il Giornale, 3 gennaio 2019
Le sei sorelle Mitford che sedussero il ’900
All’ingresso della National Gallery di Londra un mosaico di Boris Anrep accoglie ancora oggi i visitatori. Raffigura le Muse raccolte intorno ad Apollo e a Bacco. Russo, esteta e bon vivant, Anrep utilizzò i volti della sua cerchia, quella di Bloomsbury, e del suo tempo, gli anni novecenteschi fra le due guerre, per modernizzare la classicità del tema, e infatti le due divinità maschili hanno le sembianze, rispettivamente, di Osbert Sitwell e Clive Bell. Quanto alla nove figure femminili, Virginia Woolf incarna Clio, Lydia Lopokova, la moglie-danzatrice di Maynard Keynes, è Tersicore, Christabel, Lady Aberconway, è Euterpe... Due sole muse non rientrano nel pantheon intellettual-mondano di Anrep: una è Greta Garbo, chiamata a impersonare Melpomene, ovvero la tragedia. L’altra è Diana Mitford, in arte Polimnia, ovvero la musica sacra e l’arte oratoria. Con la sua abituale franchezza, la diretta interessata osservò che se invece della Londra di Roger Fry, il critico d’arte di riferimento di Bloomsbury, Anrep avesse scelto la Parigi di Matisse, avrebbe evitato la puritana fangosità e i tetri colori che la caratterizzavano.
Sposatasi diciottenne con Bryan Guinness, una delle fortune economiche del Regno Unito, figlia di David e Sydney Freeeman-Mitford, baroni Redesdale, Diana era allora la quintessenza della bellezza, del savoir faire, della joie de vivre. Evelyn Waugh le dedicherà il romanzo Vile Bodies, Corpi vili, Augustus John la ritrarrà più volte, sono di Cecil Beaton le foto che la immortalano. Folgorato dalla sua presenza, Peter Quennell la paragonerà a «un vaso d’alabastro illuminato dall’interno».
Nel 1932, ventiduenne, Diana si innamorò di Oswald Mosley e fu l’inizio della fine. Brillantissima promessa della scena politica inglese, già il più giovane membro della Camera dei Comuni nel 1918, prima conservatore, poi laburista, ministro nel 1929 del governo di Ramsay MacDonald, con delega a occuparsi del problema della disoccupazione, giunta alla cifra monstre di due milioni e mezzo di individui, fautore in anticipo di un new deal in stile rooseweltiano, nel 1930 Mosley si dimise dal governo e dal partito, accusati di insensibilità e mancanza di coraggio. L’anno dopo ne fondò uno nuovo, il New Party, appunto, ma elettoralmente fu un fiasco. Nel 1932, quando lui e Diana si innamorarono, virò radicalmente verso il fascismo e diede vita al Buf, il British Union of Fascists. Esteticamente parlando, Mosley era una Diana di sesso maschile, assomigliava a Rodolfo Valentino, parlava con l’eloquenza di un oratore della Grecia antica, viveva come un playboy, si vestiva e si muoveva come il più classico dei gentleman inglesi, ma si dichiarava il più strenuo difensore della classe lavoratrice.
La loro relazione ebbe inizio quando entrambi erano sposati, Diana divorziò per lui, Oswald rimase nel frattempo vedovo, cercarono comunque di tenere il loro matrimonio segreto, si sposarono in Germania, meta di visite non solo politiche, essendo intanto Hitler salito al potere. Pensavano entrambi di impiantare una radio commerciale, tipo Radio Luxembourg, su territorio tedesco e grazie proprio all’ostinazione di lei alla fine ottennero l’autorizzazione, ma ciò avvenne solo un anno prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale che di fatto rese impossibile il progetto. Alla sua dichiarazione, Mosley aveva disciplinatamente schierato se stesso e il suo partito a fianco dell’Inghilterra, ma non era servito a niente. Nel 1940 la coppia venne arrestata in base all’Emergency Powers Act che permetteva la detenzione indefinita e senza processo di chiunque fosse considerato un soggetto «ostile» agli interessi inglesi. Per tre anni e mezzo rimasero ambedue sotto chiave nella prigione di Holloway, senza imputazione e senza possibilità di difendersi. Come protesterà George Bernard Shaw, «l’Habeas Corpus divenuto carta straccia».
Diana è solo una delle Mitford di cui Mary S. Lowell traccia la storia nel suo Le sorelle Mitford (Neri Pozza, pagg. 637, euro 25, traduzione di Maddalena Togliani), biografia plurima che affianca, appunto, alla «fascista» Diana, la «comunista» Jessica, detta Decca, la «nazista» Unity, la «romanziera» Nancy, la «duchessa» Deborah... Ciascuna a suo modo incarnò un tipo umano, uno stile e un’epoca e tanto singolarmente quanto in gruppo ispirarono una serie di libri di cui questo della Lowell è se si vuole un compendio esauriente quanto felice nella sua assenza di partigianeria e di partiti presi. Va aggiunto che oltre Nancy, scrittrice di professione, sia Jessica sia Diana furono autrici di libri di memorie, e di saggi sparsi, il che contribuisce alla creazione di un mito Mitford in cui stranezza, talento, ribellione e anticonformismo si mischiano a profusione trasformando spesso la mitologia che a questi si accompagna in realtà.
Divise fra loro da una manciata di anni, educate in modo non ortodosso da genitori non convenzionali, ma allo stesso tempo perfettamente in linea con il credo e le idiosincrasie dell’upper class britannica, quasi tutte le ragazze Mitford furono in fondo vittime degli uomini di cui si innamorarono. Di Diana abbiamo detto, ma Nancy fu sino alla fine l’infelice amante di Gaston Palewsky, il braccio destro di de Gaulle in Inghilterra; Unity si sparò un colpo di pistola alla tempia per non venir meno alla sua ammirazione-infatuazione per Hitler e al suo essere comunque fedele al proprio Paese; Jessica fuggì in Spagna con Esmond Romilly, che oltre a essere suo cugino era il nipote di Winston Churchill, per combattere nella guerra civile a fianco dei repubblicani e poi emigrò con lui negli Stati Uniti...
La ossessione nazista di Unity era singolarmente scritta già alla nascita. Valkirye-Swastika era il suo secondo nome, in onore delle giovani guerriere della mitologia norrena di Wagner unito al luogo del suo concepimento, una cittadina dell’Ontario dove il padre aveva cercato di far fruttare un giacimento aurifero. Lei e Decca, per quanto opposte come ideologia, furono legatissime: «Quando Unity divenne fascista dichiarai di essere comunista e quando lei aveva diciotto anni e io quindici avevamo scelto i lati opposti del conflitto di quell’epoca» ricorderà la seconda. Avevano una camera in comune tappezzata di poster di Hitler e Lenin, svastiche, falci e martelli incisi nei vetri delle finestre. Trovavano la democrazia «noiosa»...
«Molto magra e dritta, con le gambe lunghe che scattavano avanti e indietro come quella di una marionetta», Nancy era la meno bella e proprio per questo la più perfida. Primogenita, non si rassegnò mai all’idea di non avere i genitori solo per sé e fu spesso inutilmente crudele verso le nuove arrivate. Si sposò che era quasi trentenne e dopo essere stata a lungo fidanzata con Hamish St Clair Erskine che aveva quattro anni di meno ed era palesemente omosessuale. Stranamente, per una mente ironica e attenta come la sua, era l’unica a non essersene accorta... Il marito sarà Peter Rodd, a cui le altre sorelle Mitford daranno come soprannome «il Casellante» dopo una sua dettagliata descrizione della rete delle strade a pedaggio nel XIX secolo... Per una donna brillante, un marito noioso che si crede spiritoso suona come un contrappasso e nell’ironia beffarda dei romanzi di Nancy c’è sempre una sottile nota di isterica infelicità.
Sposata al fisico Derek Jackson nel 1936, Pam, amante del giardinaggio, dei cavalli e della cucina, è sempre stata considerata «la sorella sconosciuta che non fece nulla di particolare», ma la scelta del marito dimostra che ci vedeva meglio delle altre. Scienziato di livello internazionale, allo scoppio del conflitto Derek si arruolerà nella Raf e sarà un eroe di guerra. Saranno proprio lui e Pam a ospitare i Mosley quando finalmente usciranno dal carcere. Al ministero della Guerra la cosa non fu presa bene, anche perché Jackson era stato proprio allora tolto dalla Raf e inserito in progetti scientifici top secret. L’allora segretario agli Interni Morrison telefonò personalmente a Derek per spiegargli come i Mosley non potessero stare sotto il suo stesso tetto. «Non ho bisogno di lezioni di patriottismo da chi durante la Prima guerra mondiale si nascondeva nei frutteti» fu la risposta.