Il Sole 24 Ore, 6 gennaio 2019
Reddito di cittadinanza, il 53% andrà al Sud
Nuovi pensionamenti con “quota 100”, reddito e pensioni di cittadinanza al via dal 1° aprile. Il decreto legge con le prime modifiche alla riforma Fornero e le nuove misure di contrasto alla povertà è pronto. Si compone di due titoli e 27 articoli e, se non ci saranno ripensamenti sull’agenda di governo, dovrebbe essere esaminato in pre-consiglio martedì 8 gennaio per poi approdare in Consiglio dei ministri nei giorni successivi. Il provvedimento innesca una maggiore spesa sociale per circa 8,8 miliardi nel 2019, che salgono a oltre 37 in termini cumulati nel primo triennio. Secondo le stime ufficiali sarebbero circa 315mila i lavoratori potenzialmente interessati a “quota 100” mentre i nuclei familiari in condizioni di povertà “elegibili” per il reddito di cittadinanza sfiorano il milione e 400mila unità.
Il reddito di cittadinanza (Rdc) potrà essere chiesto, oltreché dai cittadini italiani in condizione di povertà, anche dai comunitari e dagli extracomunitari residenti in via continuativa in Italia da almeno 10 anni. Mentre la pensione di cittad inanza verrà riconosciuta agli over 65enni con un reddito familiare non superiore ai 7.560 euro, che salgono a 9.360 per chi vive in affitto. Rdc e pensione di cittadinanza verrebbero erogati per il 53% al Sud.
Il pacchetto previdenziale conferma tutte le anticipazioni delle ultime settimane: oltre al debutto triennale di “quota 100” con le finestre mobili trimestrali ci sono le proroghe di opzione donna e dell’Ape sociale. E sono cancellati gli adeguamenti automatici alla speranza di vita che, con il nuovo anno, avevano fatto salire di 5 mesi i requisiti per il ritiro anticipato. Restano quindi i 42 anni e 10 mesi per tutti (41 e 10 per le donne) e i 41 anni per i lavoratori precoci. Ma anche per loro, come per i quotisti, scatta un posticipo di 3 mesi determinato dalla finestra mobile. “Quota 100” sarà successivamente adeguato alla speranza di vita e chi ne beneficerà non potrà cumulare la pensione con altri redditi da lavoro superiori ai 5mila euro l’anno.
Le nuove anzianità saranno accompagnate da una doppia agevolazione fiscale, la cosiddetta “pace contributiva”, che consentirà di colmare eventuali vuoti nei versamenti Inps ma solo dal 1° gennaio 1996 e fino a 5 anni facendo leva su un meccanismo di rateazione, con un massimo di 60 versamenti mensili di importo non inferiore ai 30 euro, senza interessi né sanzioni. Il primo bonus fiscale è rappresentato dalla possibilità per il lavoratore di detrarre ai fini Irpef il 50% del versamento relativo al “riscatto” contributivo. Alla fine, dunque, è passata la misura abbozzata nelle scorse settimane dai tecnici del ministero del lavoro, anche se non si è arrivati a quota 60% (una delle prime opzioni) per la detraibilità. La seconda agevolazione fiscale è prevista invece per le imprese. Che potranno sostenere l’onere del “riscatto” destinando a questo fine i premi di produttività spettanti al lavoratore. Una possibilità, quindi, e non un obbligo per la quale scatterebbe la deducibilità dal reddito d’impresa delle somme utilizzate per colmare i “buchi” contributivi del lavoratore. Per innescare la staffetta generazionale le aziende potranno poi finanziare con i Fondi bilaterali l’uscita anticipata fino a tre anni prima dei “quotisti”, quindi attivare scivoli per esodi anticipati a chi ha oggi 59 anni e 35 di contributi, a patto però che assumano almeno un nuovo addetto per ogni lavoratore in uscita.
Solo pochi dipendenti pubblici riusciranno a salire sul primo treno di quota 100 a loro disposizione in partenza il 1° luglio 2019. Il decreto parla chiaro: per utilizzare questa finestra occorrerà infatti aver maturato i requisiti entro il prossimo 31 marzo e aver presentato la domanda di pensionamento anticipato all’amministrazione di appartenenza con un preavviso di sei mesi. Un vincolo quest’ultimo che sarà stringente per tutte le uscite. Gli statali che varcheranno le soglie anagrafiche e contributive per quota 100 dopo il 1° aprile dovranno invece attendere fino a ottobre (sei mesi) per usufruire del trattamento anticipato. Ed è su questa finestra che, con tutta probabilità, si concentrerà la prima vera ondata dei dipendenti pubblici. Che per avere subito a disposizione il Tfs/Tfr potranno chiedere un anticipo bancario (prestito-ponte) con la garanzia dello Stato sulla base di apposite convenzioni che dovranno essere siglate dalla Pa con l’Abi nelle quali dovranno essere preventivamente fissati i limiti dei tassi d’interesse che potranno essere applicati dagli Istituti di credito. Ieri il ministero del Lavoro ha escluso l’ipotesi di commissariamento di Inps e Inail: la norma che prevede il ritorno ad un consiglio d’amministrazione non determina alcuna decadenza degli attuali vertici, le cui funzioni saranno riviste seguendo una logica di una gestione collegiale degli enti. Per Inps è infine previsto un budget aggiuntivo (50 milioni) per l’assunzione di nuovo personale.