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 2018  dicembre 31 Lunedì calendario

Sarà l’anno della fuga dai social?

Scandalo, crollo in borsa, promesse. È la sequenza ritmata che ha scandito il 2018 di Facebook. Un annus horribilis che ha quasi affossato il social network fondato da Mark Zuckerberg causando una perdita di valore di circa 180 miliardi di dollari, più o meno quanto il pil della Grecia.
Dodici mesi che, dopo una partenza a rilento, da marzo in poi hanno scoperchiato il vaso di Pandora social. Prima si è scoperto che una società di consulenza, la Cambridge Analytica, ha utilizzato i dati sensibili di cui Facebook era in possesso per aiutare la campagna elettorale di Donald Trump, sollevando dubbi allarmanti sulla gestione della privacy da parte dei colossi della Silicon Valley. Mesi dopo – nuove falle nella sicurezza, multe da parte delle autorità di tutto il mondo, un poco limpido controllo delle fake news e lo scarso interesse a tutelare i diritti umani – si è scoperto che il social di Zuckerberg vendeva ad Apple, Microsoft, Amazon e molte altre aziende, l’accesso esclusivo ai dati degli utenti. Così tra pochissimi alti e molti bassi il team di Menlo Park – la sede californiana del social – si è trascinato alla soglia del 2019 lasciando dietro di sé diversi milioni di utenti in tutto il mondo e soprattutto la fiducia incondizionata di un numero ancora maggiore di iscritti.

I DATI
Secondo gli ultimi dati, infatti, nonostante alcuni picchi di iscrizioni nei paesi in via di sviluppo dal punto di vista del digitale, il numero di utenti attivi giornalieri va via diminuendo. Ad esempio nella sola Europa è calato di circa 1 milione di unità (da 279 a 278 milioni di iscritti). Non solo, stando a uno studio condotto da una società di analisi americana, quelli che invece hanno evitato gesti estremi come la cancellazione dalla piattaforma comunque non ripongono più alcuna fiducia nel social: Facebook infatti, sarebbe l’impresa tecnologica di cui nel mondo ci si fida meno per il 40% degli utenti (al secondo posto Twitter e Amazon, con un ben più moderato 8%). Una sfiducia che parrebbe aver contagiato anche i vertici del social network: Portal, l’ultimo dispositivo annunciato da Facebook, è una sorta di tablet con funzioni da assistente vocale da tenere in casa per videochiamare i nostri contatti che sul mercato arriverà con una specie di piccolo tappo per coprire la videocamera. Un rimedio casalingo che a Menlo Park hanno deciso di vendere insieme al proprio prodotto perché sarebbero davvero in pochi a tenere in casa un dispositivo con una videocamera sempre connessa al proprio profilo Facebook. 
Nonostante le vicissitudini, più o meno note al grande pubblico, a cancellarsi dal social network più popolare di tutti, non sono in moltissimi. Chi invece scappa dal social, sono i fondatori delle società acquistate da Zuckerberg e soci. A settembre ad esempio, i co-fondatori di Instagram (Kevin Systrom e Mike Krieger) hanno deciso di abbandonare l’azienda e un mese più tardi Brendan Iribe, co-fondatore di Oculus, ha fatto altrettanto. Senza dimenticare l’appello di Brian Acton, co-fondatore di WhatsApp, che a pochi giorni dall’esplosione dello scandalo di Cambridge Analytica invitò gli utenti a cancellarsi da Facebook. Un attacco interno che mesi più tardi, sempre Acton, continuò a portare avanti addirittura facendo mea culpa per aver venduto la privacy degli utenti WhatsApp quando acconsentì di cedere la sua azienda al colosso di Menlo Park.
Quello nuovo, quindi, si candida necessariamente ad essere un anno di svolta per l’universo dei social network. Al di là del sicuro spegnimento di Google+ – la piattaforma di BigG chiuderà i battenti a partire dal prossimo aprile – a cambiare saranno soprattutto le aziende riconducibili a Zuckerberg. Mentre per Instagram e Whatsapp si parla solo di aggiustamenti e correzioni principalmente rivolti a una maggiore invadenza delle pubblicità, Facebook nel 2019 dovrebbe apportare numerose modifiche: da un lato spingendo per la personalizzazione delle bacheche e per un rinnovato interesse nei Gruppi, dall’altro per la maggiore rilevanza della parte video. Anche se per il momento le Stories in stile Instagram faticano a sfondare, la videocentrizzazione del social di punta della scuderia ci sarà e permetterà a Zuckerberg di scrollarsi di dosso responsabilità pesanti – su tutte quella per la diffusione di fake news – aggirando il problema piuttosto che risolvendolo.

LA TENDENZA
Per quanto riguarda i gruppi invece non si tratta di una novità vera e propria, piuttosto di una tendenza già iniziata nel 2018. Il rinnovato interesse per la privacy da parte degli utenti sta facendo vivere una seconda giovinezza (+40% lo scorso anno) alle community che condividono un qualche interesse. Un’evoluzione che indica una sorta di ritorno alle origini del social network e cioè a quando la popolarità globale non aveva ancora trasformato degli spazi intimi in vere e proprie giungle piene di profili falsi, bufale e aggressività immotivata. Dopo questo 2018 però, gli utenti sembrano averne avuto abbastanza.