Corriere della Sera, 2 gennaio 2019
Chi è Elizabeth Warren, la candidata alle primarie dem che cucina, accarezza il cane, beve birra
Un video di 4 minuti girato in cucina, per ricordare l’infanzia in una famiglia operaia dell’Oklahoma e promettere di lottare «per tutti»: per un sistema sanitario universale, un salario minimo più alto e la tutela del clima, «non solo per i miliardari e le corporation». Un articolo sulla rivista Foreign Affairs in cui espone la sua «politica estera per tutti». E ancora: un’apparizione su Instagram Live, dove presenta il marito, accarezza il cane e si beve una birra.
La senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, 69 anni, ex docente di Legge a Harvard, ha annunciato alla vigilia di Capodanno la sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2020, prendendo in prestito qualche strategia da colleghi più giovani come la neodeputata di New York Alexandria Ocasio-Cortez e il texano Beto O’ Rourke, che parlano spesso ai fan sui social mentre cucinano o fanno il bucato.
È la prima democratica d’alto profilo a farsi avanti nella corsa per la nomination che determinerà chi affronterà Donald Trump nel 2020. Una corsa che si preannuncia lunga, affollata, segnata da divisioni ideologiche e generazionali.
L’ala liberal del partito avrebbe voluto Warren come candidata nelle primarie contro Hillary Clinton nel 2016, poi si fece avanti Bernie Sanders. I sondaggi mostrano che c’è ancora entusiasmo per «la sceriffa di Wall Street». Fu soprannominata così nel 2008, presiedendo sotto Obama la Commissione parlamentare che esaminava l’utilizzo dei fondi pubblici per il salvataggio del sistema bancario. Quel che molti si domandano però è se possa battere Trump, che ieri gongolava in un’intervista («Mi piacerebbe correre contro di lei») e suggeriva alla stampa di parlare con lo psichiatra della senatrice per capire se davvero crede di poter vincere. La chiama «Pocahontas», accusandola di fingere di avere origini Cherokee. E lei non ha reagito nel modo migliore: ha pubblicato un test del Dna e i nativi americani si sono indignati per la strumentalizzazione politica della loro identità.
Sui media circolano i nomi di una trentina di altri possibili contendenti. Il senatore Bernie Sanders e l’ex vice presidente Joe Biden hanno più risorse, sono in testa nei primi sondaggi. Ma non c’è ancora un chiaro leader, non c’è accordo sulla strategia per sconfiggere Trump: cercare di strappargli gli elettori bianchi e working class? O mirare alle minoranze e ai giovani, alla «coalizione arcobaleno» di Obama? Meglio affidarsi all’esperienza di due bianchi settantenni o scommettere su volti nuovi, donne e candidati di colore? Le senatrici Kamala Harris, californiana, appoggiata dalle donne nere e la newyorkese Kirsten Gillibrand, campionessa di #MeToo, si preparano a scendere in campo nelle prossime settimane. Idem il senatore afroamericano del New Jersey Cory Booker, che potrebbe conquistare così uno Stato in bilico.
Ora i socialisti di Bernie temono sovrapposizioni tra il suo populismo economico e quello di Warren, ma soprattutto ce l’hanno con Beto, il cui fascino alla Kennedy (che piace anche a Obama) rischia di oscurare il carisma da vecchio zio del loro beniamino. Allo stesso modo, Amy Klobuchar, moderata del Minnesota, e Sherrod Brown, il Bernie dell’Ohio, potrebbero rivaleggiare con Biden per i voti del Midwest. Oltre a Warren tra i pochissimi che hanno già detto di voler correre c’è Julián Castro, già ministro nell’amministrazione Obama, che piace all’elettorato «latino»; ma c’è entusiasmo anche per il sindaco di Los Angeles Eric Garcetti (ispanico, ebreo e italoamericano).
I soldi saranno come sempre importanti. Il miliardario Michael Bloomberg è pronto a mettere sul tavolo 100 milioni di dollari (non è chiaro se per sé o per un ticket centrista). E ci sono mille incertezze, ma forse i democratici hanno capito una cosa: per vincere non basta dire «non sono Trump». Warren nel suo video non lo nomina nemmeno.