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 2019  gennaio 02 Mercoledì calendario

Biografia di Michael Schumacher

Michael Schumacher, nato a Hürth (Germania) il 3 gennaio 1969 (50 anni). Ex pilota automobilistico di Formula 1 (Jordan, Benetton, Ferrari, Mercedes). Primatista in Formula 1 per numero di campionati mondiali vinti (7, di cui due con la Benetton, nel 1994 e nel 1995, e cinque consecutivi con la Ferrari, dal 2000 al 2004), numero di podi conquistati in carriera (155), numero di Gran premi vinti in carriera (91), numero di corse vinte in una singola stagione (13 nel 2004, ex aequo con Sebastian Vettel dal 2013), numero di giri più veloci conseguiti in carriera (77) • Primogenito di un carpentiere (nel 1975 nacque il fratello minore Ralf, anch’egli poi divenuto pilota di Formula 1), a soli quattro anni ricevette in regalo dai genitori un go-kart a pedali, che lo fece rapidamente appassionare alle corse. «Qualche episodio forse romanzato dell’infanzia. Il piccolo Michael che vede un motorino in fondo alle acque di un lago e chiede al padre Rolf di ripescarlo, togliergli il motore e trapiantarlo su una specie di go-kart. Il sempre-piccolo Michael che con quel mostriciattolo sotto il sedere va a sbattere contro un lampione, e così il padre si decide a farlo correre in una pista vera. Il piccolo-ancora-per-poco Michael che, dovendo scegliere fra una gara di go-kart e una di judo opta per la seconda, la perde e solo allora si decide a mollare definitivamente il kimono per i motori. Il non-più-piccolo-ma-giovanissimo Michael, già con la sua bella faccetta da parallelepipedo, che trova uno sponsor per amico, Jürgen Dilk, il quale gli compra un go-kart vero e gli dice “Mi rimborserai con i premi delle vittorie”, ma dopo ogni gara, per andare avanti, bisognava riciclare i pneumatici usati che gli avversari avevano buttato nella spazzatura» (Massimo Gramellini). «Il talento di Schumi si forgiò nelle ristrettezze economiche: scarsi i mezzi, lo stile di guida divenne l’atout per bruciare la concorrenza» (Giancarlo Laurenzi). «Il suo percorso è stato legato alle iniziative economiche e manageriali di uomini che si interessavano alla sua carriera, finanziandone la crescita: una condizione imprescindibile per emergere ai massimi livelli nel motorsport. Schumacher, in ordine cronologico, fa i nomi di Gerhard Noack, […] Jürgen Dilk e Adolf Neubert, importatore per la Germania dello storico brand Kalì Kart. Seguì poi la figura forse più importante della sua carriera: il manager Willi Weber. […] Dopo essere diventato vice-campione del mondo di kart e aver debuttato in Formula Ford nel 1988 grazie ai suoi manager precedenti, Schumacher fu portato da Weber nella Formula 3 tedesca e al prestigiosissimo Gran premio di Macao. In entrambi si impose nel 1990. […] Nell’estate del 1991 arrivò la svolta della sua carriera. Il pilota della Jordan, Bertrand Gachot, finì incredibilmente in carcere pochi giorni prima del Gran premio del Belgio di Formula 1, per aver aggredito un tassista con uno spray urticante illegale. Schumacher racconta, quindi, che “Neerpasch (il capo del team Sauber-Mercedes, che aveva in mano il destino di Schumacher, nda) voleva farmi fare un’esperienza in Formula 1, ed Eddie Jordan ci propose di guidare in Belgio la monoposto di Gachot”. In realtà sembra che sia stato proprio Willi Weber a contattare Jordan, che conosceva da anni, per ottenere quel sedile, facendo poi pagare alla Mercedes una cifra non precisata. […] Non solo, ma, come rivelato da Weber qualche anno dopo, […] “dissi a Jordan che Michael conosceva bene la pista di Spa, abitando pochi chilometri vicino. In realtà non ci aveva mai girato: fui smascherato solo dopo che aveva già ottenuto il settimo tempo in qualifica”. […] La corsa di Schumacher finì […] dopo pochi metri per la rottura della frizione, dopo una grande partenza, ma le prestazioni dell’intero weekend furono sufficienti a convincere Flavio Briatore a metterlo immediatamente sotto contratto con la Benetton fin dal Gran premio successivo, a Monza. […] Nel 1992 ottenne, proprio sul circuito di Spa dove aveva debuttato, la sua prima vittoria in Formula 1, in Benetton. Rimase nel team di Briatore anche nel 1993, quando vinse un’altra gara in Portogallo, all’Estoril. Concluse il mondiale piloti al terzo posto nel 1992, davanti a Senna, e al quarto posto nel 1993. […] L’inizio del campionato 1994 fu un monologo, in gara, della Benetton di Schumacher, che solo in qualifica era stato battuto dalle impareggiabili doti sul giro secco di Ayrton Senna. Il brasiliano era passato alla Williams, dominatrice delle due stagioni precedenti. […] Il primo maggio a Imola […] Senna […] morì, andando a sbattere a 300 all’ora sul muro esterno alla curva Tamburello, per colpa della rottura proprio del piantone dello sterzo che durante le prove lui stesso aveva chiesto di allungare. […] Schumacher si aggiudicò il primo titolo mondiale dopo un […] episodio controverso, l’incidente con il suo rivale Hill all’ultimo Gran premio, ad Adelaide. Divenne, a 25 anni e 314 giorni, il secondo campione del mondo di Formula 1 più giovane di sempre, dopo Emerson Fittipaldi nel 1972, e venne superato solo successivamente da Fernando Alonso, Lewis Hamilton e Sebastian Vettel. Quel successo, tuttavia, aprì soprattutto la strada al mondiale dominato l’anno successivo e all’approdo in Ferrari, nel 1996. […] Dopo Schumacher, la Benetton si aggiudicherà soltanto il Gran premio di Germania del 1997 con Gerhard Berger, prima di diventare Renault nel 2002. Tutti gli uomini chiave dei successi di Schumacher, dal direttore tecnico Ross Brawn al progettista aerodinamico Rory Byrne, furono portati in Ferrari» (Federico Principi). «La collaborazione in Formula 1 tra Michael Schumacher e la Ferrari nasce verso la fine del 1995. La stella di Schumacher è luminosa e splendente: ha vinto il campionato del mondo nel 1994 e nel 1995 con la Benetton. È il pilota più forte e completo del momento. […] Nell’ultima stagione il suo rendimento è stato impressionante: un autentico dominio, nonostante il rivale più insidioso (il britannico Damon Hill) disponesse della fortissima monoposto Williams. È il nuovo fenomeno della Formula 1, dopo il ritiro di Prost e la tragica morte di Senna. Al contrario, la gloriosa e blasonata Ferrari è reduce da stagioni deludenti e sconfortanti. È dal 1979 che la scuderia di Maranello non vince il mondiale, e dal 1990 che non riesce ad essere competitiva per il vertice. La squadra è in netta difficoltà tecnica: non a caso, nel 1991 Prost paragona la propria monoposto Ferrari a un camion. La Fiat, infastidita dagli scarsi risultati e dalle ingenti risorse economiche impiegate senza successo, accarezza il pensiero di chiudere la scuderia. […] Sin dai primi test, Schumi nota pregi e difetti della propria monoposto: un motore potente, ma poco affidabile, una aerodinamica di livello minore rispetto ai team migliori. L’obiettivo della stagione che sta per iniziare è semplice: tornare a vincere almeno una gara ed essere costantemente competitivi per il podio. […] Nelle prime gare del 1996, il rendimento di Schumacher oscilla tra ottime prestazioni e ritiri in gran parte dovuti alla scarsa affidabilità della vettura. Poi, nel Gran premio di Spagna, la prima perla. La pioggia incessante si abbatte sul circuito. Dopo una brutta partenza che lo fa scivolare in sesta posizione, il tedesco inizia a recuperare. È nettamente il più veloce in pista: le condizioni meteorologiche frenano gli altri piloti, ma lui danza sulla pioggia. Compie sorpassi sia all’esterno che all’interno: gli avversari superati come birilli, e in una ventina di giri si porta al comando della gara. Il resto della corsa è trionfale: gli altri arrancano, lui vola. Vince con 45 secondi su Alesi e 48 su Villeneuve; tutti gli altri sono doppiati. Sono distacchi abissali, dati da una Ferrari non ancora competitiva per raggiungere gli obiettivi di lungo termine. È l’impresa del pilota: dopo tanto tempo, l’uomo torna dominante nei confronti della macchina. Seguono altri due acuti, in Belgio e nel Gp di Monza. Nelle due occasioni, la Ferrari non è la macchina più veloce in pista, ma una ottima strategia di corsa e i ritiri di alcuni degli avversari più ostici consentono a Schumacher di arrivare alla vittoria. A Monza, è un tripudio di bandiere ferrariste, un entusiasmo contagiante. C’è ancora da lavorare per stazionare stabilmente ai vertici, ma la strada è quella giusta» (Andrea Catalano). «La risalita della Rossa fu lenta e costellata di episodi negativi o sfortunati. Nel 1996 la vettura non era competitiva, ma Schumacher riuscì lo stesso a ottenere tre vittorie. Perse, tuttavia, sia il titolo del 1997 che quello del 1998 all’ultima gara. Nel primo caso, per difendere la leadership all’ultima corsa, tamponò volutamente Villeneuve, pagandone le conseguenze con il ritiro, la squalifica e il successo mondiale del canadese. Nel 1998, invece, il momento decisivo della stagione si consumò in Belgio: una gara dominata da Schumacher, che stava approfittando del ritiro del rivale Mika Häkkinen, si infranse su David Coulthard – compagno del finlandese in McLaren –, che per farsi doppiare sotto il diluvio rallentò senza spostarsi dalla traiettoria ideale, facendosi centrare forse appositamente da Schumacher. Ma i tempi per entrare definitivamente nella leggenda erano maturi. Nel 1999 Schumacher fu messo inizialmente fuori gioco dal terribile incidente di Silverstone, e a fine anno non riuscì ad aiutare Irvine nella lotta al titolo. Nel 2000, invece, Schumacher si presentò a Suzuka, alla penultima gara, con otto punti di vantaggio su Häkkinen: con una serie di giri record riuscì a passare con la strategia il suo rivale della McLaren. Vinse e celebrò con un’energia mai vista prima, sciogliendo tutta la sua abituale compostezza. […] Schumacher vincerà cinque titoli consecutivi, arrivando al record assoluto di sette, e aggiudicandosi 72 gare e 116 podi con la Ferrari. […] L’egemonia Ferrari si interruppe nel 2005, principalmente […] per una questione di pneumatici. La bizzarra regola che in quell’anno impediva il cambio gomme durante la gara favorì […] le Michelin, che dominarono. Schumacher vinse solamente nella corsa più anomala della storia della Formula 1, […] a Indianapolis, con le sole sei vetture gommate Bridgestone – Ferrari, Jordan e Minardi – a partecipare. Nel 2006 tornò a lottare per il mondiale, contro Alonso e la Renault. A pari punti con lo spagnolo a due gare dalla fine, Schumacher fu tradito dal motore dopo tantissimo tempo mentre era in testa al Gran premio di Suzuka. A Monza aveva già annunciato il ritiro, a fine anno: la splendida vittoria in Cina a Shanghai, nuovamente in condizioni meteorologiche miste, rimase il suo ultimo successo in Formula 1. […] Il 23 dicembre del 2009 Schumacher annunciò il ritorno in Formula 1, dopo tre anni completi di inattività. Lo fece con il rinascente team Mercedes, che raccoglieva le ceneri della Brawn GP, apparsa solamente nel 2009 e vincitrice di entrambi i titoli mondiali. Schumacher qualche mese prima aveva rinunciato a sostituire Felipe Massa in Ferrari fino a fine stagione perché nei test avvertiva ancora dolore al collo, derivante da un suo incidente in moto avvenuto in pista nel febbraio precedente. Fece ritorno nella massima categoria a inizio 2010, con il marchio che pagò per farlo debuttare in Formula 1 nel 1991. La sua parabola in Mercedes fu sbiadita, inconsistente, con pochi lampi e con la sensazione che, ben oltre i 40 anni, Schumacher avesse perso buona parte dei riflessi, oltre che l’abitudine alla ricerca della perfezione e al dominio. In tre stagioni perse sempre il confronto interno in classifica con Nico Rosberg e mise insieme una quantità rilevante di incidenti. Ebbe degli acuti, come la pole virtuale di Montecarlo nel 2012 e l’unico podio, a Valencia sempre nel 2012. […] Schumacher annunciò il suo secondo ritiro, definitivo, a ottobre del 2012, lasciando spazio in Mercedes a Lewis Hamilton» (Principi). Il 29 dicembre 2013, mentre stava sciando fuori pista a Méribel, in Savoia, Schumacher rimase vittima di un incidente: cadde e batté violentemente la testa, procurandosi un grave trauma cranico. Prontamente soccorso e operato a Grenoble, fu tenuto per alcuni mesi in coma farmacologico, ridestato dal quale fu affidato a un lungo percorso riabilitativo, iniziato presso un centro specializzato di Losanna e continuato poi, a partire dal settembre 2014, nella sua villa di Gland; qui si trova tuttora, accudito e protetto dalla famiglia, chiusa nel più stretto riserbo circa le sue condizioni di salute. Da ultimo, Jean Todt ha dichiarato di aver guardato in televisione insieme a Schumacher il Gran premio del Brasile, svoltosi l’11 novembre 2018 • «Schumacher […] si è reso protagonista di alcuni episodi negativi abbastanza evidenti. Oltre al contatto con Villeneuve a Jerez 1997, che gli costò l’esclusione dal mondiale, Schumacher aveva già effettuato una manovra analoga. Ad Adelaide nel 1994 Hill fu troppo irruento, o forse ingenuo, nel provare l’attacco proprio subito dopo l’errore di Schumacher che aveva baciato il muro. Il tedesco, però, sterzò in maniera abbastanza brusca nonostante il suo avversario fosse quasi del tutto affiancato all’interno, compromettendo forse volutamente la gara di entrambi per rimanere così in testa al mondiale e aggiudicarselo. […] La naturale ruvidezza dei duelli nel motorsport e del carattere di Schumacher ha inevitabilmente generato degli attriti, non solo con Hill ma anche con altri personaggi, tra cui il talentuoso e irriverente Juan Pablo Montoya e il suo ex compagno di squadra Barrichello, che più volte in carriera si è lamentato del differente trattamento ricevuto in Ferrari. Fu proprio Barrichello ad essere messo in pericolo da una mossa difensiva scellerata e intenzionale di Schumacher, […] che a Budapest nel 2010 lo chiuse quasi a muro in pieno rettilineo. Il lato sopraffattore di Schumacher, tuttavia, non venne fuori solo nei duelli in pista. Con il tempo il tedesco diventò sempre più potente dal punto di vista politico. Nel suo debutto in Ferrari, nel 1996, impose di relegare a semplice collaudatore il favorito per affiancarlo come titolare, Nicola Larini: Schumacher non voleva la pressione mediatica del confronto con un pilota italiano. Sempre all’inizio della stagione 1996, Schumacher fu battuto dal suo compagno Irvine nella prima qualifica in Ferrari, e gli impedì di compiere test privati per un bel po’ di tempo. Rimangono avvolti nel mistero, inoltre, i rapporti proprio con Irvine nel 1999, la stagione in cui l’irlandese si ritrovò a lottare per il mondiale. Nonostante Schumacher gli avesse regalato la vittoria in Malesia, il tedesco disse a fine anno: “Non è un segreto che io non sia rimasto deluso dal fatto che Eddie non abbia vinto il mondiale”. Fu colto in una festa in un locale di Suzuka, dopo la gara, a esibirsi goliardicamente insieme al fratello Ralf e a tanti uomini della McLaren: un atteggiamento giudicato inopportuno dalla Ferrari» (Principi) • Sposato con la cavallerizza Corinna Betsch, due figli: Gina Maria (1997), cavallerizza come la madre, e Mick (1999), pilota automobilistico come il padre e campione europeo di Formula 3 nel 2018 • «Michael Schumacher è stato definito con diversi soprannomi. I più comuni sono “Cannibale”, perché oltre a battere gli avversari fagocita anche i compagni di squadra, e “Caimano”, per la fame di vittorie quasi atavica, come se non si fosse mai imposto in una corsa. C’è un terzo nickname, affibbiatogli più gentilmente, per la sua supremazia totale su tutti, di ovvia derivazione tedesca: “Kaiser”, che significa “imperatore” e nasce dal suo modo di regnare sulla Formula 1» (Cristiano Chiavegato) • «Una carriera unica. E […] una dittatura. Cominciata veramente dopo la tragedia di Imola del ’94 che tolse di scena Senna. In quel momento, Schumi si ritrovò solo, senza campioni dello stesso livello. Salvo Mika Häkkinen, assurto ai vertici più tardi, con fatica. Una meteora. Sono passati anni prima che si affacciasse, a contrastarlo, una nuova generazione di grandi piloti. […] Questo non significa che Michael non avrebbe vinto ugualmente se avesse incontrato piloti più forti. Il discorso è reversibile: anche altri campioni non avrebbero probabilmente vinto altrettanto, se la carriera si fosse incrociata con quella di Schumi. Ma allora possiamo davvero considerare Schumi il più grande di tutti? Davanti a un quesito così, si rischia di sconfinare in una discussione infinita, perché i paragoni tra le epoche non sono possibili in nessun campo. Troppe le variabili, troppi i cambiamenti della società con ricadute sullo sport. Per cui certe classifiche diventano soggettive. […] Pensate: Fangio ha cominciato in F.1 a 39 anni, quando Michael si ritira a 37. Se Juan Manuel ha dovuto ottenere ogni vittoria a suon di sorpassi, con rischi di conseguenza, Schumi ha saputo interpretare alla perfezione la F.1 dei pit stop e dei sorpassi ai box. Ma, quando si è trattato di farli in pista, non si è tirato indietro. Velocissimo, preparatissimo fisicamente, abile nel destreggiarsi tra potenza e aderenza, un buon fiuto tecnico nella messa a punto e il talento a decidere quando non ha avuto macchine al massimo» (Pino Allievi). «Schumacher è un grande uomo. […] Un uomo dalle qualità speciali, leale, solido, sereno e sempre determinato a ottenere il massimo. Questo suo modo di essere è stato fondamentale per la Ferrari: […] Schumacher, infatti, nei momenti difficili, è sempre stato uno della squadra, contribuendo con la sua lucidità analitica a indirizzare il lavoro dei tecnici verso le soluzioni più efficaci in pista» (Luca Cordero di Montezemolo) • «Con l’asettica ipocrisia delle beatificazioni sospette e la forza del sincero trasporto popolare, Schumacher è già diventato altro da sé. Non più Schumi l’antipatico che litigava con Senna o Villeneuve, né la stella scontrosa che scivolava via a fine gara lasciando in eredità qualche parola alla Bild poi sbobinata nell’incredulità dai cronisti, né ancora il 40enne che durante la non luminosa esperienza alla Mercedes, consumata la rottura con Maranello, poteva far coincidere la plastica indifferenza verso i giudizi collettivi ("Forse non mi amano proprio tutti, ma che posso farci?") in un autografo negato a un bambino con il cappello Ferrari in testa e la risposta pronta: "Non importa: tanto io tifo Alonso". La permeabilità al dolore, il fato, la sfortuna […] lo hanno reso normale. […] Gli auguri di guarigione si sono sprecati. Spazzando via i distinguo sul gelido "Schumi", sull’altero automa che non aveva voluto imparare l’italiano (non era vero, o almeno non del tutto) e restituendo, deposte le asce di guerra in un circuito immaginario, una lettura diversa del fenomeno. Intimidita dalle contingenze (sperare bisogna: solo questo si può fare), con la porta sul nulla sbarrata dal rispetto per il dramma e dall’emozione collettiva, francamente sorprendente verso chi […] alla simpatia aveva sempre preferito talento e consapevolezza di sé» (Malcom Pagani).