Giancarlo Perna per ''la Verità'', 5 gennaio 2019
CAMILLERI SONO - RITRATTONE AL VELENO DI PERNA: ''COMUNISTA RANCOROSO CHE SOGNA IL NOBEL. FIGLIO UNICO DI CEPPO FACOLTOSO, LONTANO PARENTE DEI PIRANDELLO, CON CUI LITIGAVANO SULLO ZOLFO. IL SUO PRIMO ROMANZO FU RESPINTO 10 VOLTE E LO PUBBLICò A SUE SPESE. SUL PADRE, FASCISTISSIMO, MODELLò IL COMMISSARIO MONTALBANO, E IL PADRE è L'UNICO FASCISTA CUI RICONOSCE DIGNITà UMANA. LUI DA COMUNISTA FECE IL TIFO PURE PER I CARRI ARMATI IN UNGHERIA…'' -
Dietro il letterario commissario Salvo Montalbano, apparentemente burbero, in realtà bonario, trapela spesso il suo autore a parti invertite. Andrea Camilleri, il papà di Montalbano, è infatti apparentemente bonario in realtà rancoroso. I siciliani dicono che due sono i corregionali che ogni giorno si chiedono, «oggi con chi posso litigare?»: i trapanesi e gli agrigentini.
Ai secondi, appartiene Camilleri, essendo di Porto Empedocle che di Agrigento è la marina. Camilleri, per prolificità, è il Georges Simenon (1903-1989) italiano. Come il romanziere belga, ha scritto libri di varia letteratura e creato la serie del commissario Montalbano, cugino se non gemello del commissario Maigret. Diversamente da Simenon, che, nonostante il talento, è stato sottovalutato per tutta la vita, Camilleri gode degli osanna della critica ed è probabilmente sopravalutato. I lettori, equanimi, li adorano entrambi. L' aspetto curioso, che fa di Camilleri un unicum, è che ha sfondato come scrittore in tarda età. Oggi, a 93 anni, è celeberrimo. Quando ne aveva 70 - nei primi anni Novanta - era ancora autore per pochi intimi.
Il primo volume del commissario Montalbano, La forma dell' acqua, è del 1994 con Camilleri che andava per i 69. Il volumetto ebbe successo ma non strepitoso. Ne scrisse un secondo. Idem. Tanto che espresse all' editore, la siciliana Elvira Sellerio, il desiderio di smettere con Montalbano per concentrarsi su opere di maggiore respiro. Pure Simenon, per continuare il parallelo, ebbe con Maigret crisi simili, convinto di potere fare meglio. Sellerio reagì vivacemente: «Montalbano non solo vende bene ma si porta dietro altri lavori tuoi». E fece l' esempio del Birraio di Preston (1995) che, romanzo a sé, aveva scalato le classifiche. «Ecco l' infame ricatto che mi ha costretto ad andare avanti con Montalbano», ha poi commentato, faceto, lo scrittore.
VELE AL VENTO La serie dunque continuò e, al favore del pubblico, si unirono gli elogi dei recensori. Tutti cominciarono a trovare straordinario qualsiasi cosa provenisse da Camilleri. A bearsi fu soprattutto l' intellighenzia di sinistra che lo considerava uno dei suoi. Il Nostro, infatti, è l' incarnazione del comunista. Era già iscritto al Pci nel 1945, a 20 anni, e lì è rimasto. Ha fatto prima il partito a sparire che lui a ricredersi. Anche per questo, Camilleri è dilagato su stampa e tv come accade solo se metti la vela al vento. Alla presentazione di ogni nuovo romanzo, Walter Veltroni è in prima linea, mentre gli altri della compagnia di giro, Nichi Vendola, Paolo Flores d' Arcais, ecc. fanno da contorno.
LO SPONSOR SVEDESE Originale fu giudicato che Camilleri scrivesse i libri metà in italiano e metà in un dialetto inautentico ma sicilianeggiante così da renderlo digeribile pure a Bolzano. Crescendo la sua fama, si sono fatti accostamenti sempre più lusinghieri. Così, questa lingua alla Norma è stata paragonata al grammelot (lombardo di fantasia) di Dario Fo.
E se tanto mi dà tanto, poiché Fo ottenne il Nobel per la Letteratura (1997), perché non pensare a un bis con Camilleri? Il primo a puntarci, dicono, è lui stesso. I fan club si sono mobilitati, il suo nome è circolato in Svezia e qualcuno ha osservato una stranezza. Quando la Rai trasmise la prima serie degli sceneggiati sul commissario Montalbano, compariva nei titoli di coda un' azienda svedese come sponsor. Ci fu così l' illazione che fosse una captatio benevolentiae e che Camilleri - potentissimo in Rai - facesse, come ai suoi anni fece Fo, pubbliche relazioni con gli scandinavi.
Andrea è figlio unico di ceppo facoltoso. I genitori erano titolari in Porto Empedocle di depositi di zolfo confinanti con quelli di lontani parenti. Costoro, erano i Pirandello, avi e discendenti del commediografo, Luigi, anche lui premio Nobel (1934). Tra le due famiglie, da bravi agrigentini livorosi, c' erano attriti.
Leggenda racconta che gli zolfi custoditi dai Pirandello subissero diminuzioni mentre di pari passo aumentavano gli zolfi dei Camilleri. I rancori si sono poi tramandati. Tanto che Andrea e Pierluigi Pirandello, nipote di Luigi, entrambi abitanti a Roma, incontrandosi, erano più inclini al buongiorno-buonasera che a prendere un caffè insieme.
IL PADRE ALLA MARCIA SU ROMA Il padre, Giuseppe, era un ispettore portuale. Fu fascistissimo, girava con fez e manganello e partecipò alla marcia su Roma. La futura moglie e mamma di Andrea, Carmela Fragapane, prima di sposarlo lo considerava un poco di buono. Si vide poi, ha raccontato Andrea, che era una pasta d' uomo, tanto che ci modellò Montalbano. Il babbo è il solo fascista cui Camilleri riconosca fattezze umane. Fascista, infatti, è per lui il supremo insulto.
Nella categoria rientra chiunque, da Matteo Salvini a Silvio Berlusconi, esuli dalla sua visione comunista. Scampoli delle sue convinzioni: «Sempre stato comunista. Perfino nel 1956, con la repressione in Ungheria. Pensavo che in un mondo diviso in due, i sovietici facevano bene a tenere sotto controllo la propria parte». «Voglio precisare che i gulag non furono campi di sterminio, Solgenitsin, per fare un nome, con i nazisti non sarebbe sopravvissuto».
SHERIDAN E MAIGRET Appena adulto, Andrea si trasferì a Roma. Nel 1954, vinse un concorso Rai come regista. Ma non fu assunto perché, così almeno ha detto lui, era comunista. Dopo un paio d' anni, però, prese servizio e restò in Rai mezzo secolo. Contemporaneamente, insegnò regia al Centro sperimentale di Cinematografia e, per 20 anni, all' Accademia Silvio D' Amico. Curò per la tv due serie poliziesche famose: il tenente Sheridan e il commissario Maigret. Carburò invece lentamente la vocazione per la scrittura di cui ha raccontato due curiosità. La prima è che, come Nicolò Machiavelli, non si mette mai al lavoro in pigiama ma elegante. La seconda è che, scrivendo, la temperatura gli passa da 36,5 a 36,9.
Il suo primo romanzo, Il corso delle cose, fu respinto 10 volte e lo pubblicò a sue spese (1978). Camilleri, depresso, cercò conforto in Leonardo Sciascia. Era il suo faro, oltre che della sua provincia, Racalmuto, 40 km da Agrigento, e si conoscevano. All' epoca, Sciascia era parlamentare radicale. Camilleri cominciò a fargli la posta in piazza Montecitorio con un manoscritto.
Un giorno, fingendo di passare casualmente, riuscì a bloccarlo. Lo pregò di esaminare il brogliaccio. «Fai con comodo», aggiunse pensando che lo portasse con sé. Sciascia, invece, prese a sfogliarlo, fermo sul selciato, leggendo qua e là.
Dopo un paio di minuti, disse: «Nirì (Andrea in siciliano, ndr), lassa stari», e gli restituì il malloppo. Come si sarà inteso, non era un incoraggiamento. Camilleri inghiottì, poiché Sciascia aveva fama di 'ntussicusu, ma il rancore, agrigentinamente, salì alle stelle. Non è difficile trovare, tra le pagine di Camilleri, frecciate dirette al Maestro. Come l' accusa di avere descritto don Mariano, protagonista mafioso del Giorno della Civetta, così da suscitare ammirazione nel lettore. Giudizio politico, che tra siciliani fa male, non letterario.
nove lauree honoris causa Ma oggi, Camilleri si può permettere molto. Ha all' attivo 100 libri, 30 milioni di copie vendute, traduzioni in 30 lingue. Ha colmato la lacuna della laurea, con 9 honoris causa, e gli è stato dedicato un asteroide come a Shakespeare. Così, ora alza la posta: non la fa più a Sciascia ma al Nobel.