Corriere della Sera, 2 gennaio 2019
La sonda New Horizon ai confini dello spazio
Silenziosamente e nel buio profondo, New Horizons ha sorvolato da appena 3.540 chilometri la superfice di Ultima Thule, lo strano corpo celeste, simile ad una patata deforme, e il più lontano che una sonda costruita dall’uomo sia stata in grado di avvicinare.
Un’estrema avventura ai confini del sistema solare, mai tentata finora, che ha affascinato anche Brian May, chitarrista dei Queen, che le ha dedicato una canzone. Già il nome accende la fantasia evocando l’isola leggendaria citata nei diari dell’esploratore greco Pitea tre secoli prima di Cristo. Era l’isola più a nord, una terra di ghiaccio e fuoco. Quando la Nasa decise dopo il sorvolo di Plutone da parte di New Horizons nel 2015 di proseguire oltre, per la prima volta tentava di esplorare quel mondo misterioso racchiuso nella «fascia di Kuiper»; una sorta di ciambella intorno al sistema solare nella quale ruotano centinaia di corpi celesti piccoli e grandi con forme stranissime.
«Sono i relitti rimasti incontaminati dalla formazione del corteo planetario e capaci di raccontarci sia le nostre origini sia il modo con il quale i pianeti si sono formati», sottolinea Alan Stern lo scienziato che ha concepito e diretto l’avventurosa missione iniziata ancora 13 anni fa e che la Nasa aveva accettato a fatica perché troppo lunga.
Il telescopio spaziale Hubble ha identificato nel 2014 il nuovo corpo celeste ideale come obiettivo. Già nelle lontanissime zone ne sono stati scoperti diversi ma il più adatto per l’orbita della sonda era il «2014-MU69» battezzato poi con una votazione pubblica Ultima Thule proprio per il suo significato di «oltre il mondo conosciuto». Alle 16.29 (ora italiana) arrivava al centro di controllo all’ Applied Physics Laboratory della John Hopkins University a Laurel, nel Maryland, poco lontano da Washington, il segnale di conferma che la sonda aveva superato indenne l’incontro ravvicinato con il remoto corpo celeste distante 6,4 miliardi di chilometri e compiuto alla velocità di 14,43 chilometri al secondo (51.948 chilometri orari). Il sorvolo era avvenuto alle 6.33 ma i segnali, per arrivarci da tanto lontano, impiegano 6 ore e otto minuti. Intanto la sonda era sorvegliata da Helen Winters, nel suo ruolo di project manager ed esperta ingegnere di software in passato alla guida della missione della sonda Messenger su Mercurio.
La prima immagine trasmessa, molto approssimativa, finora elaborata e mostrata nella conferenza stampa dopo il raggiungimento della storica meta, confermava la natura di un oggetto lungo 32 chilometri e largo 16 costituito probabilmente da due corpi, proprio come era stato previsto nelle ultime settimane dagli scandagli remoti. «Questa esplorazione dimostra che cosa significa avere la leadership nell’esplorazione spaziale» ha rimarcato l’amministratore della Nasa Jim Bridenstine nel messaggio di congratulazioni inviato a ingegneri e scienziati del team. Presto altre immagini dettagliate ci riveleranno i segreti del più lontano oggetto visitato, considerato, come dice Stern, «una capsula del tempo congelata quasi alla temperatura dello zero assoluto».