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 2018  dicembre 31 Lunedì calendario

Animali, quando il maschio fa la mamma

Secondo uno studio del Boston College, la maggior parte dei papà che lavora a tempo pieno resterebbe volentieri a casa, se solo lo stipendio della moglie lo consentisse. Un cambiamento epocale che sfida il pregiudizio sociale. Ancora oggi, molti sono convinti che un uomo non sia in grado di cambiare i pannolini, né di preparare le pappe e che i figli vengano su meglio se è la mamma a prendersene cura. Eppure le ricerche più recenti mostrano che le figlie di padri presenti risultano più sane e con maggiore autostima e che in America avanza l’uomo in carriera, capace di essere anche un padre partecipe. Tuttavia in Italia si è ancora molto legati alla famiglia tradizionale: il maschio lavora, la femmina pure, e in più bada ai figli e alla casa. E quando lui è costretto a fare il “mammo” è perché lei non ha uno spiccato senso materno o è più attenta alla carriera che ai piccoli da lei stessa partoriti.

PRENDIAMO ESEMPIO
Si dovrebbe prendere lezioni dal mondo animale, dove tutto accade in modo istintivo e naturale: i papà sono protettivi e coraggiosi, ma anche teneri e affettuosi e soprattutto sanno compiere sacrifici straordinari per i figli, rischiando spesso la propria vita. Come papà cigno, sempre vigile e pronto ad affrontare predatori e uccelli rivali con le unghie e con i denti. Sono tante le specie dove è il maschio a fare da mamma. Dal saggio elefante adulto, che trasmette la sua conoscenza al piccolo del branco, all’uccello tropicale, jacana, che cova le uova al posto della compagna, come fa magistralmente il re dell’Antartico. I pinguini, infatti, mentre la mamma si allontana per un mese in cerca di cibo da dare al pulcino non ancora nato, il papà rimane con l’uovo appena deposto. Lo mantiene al caldo tenendolo in equilibrio sulle zampe e coprendolo con il “marsupio della covata”, uno strato di pelle piumato che serve a questo scopo. Come scrive Bridget E. Hamilton nel suo libro Papà straordinari. Lezioni d’amore dal regno animale, per i due mesi seguenti è il suo unico compito e si dimenticherà di tutto il resto, compreso nutrirsi, affidandosi alle sue riserve di grasso. Se l’uovo si schiude prima del ritorno della compagna, il padre nutre il pulcino, poi, una volta tornata la mamma, entrambi i genitori si occupano di sfamarlo e farlo crescere. Fenomenali fin dai primi istanti i papà delle scimmie marmoset: fanno da levatrice durante la nascita dei figli e per due settimane li portano sul dorso. Sono loro ad accudirli e a svegliarsi la notte se i cuccioli piangono, mentre la mamma ha il compito di nutrirli. Poi insieme i genitori guidano i piccoli alla scoperta del mondo.

IL GORILLA
Così fa pure il maschio della scimmia notturna: porta sempre con sé i cuccioli, che vanno dalla mamma solo per allattare. Il papà gorilla va oltre: si dedica alla toeletta dei figli con grande perizia, oltre a coccolarli e separarli durante i litigi. Invece le bertucce sembrano avere una motivazione politica nell’occuparsi della prole: ciò che rende particolare il loro comportamento è lo stretto legame tra lo status sociale dei maschi e la loro capacità di allevare i cuccioli. Trasportarli sul dorso, oltre a rinsaldare il legame con i piccoli, fa salire la loro influenza nel gruppo. Pur dimostrando di essere dei bravi e affidabili papà, si servono dei figli per far carriera e conquistare una “poltrona” nel parlamento dei macachi. E se quasi tutti i felini sono solitari, fanno eccezione i leoni che vivono in branco: il maschio alfa protegge i cuccioli che imparano tutto imitando il comportamento del padre. Mentre condividono i doveri parentali al 50 per cento le aquile di mare testabianca, dalla costruzione del nido al nutrimento dei piccoli.

IL CASALINGO
Nell’affascinante universo degli animali non manca nemmeno il papà casalingo. È il maschio della jacana, già accennato, che sull’acqua del paradiso tropicale di Panama costruisce un confortevole nido galleggiante riuscendo a badare fino a quattro uova. Quando queste si schiudono, 28 giorni dopo, il papà alleva i pulcini mentre la femmina si occupa prevalentemente di difendere il territorio. Poi il genitore guida i piccoli fino a quando non diventano indipendenti e capaci di farcela da soli. Eccoci al monogamo fenicottero maschio che, oltre a preparare il nido e aiutare la compagna nella cova delle uova, produce il “latte del gozzo”, un siero molto nutriente per i pulcini. Della serie, non si fanno mancare niente le nostre amate bestiole: possono vantare la presenza di un genitore single. È il nandù, uccello della famiglia dei Reidi nativo del Sud America, che cova le uova e alleva i pulcini, mentre la compagna si concede spesso e volentieri qualche scappatella. Mentre si allontana subito dopo aver deposto le uova la femmina di alcune specie di rane della famiglia dei microilidi, tocca poi al maschio occuparsi delle piccole ranocchiette, che appena nate si arrampicano sul dorso del babbo per fare quindici metri per volta. E solo di notte. Tra gli animali è raro che i genitori abbandonino i propri figli per occuparsi di altro. Il legame con la prole è sentito fortemente. E pensare che gli esseri umani pur avendo uno spiccato senso della progettualità – potrebbero decidere razionalmente come e quando (e se) mettere al mondo dei figli – spesso si fanno guidare dall’egoismo e dal sogno della casa del mulino bianco. Dunque li fanno nascere per poi abbandonarli a tate e nonni, quando va bene, perché c’è qualcosa di più importante che crescere bene e con amore i propri eredi. Dalai Lama ricorda: «Nell’educare il cervello dei bambini non trascurare di educare anche il loro cuore». Un concetto sacro: gli animali sicuramente non lo dimenticano.