La Stampa, 6 gennaio 2019
Il Venezuela lancia la “guerriglia regionale” per l’estrazione del petrolio
Il 22 dicembre 2018 la Marina militare del Venezuela «intercetta» la Ramform Tethys, nave battente bandiera delle Bahamas che sta conducendo operazioni esplorative per ExxonMobil nella zona di sfruttamento economico esclusivo della Repubblica Cooperativa di Guyana, tenendo in stato di fermo l’equipaggio composto da una settantina di persone. L’episodio non risulta isolato e si inserisce in una disputa tra Caracas e Georgetown, i cui rapporti sono peggiorati da quando Nicolas Maduro è divenuto presidente, nel 2013, dopo la morte di Hugo Chavez. La scoperta di giacimenti di greggio off-shore nelle acque territoriali della Guyana, e la necessità di individuare un nemico da parte di Caracas per risvegliare sentimenti patriottici tra i venezuelani e distrarli dalla disastrosa situazione interna, potrebbero essere i presupposti per scatenare una serie di scontri regionali sotto traccia da parte di Maduro. Una «nuova guerriglia caraibica», come viene descritta da alcuni osservatori di Washington, funzionale al nuovo mandato di Maduro maturato dopo quelle che sono state definite «elezioni fake».
Georgetown è infatti profondamente preoccupata che le forze armate e paramilitari di Maduro continuino la loro azione provocatoria al confine e nelle zone di sfruttamento off-shore. «Ripudiamo l’ostilità e l’aggressione perpetrate dalla Repubblica bolivariana, che dimostra ancora una volta di essere un rischio per il nostro sviluppo economico. Sono atti che violano la sovranità e l’integrità territoriale del nostro Paese», spiega la capitale in una nota ufficiale. Timori ancor più forti in questa fase transitoria della politica della Guyana, che a dicembre ha avuto una crisi di governo e tra tre mesi terrà nuove elezioni. Sulla carta la forza militare del Venezuela è superiore a quella del Paese confinante, anche se la profonda crisi economica in cui versa il Paese bolivariano, la corruzione anche tra i ranghi delle Forze armate e la difficile praticabilità delle zone di confine immerse nella giungla, rendono complicate eventuali azioni di forza da parte di Caracas. «Il Venezuela è pronto a una guerra con la Guyana?», si domanda la pubblicazione National Interest. «Probabilmente no, ma è pronta a condurre azioni di bullismo», che si potrebbero allargare ad una zona più ampia dei Caraibi.
«Uno scenario - prosegue la pubblicazione - reso ancor più complicato dal coinvolgimento di alcuni grandi attori», prima di tutto Cuba che ha diversi «consiglieri per la sicurezza» fissi a Caracas. Ma anche Russia e Cina che, oltre ad avere un ruolo sempre più rilevante nella regione, fanno di tutto per tenere in vita il regime di Maduro. Il trasferimento in Venezuela di due cacciabombardieri di lungo raggio «Blackjack» da parte di Mosca, e l’annuncio del Cremlino della realizzazione di una super base nell’isola La Orchila a 200 km Nord-Est di Caracas, non rasserenano gli animi. Certo da qui pensare che Russia e Cina siano pronte a sostenere Maduro in un conflitto regionale ce ne vuole. Ma sull’ipotesi del «bullismo» e della «guerriglia regionale» ci si interroga anche a Washington, nonostante da tempo i Caraibi siano fuori dai radar. John Bolton, consigliere della Sicurezza nazionale, ha definito il Venezuela membro della «troika della tirannia» assieme a Cuba e Nicaragua, e il segretario Mike Pompeo ha rilanciato l’interesse di Washington in seno al Gruppo di Lima. Ecco allora che per la Guyana l’incidente del 22 dicembre può essere un test per capire quanto sostegno ha da parte di America, Europa e Paesi caraibici, ma è senza dubbio un modo per capire quanto interesse hanno gli Usa di Donald Trump nel ristabilire una certa dominanza strategica nei Caraibi.