il Fatto Quotidiano, 2 gennaio 2019
Valter Mainetti, storia di un editore «impuro»
L’editoria non porta fortuna a Valter Mainetti, il proprietario del gruppo immobiliare Sorgente. Sui bilanci 2017 pesano la sfortunata avventura dello storico settimanale ciellino Tempi e il sostegno al claudicante quotidiano Il Foglio. Ma un editore impuro è per definizione animato da un ottimismo incomprimibile. I giornali servono sempre, e le eventuali perdite sono, o sono comunque ritenute, un investimento prezioso in potere e relazioni. Da questo punto di vista Mainetti rappresenta, grazie a una innata gioviale sfrontatezza, un modello. Una settimana dopo la nascita del governo gialloverde impose la pubblicazione sulla prima pagina del Foglio di un suo editoriale di pieno appoggio a Giuseppe Conte, in contrapposizione frontale alla linea del direttore Claudio Cerasa e inneggiante alla “rivoluzione più importante e temuta (…) che investe le gerarchie di potere del Paese, dagli ex politici agli ex sindacalisti”. Un’idea di Italia che farebbe ridere se non si considerassero due elementi. Il primo è il problema vero di Mainetti: gli enti previdenziali, sentina di purulenti ex, e in particolare l’Enasarco, fondazione che garantisce le pensioni agli agenti di commercio. Il secondo è il suo rapporto con l’avvocato Guido Alpa, maestro del premier Giuseppe Conte, in dialettica costante con il potere politico di Di Maio e Salvini.
Due settimane prima del fiammeggiante manifesto grillo-leghista Mainetti si era visto togliere dall’Enasarco la gestione di due fondi immobiliari (Megas e Michelangelo Due) decisivi per il gruppo Sorgente con i loro immobili dal valore complessivo di circa 700 milioni. Basti pensare che nello scrigno degli immobili Enasarco c’è la Galleria Alberto Sordi di piazza Colonna a Roma, in buona parte affittata proprio al governo, e lo stesso palazzo di via del Tritone dove hanno sede Sorgente e la stessa redazione del Foglio. Mainetti combatte. Contro Enasarco ha iniziato otto azioni legali nei tribunali civili e amministrativi. Ha fatto ricorso al Tar contro la nomina di nuovi gestori dei fondi (rispettivamente Prelios e DeA Capital). Il 4 dicembre scorso il Tar gli ha dato torto ma adesso dovrà pronunciarsi il Consiglio di Stato. Nel frattempo il pm di Roma Alessia Miele ha aperto sui rapporti Sorgente-Enasarco un fascicolo per “infedele gestione”. Il presidente dell’Enasarco Gian Roberto Costa, ex amico di Mainetti, ha mandato quattro esposti contro Sorgente a Consob e Bankitalia, ma la vigilanza finora non ha battuto un colpo, nonostante il Fondo Michelangelo Due sia stato lasciato il 30 giugno con i canoni riscossi inferiori ai costi e solo 1.413 euro in cassa a fronte di 9,5 milioni da pagare, tra cui 2,9 milioni di Imu e Tasi arretrate. L’ultima stazione di una via crucis dolorosa è la nuova denuncia presentata al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone dall’ex ministro della Giustizia Paola Severino, avvocato di Enasarco. Mainetti è accusato di infedeltà patrimoniale, omessa comunicazione del conflitto di interesse e gestione infedele. Il 15 giugno scorso, sei giorni dopo lo storico editoriale “viva la revolucion!” (a metà strada tra il Che e Dibba) Mainetti, che doveva gestire l’ordinaria amministrazione del fondo Megas in attesa del subentro di Prelios, ha passato la locazione del palazzo di via del Tritone 132 (il suo ufficio) dalla sua Sorgente Rem alla sua Tiberia. Solo che Sorgente Rem pagava ogni anno un canone di 1.714.880 euro, Tiberia si è presa il palazzo a 1.150.000 euro all’anno. Sorgente Sgr ha così fatto al gruppo Sorgente uno sconto del 33% sull’immobile che Enasarco le aveva affidato. Il canone giusto, secondo una perizia indipendente di Nomisma, doveva essere di 1,67 milioni. Non solo. Due settimane dopo, il 30 giugno, nel rendiconto semestrale quel palazzo è stato svalutato di 2,8 milioni di euro a causa del nuovo contratto di affitto che ne ha picconato la redditività”. L’avvocato Severino adesso chiede che Mainetti spieghi a Pignatone com’è andato l’affare. Nel frattempo il fantasioso immobiliarista aveva quasi fatto il colpaccio di affittare un appartamento in quel palazzo alla Lega di Salvini. Cento metri quadri trattati con “la società Tiberia che opera nell’intermediazione immobiliare per il gruppo Sorgente, ha scritto Carlo Festa sul Sole 24 Ore un mese fa dando per fatto l’affare. Poi andato in fumo per ragioni ignote. Questo intreccio di affari, contenziosi legali e inciampi giudiziari spiegano il bisogno di Mainetti di tenere rapporti oliati con la politica. E perché non gli pesano i conti negativi della Musa Comunicazione, società che racchiude le partecipazioni editoriali di Sorgente, e del Foglio Edizioni srl, l’azienda proprietaria del marchio del quotidiano.
Entrambe nel 2017 hanno accumulato perdite superiori a un terzo del capitale richiedendo contromisure urgenti. Nel dettaglio, Musa comunicazione ha chiuso il 2017 con 638mila euro di perdite dovute alla svalutazione della partecipazione nell’editrice di Tempi, la Etd Digital srl, ormai in liquidazione. Ma dal bilancio approvato la scorsa estate, si scopre che continuano “approfondimenti e analisi per valutare un’eventuale acquisizione della maggioranza del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno”. Quanto al Foglio, resta in piedi il sistema di vasi comunicanti fra la Foglio edizioni srl e Il Foglio quotidiano, la cooperativa dei giornalisti cui Mainetti affitta la testata (250mila euro il prezzo pattuito per il 2017). La srl, che è tenuta per contratto a far fronte a eventuali difficoltà della cooperativa, ha chiuso l’esercizio in rosso per 406mila euro. La cifra scende rispetto al 2016, ma resta ben lontana dal pareggio. Poco importa che, a fine dicembre 2017, la società dei giornalisti abbia estinto un finanziamento da 800mila euro concesso dalla srl nel luglio di due anni prima. Intanto, la cooperativa dei giornalisti continua a galleggiare con un utile di poco più di 11mila euro. Merito del fatto che nelle casse del giornale continuano ad affluire i contributi pubblici (oltre 800mila euro la somma ottenuta sul 2017). Abbastanza per tirare avanti e persino per mettere una pietra sul passato rinunciando ai contenziosi contro il dipartimento per l’Editoria relativamente alle differenze tra i contributi attesi per gli anni 2014 e 2015 e il denaro ricevuto.