Corriere della Sera, 5 gennaio 2019
La vita privata di Giovanni XXIII nei ricordi del suo maggiordomo
Papa Giovanni è ormai una consolidata icona popolare difficile da scalfire (come non ricordare il mitico quadretto tricefalo, detto «vari-vue», che lo vedeva accanto a Kennedy e Kruscev!).
Il suo pontificato, nel calcolo dei Grandi Elettori, avrebbe dovuto essere di transizione; dal Conclave esce invece un prelato che odia la tv, l’automobile, la psicoanalisi, ma che indice il Concilio e sa improvvisare una comunicazione «generalista», come il celeberrimo «discorso della luna», che gli procura non poche simpatie, anche fra i non credenti. Che sa suscitare stupore per le visite al carcere romano di Regina Coeli e all’ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Sul Nove è andato in onda «Giovanni XXIII. Roncalli, Il Papa buono», documentario dedicato ai momenti principali del suo pontificato: la crisi di Cuba, l’enciclica «Pacem in Terris», lo speciale rapporto con gli ebrei, la conoscenza del mondo ortodosso e musulmano (giovedì, ore 21.25, ora su Dplay). Era l’ultima puntata della serie di documentari «I Grandi Papi», prodotta da Vatican Media-Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Officina della Comunicazione e Gruppo Discovery. Nel corso del programma, il cardinale Angelo Comastri ha parlato dello stile comunicativo di San Giovanni XXIII, mentre pagine più private e familiari sono state rievocate da Guido Gusso, il suo maggiordomo, dallo storico Marco Roncalli e da mons. Claudio Dolcini, parroco di Sotto il Monte, paese natale del Pontefice. Curiosa la testimonianza di Carlo Verdone che la sera dell’11 ottobre 1962 ha assistito in piazza San Pietro al giorno di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Lo scopo principale del documentario era di scrostare un poco dall’icona Giovanni XXIII la patina di «buono»: Roncalli era sì umile, semplice, poco aduso allo stile curiale ma tutt’altro che sprovveduto.