Libero, 30 dicembre 2018
La classifica degli evasori
Una delle industrie che prosperano di più in Italia è quella dell’evasione fiscale. Ben 113 miliardi l’anno sarebbero sottratti all’Erario. Una cifra spaventosa, che se fosse nelle disponibilità dei governi potrebbe garantire l’abbattimento del debito pubblico nel giro di vent’anni. E invece ogni esecutivo, in questo periodo, combatte in Parlamento e in Europa per far passare manovre tampone: leggi di bilancio capaci solo di contenere i disavanzi, senza riuscire tuttavia a dare una scossa all’economia, magari con un taglio di tasse. Niente, i contribuenti onesti sono sempre più massacrati, mentre per i furbi è sempre festa. Gli italiani comunque non sono tutti uguali. Nonostante la retorica indichi nel ricco Nord la patria dell’evasore – ne abbiamo visti di servizi in tv che puntano il dito sul piccolo imprenditore lombardo o veneto – la patria del nero è indiscutibilmente il Sud. E la Calabria, il cui presidente è stato recentemente indagato, si conferma prima nella classifica del lavoro irregolare, della propensione a non pagare l’Irap e perfino in quella di chi non versa le tasse sulle case di proprietà. La Lombardia o il Veneto, invece, sono ai primi posti per virtuosità. Eppure il film romanocentrico narra una storia diversa. Sbagliata. Proprio per continuare a mungere aziende e famiglie settentrionali. Andiamo con ordine.
A RISCHIO
A livello territoriale le realtà più a rischio evasione, come abbiamo accennato prima, sono quelle meridionali. In Calabria la stima è al 24,2%: per ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, 24,2 rimangono illegalmente nelle tasche dei furboni. In Campania è al 23,2, in Sicilia al 22,2 e in Puglia al 22 per cento. Nelle regioni del Centro-Nord, invece, la situazione desta meno preoccupazioni. Infatti, in Veneto il tasso di evasione si attesta al 13,8 per cento, nella Provincia autonoma di Trento e in Friuli Venezia Giulia scende al 13,3, in Lombardia al 12,5 per fermarsi al 12% a Bolzano. Tutti dati forniti, freschi freschi, ieri dalla Cgia di Mestre. Dentro questi numeri c’è di tutto. Prendiamo tre casi. 1) Lavoro nero. In Italia ci sono 3,3 milioni di “lavoratori invisibili” che generano 77,3 miliardi di fatturato occulto all’anno, sottraendone al fisco 42,6. Un importo, questo, pari a oltre il 40% dell’evasione di imposta annua stimata dal Ministero dell’Economia. La regione più a “rischio” è la Calabria con 146 mila “neristi”, ma un’incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,9%. Un risultato che è quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,2%). Questa situazione, per la Cgia, si traduce in quasi 1,6 miliardi di mancate entrate per lo Stato dalla Calabria. Segue la Campania che con 382.900 irregolari “produce” un Pil in nero che pesa su quello ufficiale per l’8,8%. Le tasse che mediamente vengono a mancare in Campania ammontano a 4,4 miliardi all’anno. Terza è la Sicilia: con 312.600 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella complessiva pari all’8,1%, le imposte e i contributi non versati sfiorano i 3,5 miliardi di euro all’anno. Il territorio meno interessato dalla presenza dell’economia sommersa è il Veneto: i 199.400 lavoratori in nero ?causano? 5,2 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso (pari al 3,8% del Pil regionale) che sottraggono al fisco quasi 2,9 miliardi di euro. 2) Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. In uno degli allegati del Def, ottobre 2018, il ministero dell’Economia analizza il gap, ovvero la differenza tra gettito atteso da parte delle imprese e dichiarazioni effettive. Ecco cosa scrive Via XX settembre: «La Campania si caratterizza per avere una elevata propensione all’evasione, insieme alla Calabria e alla Sicilia, mentre le regioni più produttive mostrano i tassi di evasione più bassi». Le percentuali di nero sono inferiori al 20% in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, mentre viaggiano tra il 39 e il 50 per cento nelle tre Regioni citate dal ministero. PArola di ministro 3) Tasi e Imu. Iniziamo dalla Tasi e leggiamo sempre le considerazioni del dicastero di Tria: «A livello regionale, l’indicatore del tax gap (differenza tra gettito atteso e quello realmente incassato) varia dal 44,1% della Calabria al 14,4% in Piemonte e presenta valori più elevati nelle Regioni meridionali. Particolarmente significativo è il tax gap registrato in Sardegna (41,4% del gettito teorico), in Sicilia (36,9%) e in Campania (36%). Valori più bassi si osservano, invece, in Emilia Romagna, in Valle d’Aosta e in Liguria». Proseguiamo con l’Imu: «Nel 2016, il tax gap è stimato a circa 5,1 miliardi, pari al 26,8% del gettito Imu teorico? A livello regionale, l’indicatore del tax gap dell’Imu varia dal 42,7% del gettito teorico in Calabria all’11,9% in Valle d’Aosta e presenta valori più elevati nelle Regioni meridionali. Particolarmente significativo è il tax gap registrato in Campania (38,6% del gettito teorico), in Sicilia (36,5%) e in Basilicata (35,6%). Valori più bassi si osservano, invece, in Emilia Romagna (17,8%), in Liguria (18,2%) e in Lombardia (20,6%)». Fermiamoci qui per non rovinarci l’ultimo dell’anno. Fra qualche mese il reddito di cittadinanza bacerà principalmente proprio quelle zone, dove l’evasione – a ogni livello – è la più alta. Non è il caso di fermarsi e, prima di assegnare un euro pubblico a uno sfaticato, verificare se è un evasore?