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 2019  gennaio 04 Venerdì calendario

Spending tradita: in tre anni la spesa cresce di 51 miliardi

Oltre 51 miliardi nei prossimi tre anni. A produrre questa impennata della spesa è la manovra 2019, nonostante la significativa potatura di 11,2 miliardi (si partiva da 65,3 miliardi) operata nel passaggio al Senato con il maxi-emendamento che ha rivisto i saldi e l’impianto contabile della legge di bilancio dopo l’intesa raggiunta con Bruxelles. E a sgorgare dai rubinetti è soprattutto la spesa corrente con ben 40,9 miliardi di nuove uscite fino al 2021, di cui 9,7 miliardi nel 2019, alimentata prevalentemente dal flusso che dovrà spingere, con il decreto legge in arrivo, quota 100 per le pensioni e il reddito di cittadinanza. Un fiume arginato solo in piccola parte da una spending review “diretta” da non più di 1,4 miliardi, tra tagli ai ministeri e micro-interventi, solo temporaneamente rafforzata da rimodulazione di trasferimenti (come quelli alle Fs) da un triennio all’altro o da ridimensionamenti in extremis di fondi, come quello da 800 milioni per lo “Sviluppo e coesione”. Anche se il capitolo “uscite” dovrà fare i conti con l’ipoteca, sotto forma di congelamento di 2 miliardi di capitoli di spese dei ministeri, almeno fino al prossimo giugno, inserita nelle more dell’accordo siglato con la Ue per evitare la procedura d’infrazione.
Almeno sulla carta non mancherà insomma il lavoro al nuovo team “mani di forbice” annunciato nei giorni scorsi dal vicepremier, Luigi di Maio, per tagliare sprechi e spese inutili. Anche perché rispetto al maxi-piano di revisione della spesa da 30-40 miliardi indicato nei programmi elettorali del M5S e del Centrodestra, di cui faceva parte la Lega, la legge di bilancio non sembra aver percorso neppure il primo miglio.
Dal dossier del Servizio Bilancio di Camera e Senato sull’ultima versione della manovra approvata emergono per la spesa incrementi netti per circa 7,6 miliardi nel 2019, dovuti a un aumento di 9,7 miliardi della parte corrente e da una riduzione per circa 2 miliardi delle uscite in conto capitale, che dovrebbero concorrere a spingere gli investimenti. Nel 2020 si sale a 22,7 miliardi (+16,5 miliardi di spesa corrente e +6,2 miliardi di parte capitale) e nel 2021 a 21 miliardi, di cui 13,9 miliardi riguardano la parte corrente e 7,1 miliardi la spesa in conto capitale.
Sul lato delle entrate la legge di Bilancio produce complessivamente una riduzione netta del gettito per circa 3,9 miliardi nel 2019 ed incrementi netti per 8,2 miliardi nel 2020 e 11,8 miliardi nel 2022, «in massima parte imputabili – si legge nel dossier dei tecnici di Camera e Senato – alle variazioni delle entrate tributarie».
Ad accendere i riflettori sulla mini-spending review è una altro dossier del Servizio Studi dei due rami del Parlamento con cui vengono riepilogati gli interventi di contenimento delle uscite, al netto della partita di giro sul Fondo povertà, che risulta tagliato per 2,2 miliardi nel 2019 (altrettanti nel 2020 e 2021) ma solo per convogliare le risorse destinate al Rei (Reddito d’inclusione) a parziale copertura del reddito di cittadinanza. Il vero taglio in chiave “spending” è fin dal varo della manovra quello sui ministeri: 658 milioni nel 2019, di cui 435 milioni di parte corrente e 223 milioni in conto capitale. A questa stretta si aggiunge quella, nell’ambito delle risorse del ministero dell’Interno, derivante dalla riorganizzazione dei centri per l’immigrazione: 400 milioni il prossimo anno, 550 milioni nel 2020 e 650 milioni dal 2021.
C’è poi un piccolo elenco di micro-tagli: dai contributi alle spese dell’Onu (-35,4 milioni nel 2019), alla riduzione delle spese per la Difesa (60 milioni l’anno) fino alla diversa contabilizzazione in bilancio delle risorse per le istituzioni scolastiche rimaste inutilizzate (22,5 milioni). E ancora: la rideterminazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro (56,5 milioni di risparmio l’anno nel triennio 2019-2021), l’abrogazione del Fondo per le cattedre universitarie del merito “Giulio Natta” (22 milioni di risparmio nel 2019 e 70 milioni in ognuno degli anni 2020 e 2021), la riduzione del Fondo da destinare alla contrattazione collettiva relativa al contratto Fit di formazione iniziale, tirocinio e inserimento (20,8 milioni l’anno fino al 2020 e 45,6 milioni nel 2021). Tutta da “cifrare” la stretta ai vitalizi dei Governatori e di assessori e consiglieri regionali.