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 2019  gennaio 02 Mercoledì calendario

Il bilancio di Travaglio

Siccome vanno di moda i bilanci dell’anno vecchio, mi viene in mente quel che scrissi 12 mesi fa: e cioè che la legislatura appena conclusa andava sciolta nell’acido per gli orrori inauditi che ci aveva inflitto. Fui subissato di messaggi social e articoli di giornaloni che copiavano e incollavano i tweet del duo Renzi&Boschi e mi intimavano di scusarmi con Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato, per la presunta offesa arrecatale dal mio “linguaggio violento”. L’altro giorno Renzi s’è rammaricato di non aver “usato il lanciafiamme nel Pd” e nessuno, neppure lui&Boschi, gli ha chiesto di scusarsi con tutte le persone bruciate o ustionate in vari incendi in giro per il mondo. Siccome vanno di moda pure gli auspici per l’anno nuovo, mi accontenterei di uno: che i giornalisti e i politici che combattono le fake news evitassero, per quanto possibile, di raccontarne. Già bastano e avanzano quelle di chi non le combatte. Noi, per dire, sono quasi cinque mesi che attendiamo con febbrile trepidazione le conclusioni della mega-inchiesta del pool Antiterrorismo della Procura di Roma sull’esercito di “troll” russi al servizio di Putin che, nascosti a San Pietroburgo nelle segrete della sede del Gru (già Kgb), nella notte del 28 maggio orchestrarono, d’intesa con i 5Stelle e la Casaleggio Associati, il celebre “cyber attacco al Quirinale” a colpi di hashtag tipicamente golpisti “#Mattarelladimettiti” per rovesciare Sergio Mattarella che aveva appena respinto Conte per rimpiazzarlo con Cottarelli.
Ai primi di agosto i giornaloni non parlavano d’altro (Repubblica tirò in ballo anche me, perché – col putribondo “metodo Travaglio” – minimizzavo il complotto demoplutoputinianpentastellato contro il capo dello Stato). Poi purtroppo venne giù il ponte di Genova e dovettero dedicarsi ad altre più urgenti missioni: tipo sbianchettare la parola “Benetton” dalle cronache e dai commenti sulle responsabilità di Autostrade Spa nella catastrofe. Così ci lasciarono lì in sospeso, digiuni di novità sull’inchiesta del secolo. I numerosi pm Antiterrorismo e i loro ancor più numerosi investigatori avranno disposto retate di troll russi? Avviato rogatorie a Mosca e a San Pietroburgo? Interrogato Putin, magari inchiodandolo a un confronto all’americana con Di Maio e Casaleggio? O avranno scoperto che, avendo quella sera Di Maio&C. chiesto l’impeachment per Mattarella, non c’era bisogno di andare in Russia per trovare sostenitori delle dimissioni del presidente italiano? Mistero. Ora i sei mesi per indagare stanno per scadere.
E non vediamo l’ora di conoscere gli esiti di cotanto sforzo investigativo: ne va delle sorti della democrazia. Anche perché circola nelle segrete stanze il fantasma di una nuova, proditoria congiura contro Mattarella: qualcuno, l’altra sera, deve aver tagliato le parti più violente del supermonito di Capodanno. I giornaloni, che ne conoscevano a menadito il contenuto, avevano preannunciato durissime reprimende contro i golpisti giallo-verde. La Stampa, la più informata di tutti, ipotizzava addirittura che il Presidente spingesse per “qualche giorno di esercizio provvisorio” onde garantire un regolare dibattito parlamentare sulla manovra, o si accingesse a promulgarla con allegata una “lettera di biasimo”. E non aveva dubbi sul fatto che “Mattarella non eluderà alcuna delle grandi questioni sul tavolo della politica, comprese le più scabrose. Tra le quali si segnala il federalismo”, e lì il presidente “in tv metterà i paletti sulle autonomie delle Regioni”, cioè dirà “senza alcun dubbio” che “l’Italia è una e indivisibile” contro la tentazione di “alimentare nuove sperequazioni”. Dopodiché “non sorvolerà sui rapporti con l’Europa” contro le “pulsioni nazionaliste”. Il Messaggero confermava: “Europa e unità nazionale, il monito di Mattarella contro le riforme divisive: Appello per l’uguaglianza dei diritti da Nord a Sud”. E pure il Corriere: “Ansia per l’Europa, lavoro e diritti nel discorso del Colle”. E figurarsi Repubblica: “L’avviso del Colle contro gli ‘strappi’ di Zaia e Fontana”. Ora, chiunque sia rimasto sveglio durante i 14 minuti del discorso, non ha trovato alcun attacco al governo né alla maggioranza sui temi suddetti (semmai un elogio per aver evitato la procedura d’infrazione, mentre gli unici spunti vagamente polemici riguardavano la sicurezza e la “tassa sulla bontà”, peraltro in via di ritiro). L’unica spiegazione dunque è che qualcuno, non si sa come, sia riuscito a manipolare il testo del messaggio presidenziale, o addirittura il file del video preregistrato, per espungerne i passaggi più “scabrosi”. I soliti troll e hacker russi? Possibile: per chi riesce, senza muoversi da San Pietroburgo e dintorni, a far vincere la Brexit, Trump e i grilloleghisti, oltre a far perdere il referendum a Renzi, tagliuzzare qualche frase da un filmato è un gioco da ragazzi. Nuovo pane per i denti del Pool Antiterrorismo.
Già che ci siamo, aggiungiamo un secondo auspicio per il 2019: che Alessandro Di Battista, dopo la sciata con Di Maio, dismetta il costume da Yeti e assuma almeno una carica a caso fra quelle che i giornaloni gli hanno attribuito negli ultimi giorni. Nell’ordine: sottosegretario alla presidenza del Consiglio, commissario europeo, eurodeputato, capo politico del M5S, ministro degli Esteri, ministro delle Infrastrutture, sindaco di Roma (ma forse anche allenatore della Lazio e fratello adottivo di Davide Casaleggio). Altrimenti dovremmo concluderne che: o i giornaloni specializzati nella lotta alle fake news sono i primi a fabbricarle; oppure anche Di Battista è entrato nel mirino dei troll di Putin. Nel qual caso, visti i loro poteri mefistofelici, non ci resta che pregare per lui.