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 2019  gennaio 05 Sabato calendario

Sfera, insulti ebbasta

Dopo la tragedia di Corinaldo e la morte di quei sei poveretti che la notte tra il 7 e l’8 dicembre aspettavano in discoteca l’arrivo di Sfera Ebbasta, Sfera Ebbasta è stato scomodato più volte e a caso per i suoi testi anti-educativi da adulti che sanno mettere così bene a fuoco la realtà da azzardare un collegamento morti a causa del panico/canzoni che parlano di droghe o che offendono le donne. Come se invece le rime cuore/amore di una canzone di Laura Pausini – in un caso analogo – potessero annullare il potere urticante dello spray al peperoncino e allargare le uscite di sicurezza.
Nessuno di questi saggi tromboni si era mai degnato di analizzare il fenomeno Sfera Ebbasta e di ascoltare cosa canti, a dimostrazione che chi sa quello che è bene per le nuove generazioni, di solito non sa nulla delle nuove generazioni. Finché un fatto di cronaca non offre una succulenta occasione per pontificare.
I testi cretini delle canzoni di Sfera Ebbasta sono sempre stati la parte più incolpevole della storia. Chi non lo ha capito o è in malafede, o è fuori fuoco o è vecchioebbasta. In queste ultime settimane però sta accadendo un fatto inedito: sono per la prima volta ragazzi e ragazzini a prendersela con il trapper. Ad attribuirgli colpe. E non per i morti, ma perché sembrerebbe esserseli scordati in fretta.
Il teatro della vicenda è Instagram, l’unico canale di comunicazione che Sfera, con i suoi 2,5 milioni di follower, utilizza con regolarità. È lì che il giorno dopo la tragedia alla Lanterna Azzurra il trapper ha scritto il suo pensiero sull’accaduto. Ed è lì che ho capito in quale casino si stesse infilando, quanto lui, con i suoi 25 anni e gli scarsi strumenti culturali che possiede, fosse impreparato. La sua incapacità di gestire una vicenda così complessa era prevedibile a tutti tranne che al suo entourage, evidentemente. Un entourage che, dopo Corinaldo, non ha saputo prendere in mano la situazione, spiegargli quanto sia importante la comunicazione dopo un fatto così enorme e devastante, quanto sia importante essere empatici e lasciar decantare. E non sarebbe stato neppure (solo) un calcolo cinico di facciata e gestione dell’immagine di una star, ma soprattutto di intelligenza e sensibilità. La prima letterina commossa su Instagram del trapper dopo la tragedia era un compitino freddo. Un collage di frasi di circostanza (“sono addolorato”, “per rispetto ai familiari delle vittime in questi giorni annullerò incontri degli store”) con salviniani ringraziamenti a soccorritori che hanno banalmente fatto il loro lavoro e a forze dell’ordine che quella sera, più che mettere i nastri di plastica attorno alla discoteca, non hanno potuto fare.
C’era poi quel monito (“È stupido e pericoloso usare lo spray al peperoncino!”) che arrivava a disastro accaduto. Prima della tragedia, mai mezzo riferimento a questa pericolosa moda sul suo Instagram. Eppure di episodi simili ai suoi concerti ce n’erano stati parecchi, ma forse era meglio tacere, non spaventare il pubblico pagante. Soprattutto le mamme di quel pubblico pagante.
Pochi giorni dopo la letterina commossa, Sfera tornava già col suo primo selfie da rapper alpha, con l’aria compunta e la felpa giusta, e un altro messaggino algido su quanto avesse deciso di tenere privato il suo dispiacere, su quale cattiverie fossero state dette sul suo conto e poi quel finale così, vagamente disturbante: “Il 2018 è stato un anno ricco di emozioni per me, ci vediamo ai concerti in giro per l’Italia!”. Come se la notte di Corinaldo fosse stata una bolla temporale che nulla ha a che fare col 2018. Come se George W. Bush avesse detto: “Mi dispiace per le Torri Gemelle, comunque il 2001 è stato un anno speciale per New York! Ci vediamo a Times Square per i fuochi di Capodanno!”. Ma vabbè, è un ragazzo, mica il presidente degli Stati Uniti, ho pensato. È spaventato, non sa come gestire la cosa, vuole liberarsene il prima possibile. Non vuole diventare quello ai cui concerti muore la gente. Ci sono etichette disgraziate che possono rovinare carriere. Ed è lì che il suo entourage gli avrebbe dovuto spiegare che non funziona così. Che non è tutto così facile. Che niente è perdonato nell’era dei social. Che quello che metti di te sui social è quello che vuoi comunicare e non importa se sia vero o no. Se sia profondità o superficie. Importa quello che arriva. E quello che è arrivato sono i soliti selfie con gnocca e tatuaggi, finché poi, sotto le feste, è passato al cappello rosso di babbo Natale, il dito medio alzato e il messaggio “A te e famiglia”.
Qualcuno ha iniziato fargli notare che per le famiglie di Corinaldo sarebbe stato il primo Natale senza una mamma, senza i figli. Sfera va avanti, posta una foto nelle storie di Instagram, lui in mutande davanti allo specchio e “Ti ho portato un pacco, Merry Xmas”. A quel punto cominci a pensare che sì, è un ragazzo, ma molti di quelli intorno a lui hanno i capelli bianchi e gestiscono un fenomeno in cima a tutte le classifiche possibili, avrebbero il dovere professionale di salvarlo da una comunicazione suicida, anche a costo di fargli hackerare Instagram.
Sul suo account piovono critiche, insulti, commenti di ragazzi della sua età. Non sono i soliti adulti tromboni a sentire che c’è qualcosa che non va nel cazzeggio senza un tempo decente di decompressione. Sono molti dei suoi coetanei. Eppure nulla, la scelta è quella di continuare a far finta di niente. Poi l’ultima foto. Sfera col suo piumino rosso Moncler e il messaggio ai fan: “Tagga un artista che ha spaccato più di me nel 2018!”. Ci risiamo. Che figata questo 2018. Primo posto in classifica, live col pienone, un sacco di dischi venduti e quei sei morti in discoteca. Davvero un anno da incorniciare. Inutile specificare che a quel punto gli insulti sull’account Instagram di Sfera sono diventati così tanti da averlo obbligato a cancellare tutti i commenti e a bloccare la funzione “commenta”.
Ora, nessuno gli chiede di rinchiudersi nel lutto o postare immagini del fiocchettino nero d’ordinanza, ma forse, chi gli vuole bene, dovrebbe spiegargli che “C’è un tempo perfetto per fare silenzio. Guardare il passaggio del sole d’estate… È tempo che sfugge, niente paura, che prima o poi ci riprende”. Lo ha scritto Ivano Fossati, in una delle sue canzoni più belle. C’è tempo per ricominciare a dire che la vita è una gran figata. Nel frattempo, forse, si può trovare un modo più gentile per andare avanti.