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 2019  gennaio 05 Sabato calendario

Gli intrecci internazionali tra ultrà

L’ultimo «censimento» relativo ai campionati 2017-2018 fornisce numeri un po’ più bassi rispetto alla stagione precedente: 386 gruppi ultrà tra i tifosi delle squadre che militano nelle serie professionistiche (dalla A alla Lega Pro C) che raccolgono circa 38.200 persone. Un anno prima erano 420 per 42.500 supporter, con un aumento rispetto al 2015-2016, quando i gruppi erano 400 e gli aderenti poco più di 42.000. Cifre che oscillano in modo irregolare come irregolare è il fenomeno in sé. Che non è in fase decrescente per il fatto che nell’ultimo periodo sono diminuiti i gruppi organizzati. Se di recente si sono sciolte più formazioni di quante se ne sono costituite, possono essere aumentati i «cani sciolti», soggetti non affiliati ad alcuna sigla ma ugualmente attivi sia nelle curve che fuori; sempre impegnati a sostenere la «mentalità ultrà».
Tuttavia il tifo estremo organizzato continua ad aggregarsi in bande che si alleano e si fronteggiano non più solo dentro i confini nazionali, con gemellaggi e conseguenti ostilità trans-frontaliere che comportano anche nuove dinamiche negli scontri. Compresi quelli milanesi del 26 dicembre, in cui è morto Daniele Belardinelli. L’ultima tendenza è di pianificare agguati e risse in zone distanti dagli stadi, o addirittura lungo le autostrade, per evitare intromissioni delle forze dell’ordine, ed è una pratica mutuata dalle tifoserie europee spesso coinvolte al fianco di una fazione contro un’altra. 
A Santo Stefano è accaduto che insieme agli interisti ci fossero i francesi del Nizza pronti ad aggredire i napoletani, dopo che il 2 agosto 2015, prima di un’ amichevole tra Nizza e Napoli, avevano subito un’imboscata da un cavalcavia. Altre occasioni d’incontro non c’erano state per via del conseguente divieto di trasferta nelle successive sfide di Champions League tra le due squadre, e i francesi hanno aspettato più di tre anni per vendicarsi, andando a dare manforte agli interisti nella serata funestata dalla fine di Belardinelli. Che per modalità ricorda quanto avvenne il 22 aprile 2017 a Lisbona, quando morì l’ultrà della Fiorentina Marco Ficini, 41 anni, andato ad assistere al derby tra lo Sporting e il Benfica. La tifoseria viola è gemellata con quella dello Sporting, a cominciare dal gruppo Settebello di cui faceva parte Ficini, che peraltro non era mai stato segnalato per episodi di intemperanza. Durante gli scontri tra le opposte fazioni portoghesi fu travolto dalla macchina guidata da un sostenitore del Benfica, identificato e arrestato. 
I messaggi 
La solidarietà tra tifosi amici si manifesta 
con stendardi e scritte nelle rispettive curve 
La logica delle alleanze internazionali s’è svelata anche a Roma, il 13 dicembre scorso, quando gli ultrà dell’Eintracht di Francoforte sono sbarcati nella capitale, per la sfida con la Lazio, insieme ai «colleghi» gemellati dell’Atalanta; in quel caso gli scontri ci furono soprattutto con le forze dell’ordine, impegnate a evitare che i tedeschi entrassero in contatto con i laziali (gemellati in Germania con i tifosi del Lokomotiv Lipsia e del Werder Brema), ma per gli ultrà cambia poco, giacché la contrapposizione anche violenta agli apparati dello Stato – in patria o all’estero – è uno dei punti fermi del loro modo di stare al mondo. Insieme alla non collaborazione con l’autorità costituita: «guardie» genericamente intese, prefetti, magistrati. 
La solidarietà con i tifosi amici all’estero si manifesta anche con stendardi e scritte che inopinatamente compaiono nelle rispettive curve: dall’effigie censurata di un dirigente della Dinamo Zagabria (contestato dai suoi sostenitori) comparsa tra vessilli romanisti durante una partita con il Chievo, agli striscioni in lingua italiana in favore del tifoso catanese condannato per l’omicidio dell’agente Raciti nel 2007, comparsi nel 2017 in occasione della sfida nel campionato tedesco tra Bayern e Schalke 04. 
Gli schieramenti 
I gruppi organizzati sono diminuiti negli anni: tra i politicizzati prevale la destra 
Si tratta di episodi per lo più incomprensibili alla quasi totalità degli spettatori di un incontro di calcio, ma significativi per interpretare la mutevole morfologia delle curve, e perciò costantemente monitorati dalle Squadre tifoserie delle Digos locali e dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione. A volte il collante è l’estremismo politico che da qualche lustro ormai s’è infiltrato nelle curve; soprattutto di destra, ma non solo. Sebbene non siano le divisioni ideologiche il fattore determinante degli scontri; possono essere un motivo in più, ma alla base resta la rivalità sportiva e campanilistica. 
Nella geografia (anch’essa variabile) dei gruppi ultrà, 68 (il 17 per cento) sono catalogati come politicamente estremisti. Tra questi più della metà sono di destra (in serie A ci sono supporter di Bologna, Juventus, Lazio, Roma, Sassuolo, Torino e Udinese), il 28 per cento di sinistra (ancora Bologna, Empoli, Fiorentina) e il 17 per cento misti, nel senso che sotto la stessa sigla militano estremisti sia di destra che di sinistra (Fiorentina, Genoa, Roma e Torino). Altri 73 gruppi sono politicizzati senza posizioni estreme (43 di destra e 30 di sinistra), ma la grande maggioranza, (245, cioè il 63 per cento) sono considerati apolitici. Contano solo i colori da sostenere, che non impediscono a tifoserie politicamente omogenee di darsele di santa ragione in occasione degli scontri diretti (per esempio Pisa-Livorno a sinistra, o Varese-Como a destra); o ai supporter bresciani di destra di mescolarsi a quelli di sinistra quando devono scontrarsi con quelli del Verona, storicamente schierati a destra. L’ideologia ultrà, alla fine, prevale sempre.