la Repubblica, 2 gennaio 2019
Sulla Terra ci sono 3040 miliardi di alberi. A contarli è stato Tom Crowther. Un’intervita
Una barra di cioccolato per ripulire l’atmosfera dalla CO2: la metteremo in vendita tra pochi giorni come Crowther Lab del Politecnico di Zurigo per contribuire al finanziamento della Trillion Tree Campaign lanciata da Felix Finkbeiner», annuncia Tom Crowther, capo del Crowther Lab e primo e unico scienziato riuscito nell’impresa di contare il numero di alberi sul nostro pianeta. L’obiettivo della campagna è piantare 1000 miliardi di nuovi alberi. «In modo che ne sopravvivano, considerando il tasso di sopravvivenza degli sforzi di riforestazione, quei quasi 600 miliardi che il pianeta può sostenere».
Come è riuscito a calcolare il numero di alberi sulla Terra?
«Prima della nostra ricerca, l’unico sistema per capire l’estensione globale delle foreste erano le immagini del satellite: ci davano indicazioni sulle aree del pianeta ricoperte da foreste, certo, ma non erano molto utili a capire la densità delle foreste, né la capacità di cattura della CO 2 a livello del suolo. Così il mio gruppo alla Yale School of Forestry, dove facevo ricerca prima di venire al Politecnico di Zurigo, ha iniziato a mappare gli alberi del mondo, misurando sul posto la densità delle foreste. Una volta misurato il numero di alberi in circa 430.000 punti del pianeta, abbiamo confrontato i numeri ottenuti in ogni area con l’immagine satellitare dell’area stessa. Questo ci ha permesso di ottenere delle equazioni utili a stimare, basandoci sulla somiglianza tra gli ambienti, il numero di alberi in qualsiasi parte del mondo, anche nelle aree non sondate direttamente dai ricercatori. E siamo arrivati al numero finale: 3040 miliardi di alberi. Molto più di quanto si stimava in precedenza basandosi sulle sole immagini satellitari».
A cosa serve la mappa globale delle foreste elaborata dal suo gruppo?
«Nel ventesimo secolo è cresciuta la consapevolezza dell’importanza degli alberi nel mantenere la biodiversità e nel fornire importanti servizi all’ecosistema – come il filtraggio dell’aria e dell’acqua, il riciclo dei nutrienti del suolo – e ci sono state diverse campagne di riforestazione a livello internazionale. Ma queste campagne avevano spesso obiettivi poco chiari e coordinati. La mappa globale della densità arborea che abbiamo creato offre invece un punto di riferimento chiaro per gli sforzi di riforestazione nel mondo. Il migliore esempio è la campagna delle Nazioni Unite dei mille miliardi di alberi, portata avanti dall’associazione Plant-for-the-Planet. Scoprendo, grazie alle nostre stime, che sulla Terra abbiamo 3040 miliardi di alberi, Finkbeiner si è reso conto che il suo obiettivo iniziale – piantare un miliardo di alberi – non avrebbe avuto l’impatto atteso. E così si è posto un nuovo, più ambizioso obiettivo: 1000 miliardi di alberi. Inoltre l’alta risoluzione di questa mappa la rende adatta anche come riferimento per sforzi di riforestazione su scala nazionale e regionale».
Ci può fare un esempio?
«In Costa Rica il progetto per il corridoio biologico Bellbird mirava a ripristinare le foreste per supportare la biodiversità. Usando la nostra mappa, si è capito quanti alberi potevano vivere in quell’area. La nostra mappa è uno strumento utile a stabilire obiettivi realistici e a valutare l’impatto degli sforzi di riforestazione».
Quali sono le zone più adatte per la piantumazione di nuovi alberi?
«Le regioni tropicali – proprio quelle in cui oggi la deforestazione sta accelerando – sono quelle che permettono la crescita più rapida di nuovi alberi. Inoltre queste zone catturano e immagazzinano la maggiore quantità di carbonio, e ospitano la più grande proporzione di biodiversità globale. In particolare, le foreste tropicali nell’America centrale e meridionale sembrano quelle a più alta produttività. Ciò ci suggerisce che ripristinare le foreste in tutte le regioni tropicali dovrebbe essere una priorità globale per rispondere al cambiamento climatico, alla perdita di biodiversità. Il Crowther Lab nel 2019 pubblicherà uno studio che mostrerà il modo in cui la distribuzione dei vari tipi di foresta cambierà nei prossimi 10- 30 anni. Questa mappa rivelerà anche l’impatto climatico della riforestazione per ogni regione del mondo».
A proposito di questo impatto: cosa avete imparato, attraverso le vostre analisi, sulle capacità di cattura di anidride carbonica delle specie vegetali, in particolare in Europa?
«In Europa le specie che assorbono più carbonio, per alimentare la loro crescita veloce, sono i pini e i pecci. Detto questo, si potrebbe pensare che piantare monocolture di pini e pecci sia il modo migliore di combattere il riscaldamento globale in Europa. Ma sarebbe un errore: la nostra ricerca mostra che non le monocolture, ma le aree con più specie diverse sono quelle con maggiore potenziale di cattura della CO 2. Questo perché gli alberi di una stessa specie competono allo stesso modo per le risorse disponibili, ad esempio, avendo altezze simili, si ostacolano a vicenda competendo per la luce solare. Alberi di altezza e forma diversa, invece, offrono una maggiore superficie complessiva ai raggi solari».