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 2019  gennaio 05 Sabato calendario

Nella casa di Riccardo Illy a Trieste

Da Riccardo Illy non c’è custode. Al suo posto, oltre il cancello, una rana rossa del collettivo Cracking Art. Presenza (in)sospettabile, tra ironia ed economia. Doppio di quella rana cinese scelta dall’imprenditore triestino, presidente del Gruppo illy SpA, come metafora dell’Italia in un fortunato saggio sul mercato globale del 2006 — La rana cinese. Come l’Italia può tornare a crescere , Mondadori. Quando il piccolo anfibio diventa inevitabilmente suo animale feticcio. 
«Dopo l’uscita del libro me ne hanno regalate di ogni tipo: ferro battuto, stoffa, porcellana ungherese», racconta. Tutte raggruppate nello studio al secondo piano. «Celletta francescana», lo chiama la moglie Rossana Bettini, per l’austerità e le dimensioni raccolte. 
Pareti candide (a differenza degli altri ambienti tinta tortora), la scrivania che guarda il mare, ripiani fitti di volumi di business e management («qui, nel silenzio, leggo moltissimo»). Ma c’è anche Schopenhauer con L’arte di essere felici. E la felicità secondo Riccardo Illy? «Un esercizio di sottrazione». Applicato pure a questa casa, «la quinta insieme, e definitiva», dove gli Illy vivono dall’estate. 
Una villa moderna ed ecosostenibile, «green come l’azienda», sull’altopiano carsico fuori Trieste sopra il Castello di Miramare, zona Prosecco. Ma... non stava nel Veneto? «Qui si coltivava la Glera già al tempo dei romani; il mio sogno? Un Prosecco triestino con metodo ancestrale». 
Antichi filari lambiscono il giardino di questa dimora, lontana da ogni tentazione di accumulazione. Collezionista? No, grazie. L’imprenditore si sottrae al rischio di diventare ostaggio di oggetti, in nome «del giusto rapporto tra passione e ragione». 
Della Illy Art Collection, per esempio, tazzine d’autore firmate dai maestri dell’arte contemporanea, il presidente non ne ha che due: di Pedro Almodóvar con l’immagine di Penélope Cruz («il caffè – confida Rossana – lo beve solo lì») e la Silver Cup di David Byrne, artista, scrittore e musicista, già anima dei Talking Heads, autore di una coppia di scatti appesi in palestra. «Scorci della Ferriera di Servola, che quando ero sindaco di Trieste ho contribuito a salvare dalla chiusura». 

Filosofia 
La felicità? Per me è un esercizio di sottrazione. Non accumulo, scelgo. 
Il caffé lo bevo sempre e solo nella stessa tazzina 
Sui raffinati intonaci neutri risaltano, per equilibrato contrasto, soltanto pezzi contemporanei d’area quasi esclusivamente friulana, scelti «non per speculazione, ma per passione, per pura emozione». Come l’Ondina in bronzo di Ugo Carrà, l’opera prediletta, posata su una vecchia stufa Thun nel salone punteggiato di vetri muranesi, sotto un dipinto di Giulio Baistrocchi, pittore-coltivatore di rose selvatiche, accorpate alla materia pittorica per stemperare con un tocco di grazia la tavolozza violenta. 
Di fronte due Lojze Spacal, gigante dell’arte slovena, mentre un Celiberti è poggiato sul gradino accanto a un’icona di stile. La Lounge Chair di Charles e Ray Eames, davanti al camino sotto la lampada Arco di Flos. L’angolo del cuore di Riccardo Illy. Che per il suo «Bestiario» (come ha battezzato la nuova dimora per la dovizia di animali dipinti e di design) declina i debiti d’ispirazione. «Tre case illustri», confessa. 
Quella di Luigi Veronelli a Bergamo per i volumi ampi e fluidi, «progettati per rispondere all’altra grande passione di Gino oltre l’enogastronomia: ricevere». Dell’architetto Carlo Mangani a Udine per l’azzardo di mischiare i materiali (la cucina conviviale degli Illy in acciaio martellato sposa il parquet in rovere e la pietra di Aurisina, «la stessa con cui fu costruita Aquileia»). E di Francis Ford Coppola a Napa Valley per gli orizzonti senza confini. Là un oceano verde di pampini e viti, qui il mare, «che per me è vedere lontano, l’illusione di potere raggiungere qualsiasi obiettivo». 
Con grandi pareti a vetrata casa Illy abbraccia l’intero golfo di Trieste, da Punta Salvore in Istria alla foce dell’Isonzo e ancora oltre, fino alla laguna di Grado. Lo stesso panorama che ispirò Rainer Maria Rilke per le Elegie Duinesi . 
Dieci liriche sull’oscurità della vita e della morte elaborate, poco lontano da qui, nella splendida solitudine del sentiero sul ciglione delle candide falesie di Duino, che oggi porta il suo nome.