La Stampa, 2 gennaio 2019
Il gioco delle tre carte vale 80.000 euro al mese
“Dove pensi sia la donna di cuori? Non devi mettere soldi! È solo per provare…”
Con questa domanda, apparentemente innocente, comincia una delle truffe più antiche del mondo: “il gioco delle tre carte” che, per quanto possa sembrare assurdo, ancora nel 2018 può rendere 80.000€ al mese (al truffatore) per un giro di affari annuo che, in Italia, che supera i 100.000.000€.
Eppure, se su Google cercate “gioco delle tre carte giro d’affari”, le prime 20 pagine parlano di politica e di inganni che niente hanno a che fare con uno dei giochi d’azzardo più famosi di sempre.
Questo perché per anni si è guardato al gioco delle tre carte come a una sfida di pura destrezza, in realtà, grazie alle neuroscienze si è scoperto che è una metafora dell’inganno perfetto, dove la vera abilità dei truffatori è di manipolare la mente del pollo, ancor prima di ingannare i suoi occhi.
Una vera e propria serie di trappole mentali, perfettamente orchestrate, grazie alle quali la vittima non potrà mai vincere una sola mano.
Ma quali sono queste strategie? Quali parole vengono usate? E perché pur sapendo che non si può vincere giochiamo lo stesso?
Il primo segreto nelle truffe è la capacità di creare un solido impianto psicologico all’interno del quale l’inganno scompare.
La vittima pensa sia una leale sfida uno contro uno. Il più abile, il più furbo vincerà.
Ed è proprio questo il primo inganno.
Il giocatore non opera mai da solo: vicino al banchetto ci sono almeno 4 compari, di solito 3 uomini e una donna, fondamentali per incastrare il pollo e, soprattutto, per impedirgli di vincere.
Più lontani i pali per avvisare dell’arrivo delle forze dell’ordine o per fingerne l’arrivo, nel caso fosse necessaria una scusa per scappare.
Anche il look e l’atteggiamento dei compari non è casuale: uno benestante, uno arrogante e fastidioso, la donna per creare competizione tra uomini.
Mentre l’esecutore muove le carte, 2 compari giocano e vincono, vincono sempre. Gli altri invece individuano le vittime e cercano di farle avvicinare.
Le strategie sono molteplici: dal semplice attirare l’attenzione dei passanti con frasi rassicuranti: “fai solo una prova senza puntare soldi per vedere quanto sei bravo”, allo stringersi attorno ad un potenziale pollo per farlo accostare, in modo inconsapevole, al tavolo.
Sembra un balletto perfettamente sincronizzato: il passante si ferma per curiosità o per il gusto del proibito e, a forza di piccole spinte e accerchiamenti, in meno di 40 secondi si trova davanti al banchetto, posizionato su 3 scatole di cartone impilate.
A questo punto il baro inizia a chiedergli dove scommetterebbe, il pollo vince, ma non avendo puntato non ritira i soldi. Inconsciamente crea la convinzione che sarebbe stato più bravo del baro, che avrebbe potuto vincere ma, che fino ad oggi, non aveva mai avuto l’occasione di confrontarsi.
Si innesca, così, in lui il meccanismo della sfida oltre al desiderio, furbesco, di guadagnare facilmente un po’ di soldi.
La trappola ora è scattata e difficilmente si riesce ad uscirne senza perdite.
E se il pollo non si fosse ancora deciso? Esistono delle vere e proprie strategie dalle quali è impossibile salvarsi.
Un compare mette la mano su una carta, come per bloccare la sua scommessa, prende il portafoglio con l’altra, ma non avendo più mani non può estrarre i soldi.
Chiede allora al passante di aiutarlo, il passante punta per lui e partecipa così alla vincita.
Ed è di nuovo in trappola: ha vinto e si sente circondato da persone per bene, se non onesti, almeno con un evidente codice d’onore. Pur non conoscendolo hanno condiviso con lui la vittoria.
Un’altra tecnica per coinvolgerlo nel gioco è fare leva sullo spirito di competizione: un compare vince ripetutamente, il baro dopo avergli pagato diverse puntate, gli impedisce di giocare ancora. Il compare chiede allora al passante di puntare per lui e, ovviamente, continua a vincere.
Il pollo si abitua a giocare, ma soprattutto si convince che sia facile vincere. A quel punto il baro gli dice che se vuole giocare ancora deve continuare con soldi suoi…ed è di nuovo in trappola.
Una volta entrati nel gioco, c’è un unico segreto per trovare la carta: chiudere gli occhi e puntare a caso, per non cadere vittima della destrezza del baro.
Ma basterebbe indovinare la carta giusta per riuscire a incassare i soldi?
Assolutamente no! Ci sono almeno tre stratagemmi molto efficaci per impedire al pollo di vincere.
Il tavolino non a caso è appoggiato su delle scatole di cartone, in caso di necessità, uno dei compari può dare inavvertitamente un colpo alle scatole, far cadere tutto, rendendo nulla la mano.
Il raddoppio della puntata del pollo: se il passante avesse per caso indicato la carta giusta, un compare ne raddoppierebbe la puntata su un’altra carta.
A quel punto il mazziere direbbe al passante di ritirare la propria puntata perché lui accetta solo la puntata più alta e le minori vengono escluse.
E se per qualche combinazione i compari non intervenissero in tempo?
Rimangono comunque le due tasche del baro: in una finiscono le puntate delle vittime, dall’altra escono invece le banconote false con cui eventualmente pagare.
In realtà c’è un unico segreto per vincere e lo insegnò mio nonno a mio papà più di 50 anni fa.
Mio nonno era un contadino del Monferrato. Dalla città, durante la fiera di paese, le vie si popolavano di truffatori e ciarlatani. Un giorno mio nonno disse a mio papà: “ricordati che le 1000 lire a 500 lire non te le vende mai nessuno. Se uno parte dalla città e viene qui a “farti ricco” vuol dire che ha preparato tutto nei dettagli, si è preparato e ha preparato delle trappole che tu non vedi. L’unico segreto è non giocare”.
Perché sono in molti a pensare di essere più furbi dei bari di professione.
Un’illusione che si paga cara: almeno 100 euro a colpo...