la Repubblica, 2 gennaio 2019
Nuove accuse a Carlos Ghosn. Il numero uno di Renault avrebbe dirottato 14 milioni di euro alla Nissan per inviarli a un amico in Arabia Saudita
Il numero uno di Renault, Carlos Ghosn, resterà in carcere almeno fino all’11 gennaio prossimo. E la sua detenzione sta diventando un caso in grado di far saltare l’alleanza franco-nipponica tra Renault, Nissan e Mitsubishi che avrebbe potuto diventare nel 2019 il primo produttore mondiale di autoveicoli. La decisione del tribunale di Tokyo si basa su nuove accuse rivolte dal pubblico ministero e accettate dal giudice. Ghosn si sarebbe macchiato del reato di abuso per aver dirottato dalle casse di una filiale della Nissan una somma equivalente a 14 milioni di euro da inviare a un amico in Arabia Saudita a copertura di un investimento andato male in occasione della crisi economica del 2008.
Operazione che Ghosn nega. Così come ha fatto, del resto, per le accuse precedenti.
L’amministratore delegato di Renault è agli arresti dal 19 novembre scorso, accusato dai magistrati giapponesi di aver creato un sistema di retribuzione illegale che gli avrebbe consentito di accumulare emolumenti per 17 milioni di dollari all’anno. «Una cifra undici volte superiore a quella percepita dall’amministratore delegato di Toyota», osservava ieri il New York Times. Che aggiungeva però un altro confronto: «Una cifra significativamente inferiore ai 22 milioni di dollari guadagnati da Mary Barra, amministratrice delegata di General Motors».
Nell’ultimo anno Ghosn avrebbe incassato 8,6 milioni di dollari da Renault, 6,5 da Nissan e 2 da Mitsubishi). Il tribunale di Tokyo accusa Ghosn di aver percepito fuori dalle regole circa 44 milioni di dollari in 5 anni. Alla domanda se non ritenesse esagerati i suoi compensi, Ghosn aveva risposto: «Voi non volete avere un amministratore delegato qualsiasi. Io costo molto».
In fondo è questo uno dei nodi della questione. Carlos Ghosn non è un amministratore delegato qualsiasi. È invece il cuore dell’alleanza, l’uomo che l’ha immaginata e realizzata quando altri giudicavano l’impresa impossibile. Nel 1999 aveva preso Nissan con il suo carico di 35 miliardi di dollari di debito, aveva licenziato un dipendente su sei e aveva rimesso la casa in carreggiata portandola al secondo posto in Giappone davanti a Honda e dietro solo all’inarrivabile Toyota, per molti anni primo costruttore al mondo. Poi, dalla fine dello scorso decennio, Ghosn ha rischiato di fare la fine del pifferaio di Hamlin, in un primo tempo salvatore della patria perché aveva salvato il paese dai ratti e, una volta risolto il problema, personaggio di cui liberarsi. È assai significativo, in proposito, il diverso atteggiamento assunto a fine novembre, pochi giorni dopo l’arresto, dai consigli di amministrazione di Renault e delle due case giapponesi. Nissan e Mitsubishi hanno immediatamente destituito Ghosn dal suo ruolo di amministratore delegato della società. Renault invece si è limitata a sospenderlo dalle funzioni operative (che sono state temporaneamente affidate a Thierry Bolloré), ma lo ha confermato nell’incarico. Come se a Parigi si considerasse tutto da dimostrare il teorema accusatorio che è invece alla base della radiazione decisa dai due costruttori nipponici. Non è un particolare secondario. Dietro le scelte formali c’è un’evidente diversità di giudizio dei board, sintomo di un atteggiamento divaricato sulle scelte da compiere. In Francia si lascia intendere che la disavventura giudiziaria in cui è incappato Ghosn e soprattutto l’atteggiamento particolarmente severo del tribunale di Tokyo nei suoi confronti non sarebbero visti con ostilità da Nissan.
Desiderosa, probabilmente, di riprendere la sua totale autonomia.
Gli avvenimenti delle ultime ore sembrano fatti apposta per confermare questa impressione.
Mentre i giudici aggiungono nuove accuse e prolungano la carcerazione dell’amministratore delegato di Renault, rilasciano su cauzione il manager arrestato con lui il 19 novembre, l’americano Greg Kelly, uscito dal carcere la scorsa settimana. E continuano a interrogare Ghosn senza la presenza dell’avvocato difensore, come peraltro consente la legge nipponica. Gli avvocati potranno probabilmente incontrarlo nella giornata di oggi. Le autorità giapponesi hanno fatto sapere che il numero uno di Renault è stato trasferito in una cella più confortevole di quella in cui era stato recluso e novembre e che la sera di Capodanno ha potuto gustare un pasto tradizionale particolarmente gustoso. Ma non sarà probabilmente il sushi a scongiurare la guerra prossima ventura tra Parigi e Tokyo.