La Stampa, 4 gennaio 2019
Ma le famiglie italiane sono le meno indebitate
Forse non sapete che c’è stato un momento nella storia in cui lo Stato italiano aveva più debiti di oggi. Nel 1920 – secondo calcoli dell’economista Roberto Artoni, perché le statistiche allora erano più scarse e più incerte – il rapporto fra debito e prodotto interno lordo toccò il 160% (contro il 132% circa attuale).
La colpa era della guerra. I lunghi anni del primo conflitto mondiale avevano svenato tutti gli Stati combattenti, anche i vincitori. Subito dopo, smettendo di fabbricare armi l’Italia era andata in recessione. Più debito da una parte, meno prodotto dall’altra, e il rapporto tra i due schizzò in alto. Non furono bei tempi, come si sa: prima il «biennio rosso» di scioperi, poi la marcia su Roma.
Il peso dell’industria militare
Forse non sapete che il debito pubblico si chiama «debito sovrano» perché in origine erano i re in persona a indebitarsi. Serviva, appunto, a finanziare le guerre, e si prometteva di ripagarlo con i frutti della vittoria. Era già allora una faccenda globale: l’insolvenza del re d’Inghilterra Edoardo III all’inizio della Guerra dei cento anni fece fallire nel 1344-45 le due più grandi banche fiorentine, Bardi e Peruzzi.
Oggi è diverso. L’ultima volta che a gonfiare il debito contribuirono in gran parte le spese militari risale agli Anni 80, negli Stati Uniti guidati da Ronald Reagan. I governi attuali spendono soprattutto per motivi di pace: alcuni senz’altro buoni, come contrastare le crisi economiche, altri discutibili, come assicurare la stabilità politica. Il Giappone da 73 anni in pace, spese militari modestissime, è vicino a battere il proprio record di indebitamento nella II guerra mondiale. Gli Usa dopo gli sgravi fiscali di Donald Trump sono in traiettoria per fare lo stesso entro un decennio. Nell’economia globalizzata di oggi ci sono molti più capitali da prendere in prestito, e indebitarsi è meno rischioso di ieri; eppure rischioso resta.
Forse non sapete che le famiglie italiane sono tra le più prudenti d’Europa nel contrarre debiti; più caute perfino di quelle tedesche. Ma in politica è l’opposto. Il nostro Stato non è messo bene, anche perché la bassa crescita dell’economia suscita dubbi sulla sua capacità di pagare gli interessi in futuro. Al momento, dividendo per il numero degli italiani il debito pubblico ammonta a quasi 39.000 euro a testa.
I creditori
Nel 2019 andranno a pagarne gli interessi circa 1100 euro a testa presi dalle tasse da noi versate. È ancora relativamente poco, per effetto dei tassi bassi degli anni scorsi. Il peso potrebbe aggravarsi assai in futuro con tassi più alti. Alcuni sognano che del fardello ci si possa liberare: basta con il debito, lo hanno fatto i politici e non noi, smettiamo di ripagarlo.
Già, ma chi sono i creditori? Solo il 30% del debito italiano è oggi in mani straniere. Il 53% si trova in Italia, per la gran parte detenuto da banche e da assicurazioni, in piccola parte direttamente da cittadini risparmiatori. Il 17% lo ha la Banca d’Italia, di cui i quattro quinti sotto propria diretta responsabilità in caso di perdita.
Ovverosia, due terzi del peso di una insolvenza ricadrebbero dentro i confini nazionali: un disastro. Le banche faticherebbero a restituirci i risparmi, le assicurazioni a pagare i danni, e così via. Non è più come nei tempi antichi, in cui quando i sovrani non pagavano le conseguenze si concentravano sui banchieri (ma già per Firenze nel 1345 fu peggio che in una guerra perduta, si scrisse all’epoca).
Nessuno può dire quanto il debito sia instabile oggi. La paura di non riavere indietro i propri soldi può diffondersi anche in modo irrazionale, e contagiarsi da creditore a creditore, anche in mercati finanziari sviluppati come quelli attuali.