La Stampa, 2 gennaio 2019
Sempre meno torinesi vivono a Torino
Torino si è ristretta un altro po’. La città entra nel 2019 con circa 5 mila residenti in meno rispetto all’anno precedente, scendendo sotto la soglia degli 890 mila. Il dato provvisorio dell’ufficio di statistica del Comune – riferito al 30 novembre – parla di 879.546 abitanti iscritti nei registri dell’Anagrafe, numero quindi che non comprende le migliaia di studenti universitari fuori sede, la cui consistenza fa salire la popolazione come minimo a 900 mila.
Si tratta però di cittadini aleatori: oggi ci sono, domani – una volta laureati – chissà. La discesa dei torinesi invece è un fatto assodato: prosegue incessantemente dal 2012, l’ultimo anno in cui la popolazione è salita rispetto ai dodici mesi precedenti. Allora le statistiche registravano oltre 911 mila residenti. Dopo la parabola è stata soltanto discendente: nel 2014 si è scesi per la prima volta sotto quota 900 mila, a 898.714; quattro anni dopo si è passati allo step successivo, arrivando sotto gli 890 mila.
Il bilancio nel medio periodo – al di là delle eccezioni, vedi il 2012 – racconta di un trend solido: negli ultimi dieci anni Torino ha perso 30 mila residenti, dai 909.345 di fine 2008 agli 897.546 di fine 2018. Una media di 3 mila cittadini in meno ogni anno.
Le cause del fenomeno sono note. La principale è il saldo negativo tra nascite e decessi. Negli ultimi tre anni, ad esempio, i nuovi torinesi sono stati tra 6.600 e 7 mila a seconda degli anni; i morti, invece, sono stati tra 10 mila e 10.500. Una forbice che sarebbe sufficiente di per sé a giustificare quella media di 3 mila residenti in meno da un anno a quello successivo registrata negli ultimi anni.
Il secondo elemento da considerare riguarda l’appeal di Torino, che da un po’ di tempo evidentemente non è tale da indurre persone e famiglie a sceglierla come città in cui trasferirsi, a differenza di quel che accade altrove. Negli ultimi dieci anni, ad esempio, Milano ha guadagnato quasi 700 mila abitanti, arrivando vicina al milione e 370 mila, Firenze è passata da 365 a 381 mila abitanti, Bologna da 372 mila a 389 mila. Persino Roma, nonostante i suoi innumerevoli guai, è sempre più vicina ai tre milioni di residenti: i suoi 2 milioni 873 mila sono 154 mila in più rispetto a dieci anni fa.
Stranieri alla riscossa
La terza ragione del calo demografico di Torino sono i cittadini stranieri, il cui aumento per anni ha compensato il calo delle nascite e l’esodo di chi ha preferito altre città o i comuni della provincia. Con l’onda lunga della crisi si è invertita la rotta: dal 2012 gli stranieri residenti a Torino hanno cominciato a diminuire. In quattro anni sono scesi di 10 mila, da 142 mila a 132 mila. Almeno in questo caso c’è una buona notizia: l’emorragia sembra essersi arrestata. È successo nel 2017, quando i cittadini nati oltre confine erano 132.806, vale a dire 76 in più rispetto all’anno precedente. Se il 2017 ha fermato la caduta, il 2018 potrebbe segnare l’inizio della risalita: al 30 novembre gli stranieri residenti in città erano 133.522, con un balzo di 716 nuovi arrivi che mitiga almeno un po’ il saldo negativo generale.
I quartieri
La piccola riscossa degli stranieri aiuta a spiegare un ultimo dettaglio: Torino non si restringe alla stessa maniera. Ci sono quartieri che non perdono abitanti, o comunque si assottigliano in maniera impercettibile, e altri dove l’emorragia è più consistente. Ai primi appartengono le aree maggiormente popolate da cittadini stranieri, vale a dire le circoscrizioni 5 e 6, sostanzialmente stabili grazie anche al fatto che si concentra qui l’aumento della popolazione non italiana. Anche il centro si mantiene stabile, a conferma della sua migliore qualità della vita. La circoscrizione che perde più residenti è invece la 8, nata dall’accorpamento di San Salvario e Lingotto: 1.300 abitanti in meno nell’ultimo anno. La circoscrizione 7 ne perde mille, la 3 ne ha 900 in meno, la 4 scende di 800 mentre la 2 ne perde 700.