “wow”».
Claridge’s è anche famoso per l’albero di Natale, opera di uno stilista.
«Ho iniziato con John Galliano, e ora ogni anno lo chiediamo a uno stilista diverso. L’incredibile “Tree of Love” di Diane von Furstenberg è stato uno dei più popolari».
(traduzione di Carla Reschia)