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 2019  gennaio 04 Venerdì calendario

Carige, cosa rischiano ora i risparmiatori

Dopo il commissariamento di Carige chi possiede azioni o bond bancari si chiede cosa aspettarsi e a chi credere. La crisi bancaria italiana è un fiume carsico: a seconda delle convenienze scompare, riappare e torna a inabissarsi nelle profondità insondabili dei bilanci degli istituti. Ma la fiamma della doppia recessione che dal 2008 ha causato la distruzione del 25% del sistema produttivo nazionale e l’evaporazione di 10 punti di Pil continua a covare sotto la cenere dei crediti inesigibili, le “sofferenze” svendute per fare cassa, e liquefa conti e quotazioni di Borsa.
Il 30 novembre 2010 l’ex numero uno di Mps Giuseppe Mussari, da presidente dell’Associazione bancaria italiana dichiarò che “le banche italiane non hanno problemi”.
Quando il 26 ottobre 2014 furono pubblicati i risultati dell’esame Bce sui bilanci di 130 banche europee, si scoprì che il Monte aveva una carenza di capitale di 2,1 miliardi, quasi metà del suo valore di Borsa dell’epoca, e che quella di Carige (814 milioni) sfiorava la sua capitalizzazione (949 milioni). Tra le 13 banche dell’Eurozona bocciate c’era anche la Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, che tuttavia si considerava “in regola rispetto ai criteri di Banca d’Italia”, e quella di Milano, convolata poi a nozze riparatrici con il Banco Popolare.
Alla negazione non sfuggono, pur nel “cambiamento”, governi e maggioranze parlamentari. Chi ci riesce trovi le differenze tra le boutade di Matteo Renzi a gennaio 2016 su Mps (“Oggi la banca è risanata e investire è un affare”) e la risposta data il 31 ottobre dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, a un’interrogazione sulla tutela degli investitori di Popolare di Bari e Carige: “Non ricorre rischio di dissesto”.
D’altronde la Banca d’Italia da decenni propone sempre la stessa ricetta: sopire, troncare e soprattutto far sposare le banche zombie con istituti maggiori, possibilmente non usciti intonsi dai controlli in modo da poter essere “convinti” alle nozze per timore di sanzioni, generando nuovi e più ingombranti cadaveri. Così il virus dei crediti marci di Federconsorzi che divorava Banca Nazionale dell’Agricoltura infettò l’AntonVeneta e tramite questa finì per contagiare il Monte.
Gli annunci di nozze, subìte o proposte, sono dunque da osservare sempre con estrema cautela. Accasare Carige è uno dei mandati dei commissari. Nonostante il successo dell’aumento di capitale da 700 milioni del marzo scorso, il presidente del Credito Valtellinese Lovaglio parla di fusione entro due anni. Qualcuno poi dovrà trovare un “coniuge” a Mps dalla quale, dopo il salvataggio del 2017, in base agli accordi con la Ue lo Stato dovrà uscire con una seconda privatizzazione entro il 2021. A Siena potrebbero guardare Ubi, che per l’ad Massiah è pronta a nuove aggregazioni (ma non con Creval e Carige), e Banco Bpm, secondo alcuni invaghita anche di Cattolica Assicurazioni.
Da sbrogliare c’è poi la matassa Popolare di Bari, i cui titoli illiquidi e non quotati sono crollati e la cui trasformazione in Spa (come quella della Sondrio) è al vaglio della Corte Ue. Alla fine però resta una domanda: l’Italia avrà “sposi” sufficienti per tutte le banche in cerca di nozze o giocoforza dovrà accettare pretendenti dall’estero?