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 2019  gennaio 05 Sabato calendario

Il ritratto di donna Franca Florio dipinto da Boldini

Se è vero che ogni ricerca archeometrica [1] relativa ad un dipinto non può prescindere dalla ricerca storica e documentale condotta in prima fase di studio, nel caso del ritratto di Donna Franca Florio di Giovanni Boldini questo metodo di ricerca è imprescindibile, direi obbligatorio, ed è per tale motivo che nella presente relazione è necessaria una premessa di carattere storico.
Nel marzo del 1901 Don Ignazio Florio, uno dei più famosi imprenditori italiani ed uno degli uomini più ricchi di Europa, ospitò nella sua dimora in Palermo Giovanni Boldini (Ferrara 1842 – Parigi 1931), acclamato pittore italianotrasferito a Parigi ed interprete del mondo femminile della Belle Époque, perché eseguisse il ritratto di sua moglie Donna Franca Jacona di San Giuliano.
Per l’occasione era stato scelto dal guardaroba di Donna Franca uno splendido abito da sera in velluto di seta nero con maniche e guarnizioni dello stesso velluto controtagliato, che sicuramente ne esaltava la figura alta e slanciata, la carnagione ambrata, la capigliatura scura e i luminosi occhi verdi. L’abito, che da questo momento diventa il protagonista della nostra storia, è tutt’ora esistente e si trova a Firenze, presso il Museo del Costume e della Moda a Palazzo Pitti.
Fig.2 – L’abito di Donna Franca – Firenze Museo del Costume.
Donna Franca era una delle Signore più in vista ed eleganti di tutta Italia, e la sua vita con Don Ignazio,scandita da  ricevimenti, balli e feste con la migliore società d’Europa la obbligavano a possedere  un guardaroba eccezionale, adeguato alla società che frequentava.
Boldini dunque la ritrasse con uno dei suoi favolosi abiti, ma omise di dipingere un accessorio importante che era a corredo dell’abito: la pettorina di merletto con collo alto (fig.2, vedi particolare sulla destra della foto) che rendeva il vestito ben più austero e più adatto alla rappresentazione della Regina di Palermoche
L’episodio è raccontato con dovizia di particolari nella biografia di Boldini scritta da Dario Cecchi (1962) e   traspare esplicitamente dal carteggio [2] tra Boldini e Don Ignazio dove quest’ultimo [3], dopo avergli ricordato la sua assenza da Palermo al momento della conclusione del dipinto, ribadisce il suo disappunto per “la posizione punto bella, anzi assolutamente lontana dal vero e dal naturale” e più oltre lo prega “di voler cambiare nel quadro la posizione della figura, e di intendere su questo, che è cosa della massima importanza”.
Fig 3 – G. Boldini, Donna Franca Florio.
Firmato e datato in basso a sinistra 1901

Fig.4 –V. Pica, l’Arte Mondiale alla Va Esposizione Universale di Venezia, 1903- p.119.
Non era pertanto un problema di allungare la gonna del vestito e coprire le caviglie, come è stato scritto da molti storici (comprese le schede dei cataloghi di vendita di Christie’s 1995 e Sotheby’s 2005), supponendo costoro che la prima versione del ritratto dipinto a Palermo fosse quella che si osserva invece nella foto scattata a Boldini in persona con alle spalle il ritratto in questione (fig. 5) [4], né avrebbe potuto esserlo per il semplice motivo che l’abito ivi rappresentato apparteneva ad un periodo della moda molto successivo e non certo del  1901!
Era semplicemente una questione di convenienza dell’atteggiamento poco adatto ad una Signora della Palermo del primo Novecento, come si può facilmente osservare dalla foto pubblicata nel libro (1903) con un commento non del tutto lusinghiero di Vittorio Pica  [5] (fig. 4), famoso scrittore e critico d’arte, edito in occasione della V Esposizione Universale di Venezia dove il dipinto era appunto esposto.
In proposito va anche precisato che fu proprio Ignazio Florio a richiedere fin dal 1901 l’inserimento del ritratto di sua moglie alla Mostra di Venezia, manifestando una bella dose di ironia e di sfida nei confronti di Boldini [6], ma aggiungendo anche che era pronto a inviare subito l’importo per acquistare il quadro, così come si trovava (ovvero senza alcuna correzione ), dietro telegramma da parte di Boldini della regolare cessione del dipinto (è evidente, per poterlo esporre del tutto legittimamente). Quindi la voce messa in circolazione che Florio non volesse pagare il dipinto, anzi che non lo aveva mai pagato, è del tutto falsa.
E questo è quello che può essere avvenuto  tra il gennaio del 1902 [7] e l’aprile del 1903 giacchè il dipinto è stato presente come sappiamo alla V Biennale di Venezia del 1903 (22 aprile – 31 ottobre)
Fig. 5 – Boldini nello studio di Parigi davanti al ritratto di Donna Franca dopo la prima modifica.
Come abbiamo accennato,   le critiche non furono molto favorevoli a Boldini, dando in un certo senso ragione a  Don Ignazio: infatti  a proposito del Ritratto di Donna Franca Florio, il già citato volumetto di Vittorio Pica pur riconoscendo la “maestria del pittore italo-francese per la pastosità con cui è dipinto il volto e l’attacco del collo”  prosegue tuttavia  dicendo che nel resto del ritratto si manifesta  “lezioso ed artificioso nella posa innaturale ed oltremodo contorta dello snello corpo……fino a richiamare le figurette caricaturali di Cappiello” [8] (fig. 6).V. Pica (come ovviamente Boldini) conosceva bene la cartellonistica di Cappiello, perché in quel tempo viveva a Parigi. La somiglianza dell’atteggiamento con l’affiche  della fig. 6 è davvero impressionante, se si osserva che la pubblicità e proprio del 1901.
Ricapitolando: prima che il dipinto fosse partito per Venezia, probabilmente Boldini ricevette il suo compenso, rilasciando ricevuta della cessione del dipinto;  successivamente alla Biennale, viste le critiche non del tutto favorevoli accettò, come già aveva espresso nelle lettere dal primo momento, di apportare alcune modifiche purchè non ledessero la sua dignità di artista [9] e molto probabilmente dopo l’autunno del 1903, al termine della Biennale, Boldini si fece rimandare il dipinto  da Venezia direttamente a Parigi per soddisfare le richieste del Commendatore Florio.
Pertanto rimettendo a posto le tessere della storia, ritengo che la foto con Boldini davanti al ritratto di Donna Franca (fig. 5) sia stata scattata a Parigi per documentare al Commendatore che ci stava lavorando o per ricevere una sua approvazione sulla “nuova posizione”.
In questa foto, infatti, la linea dell’abito scivolata lungo i fianchi, e non così stretta in vita come appariva nel precedente, la gonna sensibilmente corta e la spallina destra scesa, registrano il radicale cambiamento della moda avvenuto negli anni diciotto/venti (a Parigi prima che altrove) all’indomani della tempesta della Ia Guerra Mondiale e nel corso della ripresa economica. Inoltre la presenza delle diverse correzioni apprezzabili anche nella foto per la posizione dei piedi della figura, le tracce evidenti delle riprese di colore per nascondere la ampia balza di velluto nero controtagliato del primo ritratto, l‘ombra creata alla sinistra della figura che ritroviamo puntualmente nel ritratto attuale, ma che è assente in quello del 1901 e non ultima la sedia in legno dorato stile Luigi XV che si intravede nello studio di Boldini e che è poi parte integrante del dipinto finale sulla destra della figura (fig. 1), sono tutti importanti indizi che ci inducono a supporre che il dipinto raffigurato nello studio di Boldini appartenga ad una fase intermedia di modifica sul ritratto originario, raffigurando di fatto Donna Franca  con una  seconda versione di abito.
Fig. 6 – Leonetto  Cappiello, corset le furet, affiche Paris 1901
Pertanto con le analisi archeometriche fatte sulla base di queste supposizioni sarebbe stato possibile provare l’esistenza degli strati sovrapposti e quindi le diverse versioni del dipinto una sopra l’altra, a partire da quella del 1901 fino a quella attuale del 1924. In questo stesso anno, infatti, Donna Franca risponde [10] da Palermo, dove si trova temporaneamente in assenza del marito, ad una lettera di Boldini mostrandosi lieta di saper il suo ritratto “sano e salvo”, nonostante la Ia Guerra Mondiale, e chiedendogli di volerglielo spedire nella sua “nuova dimora a Roma, 138 via Sicilia”.
Nessun accenno a rimesse di denaro, perché evidentemente era già stato pagato fin dal 1903, come sopra ipotizzato.  Ma pochi anni dopo iniziò il declino dell’impero finanziario dei Florio, tutte le proprietà furono vendute per pagare i creditori e tra il 19 marzo ed il 3 aprile  1934 in ben 13 giorni tutti i beni mobili appartenuti ai Florio andarono all’asta a Roma presso la Casa di Vendite Ugo Jandolo a Palazzo Ruspoli [11], e l’anno successivo furono venduti anche i leggendari gioielli di Donna Franca.
Il ritratto però non compare nella vendita Jandolo, perché l’anno precedente è documentato già nella collezione del Barone Maurice de Rothschild che lo presta per l’esposizione di beneficienza organizzata dalla galleria Wildenstein a New York [12]. Per cogliere le tracce, dunque, degli interventi compiuti dal maestro stesso, dopo aver ricostruito la storia delle due diverse versioni del dipinto abbiamo eseguito due serie di riprese riflettografiche NIR, una con telecamera per esplorare l’intera superficie in modo da cogliere i particolari salienti e l’altra con camera per documentare le immagini di strati sovrapposti ad alta risoluzione.
Fig.7- Successione cronologica delle diverse stesure del ritratto. Tutte le foto sono riprese nel visibile. In basso a sx particolare della firma della versione 1901; in basso a dx particolare della firma della versione 1924.

 Il Contributo della Riflettografia (NIR) alla ricostruzione della vicenda
 
Fig. 8 -  Particolare spalla destra: sono evidenziate  le modifiche sia della inclinazione della spalla, sia del piccolo rigonfiamento che nell’abito in velluto nero creava  la manica “a palloncino” tipica del primo   ’900.  (Riflettografia NIR – LANDA “Sapienza”- Roma,  dr. Anna Candida Felici  e dr. Lucilla Pronti).
Fig. 9 -   Particolare della scollatura, ridimensionata rispetto alla precedente versione. Osservare il pentimento del filo di perle sulla spalla sinistra. (Riflettografia NIR – LANDA “Sapienza”- Roma, dr. Anna Candida Felici  e dr. Lucilla Pronti ).
Nelle due riprese sopra riprodotte, la riflettografia dimostra in modo evidente la modifica della spalla (fig. 8), che in questo modo attenua la “mossa” dell’anca, la nuova dimensione della scollatura (fig.9-10-11) e la copertura a colpi di pennello con pigmento “incarnato”, piuttosto abbondante, per coprire il pigmento nero sottostante.
Il confronto  alla fig. 10 dimostra la correzione della scollatura, (più accollata nella parte sinistra di chi guarda) e l’allungamento del ricamo (o gioiello?) a guarnizione. La foto successiva (fig. 11) è stata elaborata sovrapponendo le due  riprese, quella  eseguita per la mostra Biennale di Venezia (1903) e quella della riflettografia Nir, per meglio  dimostrare le correzioni apportate da Boldini nell’ultima redazione del dipinto, oltre al particolare di un  piccolo pentimento nella linea della collana di perle sulla spalla sinistra.
 
Fig. 10 – Confronto tra le scollature della redazione finale (a sinistra) e del ritratto del 1901.
 
Fig. 11 -  Sovrapposizione di ripresa riflettografica sulla foto positiva per la Biennale di Venezia del 1903   (LANDA “Sapienza”- Roma, dr. Anna Candida Felici  e dr. Lucilla Pronti).
 
Fig.12– Particolare del braccio e mano sinistra. La manica lunga dell’abito precedente è visibile nella riflettografia soprattutto nel particolare del polsino a punta (Riflettografia NIR – LANDA “Sapienza”- Roma,dr. Anna Candida Felici  e dr. Lucilla Pronti, M. Letizia Paoletti ).

  Fig. 13 – Particolari a confronto:  il braccio è  stato ridipinto per  togliere la manica e lasciarlo scoperto;  il ricamo o gioiello è stato allungato.  (Riflettografia NIR – LANDA “Sapienza”- Romadr. Anna Candida Felici  e dr. Lucilla Pronti, M. Letizia Paoletti).
L’atteggiamento della mano sinistra, che indubbiamente rappresenta il punto di origine del   movimento dell’intera figura, colta nell’attimo di indossare sulle spalle una lunga sciarpa frusciante, non è stato modificato nella nuova versione e sono così evidenti con chiarezza le tracce della manica lunga, terminante con polsino a punta (fig.12).  Il pittore, per completare la nuova versione dell’abito, ha guarnito il braccio con due braccialetti a cerchio (fig.13).
 
  Fig. 14 – Particolare della mano destra che rivela sotto la superficie la traccia della mano dipinta in origine (Riflettografia NIR – LANDA “Sapienza”- Roma,  dr. Anna Candida Felici  e dr. Lucilla Pronti, M. Letizia Paoletti).
La riflettografia della mano destra, colta nell’attimo di afferrare la sciarpa (fig. 14) lascia intravedere un’altra impostazione che corrisponde al dipinto del 1901; infatti, il dito indice che si vede in più è parte della mano prima versione, l’altra parte è parzialmente coperta dalla nuova mano, ma la modifica è soprattutto contornata da lunghi colpi di pennello per nascondere la sporgenza troppo accentuata dell’anca destra, che tanto aveva dato fastidio a Don Ignazio. Modificando poi di conseguenza il profilo della parte sinistra la torsione del corpo si addolcisce e l’atteggiamento risulta più sobrio.
A completamento delle modifiche fatte da Boldini, la conferma di questa spiegazione ci viene dalla fig. 15, dove nel mezzo dei due piedi si può vedere in riflettografia la sagoma della scarpa che in origine spuntava dall’abito.
Il confronto proposto  dimostra la presenza della precedente composizione del dipinto sotto la superficie visibile (parte sinistra del confronto evidenziata in rosso). Sotto lo strato superficiale è evidente che è ancora presente il piede sinistro di Donna Franca, l’unico che spuntava dalla balza dell’abito di velluto nero.

Fig. 15 -  Riflettografia della parte inferiore con il particolare dei piedi: è visibile, evidenziata in rosso (foto a sinistra) la punta della scarpa che spuntava dall’abito di velluto  (Riflettografia NIR – LANDA “Sapienza”- Roma,  dr. M. Letizia Paoletti).
Note Conclusive
A conclusione di quanto sopra dimostrato, risulta chiaro che il Ritratto di Franca Florio dipinto da Giovanni Boldini nel 1901, dopo alcune giornate di posa con la protagonista in persona, si trova sullo strato di pigmento più profondo dello stesso ritratto che oggi è visibile.
Le ragioni di quanto affermato sono contenute nella ricostruzione storica dell’intera vicenda (vedi pp 2-6) combinata con le immagini NIR (eseguite sia dalla LANDA -Università “Sapienza” Roma,  sia da S.T.Art Sas Palermo, perfettamente combacianti) e con le analisi del pigmento (XRF) eseguite   dalla  S.T.Art Sas Palermo.
Spetta allo Storico dell’Arte che sappia usare le strumentazioni spiegare tutti gli elementi raccolti con la ricerca fisica, chimica, ottica ed archivistica per ricostruire la vicenda storica di un’opera d’arte, esattamente come avviene nella diagnostica medica (tecnico + medico)
   Le riflettografie compiute dai due laboratori hanno evidenziato nella parte superiore della figura numerose sostanziali modifiche apportate dall’autore, tra lo strato sottostante e quello superficiale del dipinto; modifiche che non possiamo chiamare pentimenti, perché svelano la figura dipinta da Boldini nel 1901 nella prima stesura del quadro (23 anni prima!), mentre un pentimento è  la variazione del pensiero del pittore in corso d’opera. Risulta chiaro, quindi, che le modifiche apportate dal maestro stesso,nel nostro caso dopo alcuni anni, rappresentano il rinnovamento della figura spiegate con il supporto dei documenti. Riassumendo esse sono circoscritte a una diversa torsione della spalla per rendere la figura più frontale, alla cancellazione delle maniche del vestito e alla diversa scollatura dell’abito con relativo prolungamento del gioiello/ricamo. Il tratto di filo di perle che si intravede trasparire dallo strato sottostante nella parte sinistra della scollatura è, invece, un vero e proprio pentimento.
Il rinnovamento della figura è ulteriormente dimostrato nella parte inferiore del dipinto, dove la grande balza della gonna di velluto nero controtagliato  è stata ricoperta da altra miscela di preparazione e pigmento, stesa per poter rappresentare il nuovo incedere della figura di Donna Franca. Il suggerimento ci viene sia dalle pennellate a contorno ondulatorio che si osservano sulla base del dipinto raffigurato nella foto scattata nello studio di Boldini (fig. 5) sia a luce radente nel dipinto attuale e dalla punta del piede sinistro, individuata con la riflettografia infrarossa, che spuntava dall’abito nel dipinto del 1901.
Roma, 5 settembre 2018
M. Letizia Paoletti
[1]L’archeometria è la scienza basata su indagini fisiche, chimiche ed ottiche che affianca e completa ogni seria ricerca sui beni culturali e sulle opere d’arte. Il ritratto di Franca Florio di Giovanni Boldini è stato studiato con Riflettografia Infrarossa (NIR: nearInfraredReflectography)  prima che il dipinto entrasse nelle sale del Vittoriano a Roma per l’esposizione alla mostra “Giovanni Boldini” (3 marzo – 16 luglio 2017). La riflettografia è stata richiesta dal Commissario Liquidatore della AMT Real Estate (cpo 44/2012 Tribunale di Roma) alla sottoscritta Dott.ssa M. Letizia Paoletti, storica dell’Arte, esperta di analisi Archeometriche, coordinatrice della ricerca, in collaborazione con il laboratorio LANDA, Università “Sapienza” di Roma,  e autrice della ricostruzione storica.
[2] B. Guidi, Boldini a Parigi: Ritratto di un pittore attraverso le lettere, Ferrara 2015.
[3] B. Guidi, op.cit., lettera 20 giugno 1901p 384
[4] A proposito dell’età che Boldini mostra nella foto, sembra che sia stata scattata circa negli anni ’20, poiché combacia con una foto dell’Archivio Boldini del 1922, e l’abito che Donna Franca indossa nel dipinto alle spalle del Maestro è perfettamente attinente con la moda di quegli anni.
[5] Vittorio Pica, l’Arte Mondiale alla V Esposizione di Venezia, Bergamo 1903,  p. 119  “…In quanto al Boldini se il Ritratto di Donna Franca Florio riconferma la maestria del pittore italo francese per la pastosità con cui è dipinto il volto e l’attacco del collo, egli però vi si appalesa più di quanto lo sia stato mai, lezioso ed artificioso nella posa innaturale, ed oltremodo contorta dello snello corpo chiuso nella serica guaina del fastoso abito nero fino a richiamare le figurette caricaturali di Cappiello.”
[6] B.  Guidi, op. cit, nella lettera 7 luglio 1901 si legge,  “…..e spero al più pesto, poter avere il piacere di far conoscere l’opera sua presentandola alla prima occasione o alla prima esposizione che avrà luogo, perché il quadro sia giudicato dai suoi colleghi; onde da tal giudizio possa vedersi se la ragione sta per lei o  per me; restando io sempre nella convinzione che la figura è lontana dal vero e dal naturale.”   In realtà l’idea di inserire il ritratto alla Biennale di Venezia fu proposta dai coniugi Florio a Boldini fin dalla prim’ora. La proposta è documentata nella lettera di Boldini 5 marzo 1901, ad Antonio Fradeletto, Segretario generale e promotore della Mostra nella quale, dopo aver riportato il desidero di Donna Franca che fosse esposto alla Biennale  e offerto anche un altro  ritratto  da esporre insieme (ritratto di Whistler), il pittore lo prega. “di fargli (sic) esporre insieme e nel mezzo di un “panneau” e prosegue: “se vuole farmi conservare lo spazio queste sono le dimensioni: due metri trenta centimetri altezza, un metro trenta larghezza”, ovviamente con la cornice. La lettera è scritta, come si vede, all’inizio del soggiorno e afferma che non potrà finirlo che a fine mese, chiedendo pertanto di aspettare fino all’ultimo momento per la consegna ed inviando le misure perché gli venga conservato lo spazio.  Ma nella successiva missiva cancella l’impegno e, molto seccato, chiede di riavere indietro prima di esporlo anche il ritratto di Whistler che nel frattempo era già partito. Cfr. P. Dini e F. Dini,  Boldini Cat. Ragionato, vol II, pag. 170)
[7] B. Guidi, op. cit, lettera 13 gennaio 1902.
[8] Leonetto Cappiello (1875-1942) livornese di nascita, è stato un illustratore, cartellonista e caricaturista italiano trasferito a Parigi. Vittorio Pica conosceva bene l’affiche di Cappiello pubblicata e diffusa per le strade di Parigi proprio nel 1901.
[9]  B. Guidi, op. cit. cfr. lettera 23 giugno 1901 e minute successive
[10] B. Guidi, op. cit. lettera 16 luglio 1924
[11] Catalogo degli oggetti provenienti dalle Collezioni dei Signori Ignazio e Vincenzo Florio di Palermo, Casa di Vendite Ugo Jandolo, Roma, Palazzo Ruspoli 19 marzo – 3 aprile 1934.
[12] Loan Exhibition Paintings by Boldini 1845-1931, benefit for the Child Welfare Committee, March 20 to April 8, 1933
Wildenstein &Co, New York City.