Il Sole 24 Ore, 30 dicembre 2018
Voltaire, avventurosa storia dell’opera omnia
Parigi, 10 febbraio 1778. François-Marie Arouet, noto come Voltaire, detto anche Le patriarche, giunge nella capitale francese. Manca da ventotto anni. Da una ventina risiede nel castello di Ferney, in territorio francese, a pochi chilometri da Ginevra. Le sue lettere sono invase da lamentele: reumi, acciacchi, fastidi, altro; tuttavia, nel rivederlo, Parigi esulta. Il giorno dopo il suo arrivo circa trecento persone gli fanno visita, e il flusso degli ammiratori continuerà senza requie nella casa sita in rue de Beaune all’angolo con quello che allora era Quai Malaquais e ora porta il suo nome, Quai Voltaire. Il pensatore ha 84 anni.
Il 30 maggio, sabato, il patriarca muore in questa magione. Da tempo con lui vi è Mlle Denis, nipote ma non soltanto: Theodore Besterman nell’importante Voltaire (Prentice Hall Press, 1969) al capito XXI dimostra che fu anche amante. Un interdetto ecclesiastico impedisce però la sua sepoltura in terra consacrata e allora Mlle Denis, che aveva in corso una tresca con un abate dalle parti di Ferney, dopo aver consentito l’estrazione di cuore e cervello (finiranno alla Biblioteca Nazionale di Francia e alla Comédie Française), nella notte del 31 fa partire una carrozza, con un servitore che sorregge il cadavere dello zio, abbigliato con vestaglia e berretta. Il filosofo è truccato da vivo e corre in cerca di una tomba.
Ci vorrà la Rivoluzione per far ritornare la salma a Parigi, tumulata al Panthéon il 12 luglio 1791. Ma non occorrerà aspettare molti anni per vedere un’edizione dei suoi scritti con la sterminata corrispondenza. Del resto, lui ancora attivo, uscì una “collezione completa” delle sue opere, tra il 1768 e il 1777, in 30 volumi di grande formato (in quarto). Dopo la sua dipartita un gruppo di ammiratori fonda la «Société Littéraire Typographique» per intraprendere l’edizione definitiva. Il progetto, realizzato sotto la direzione di Beaumarchais e di Condorcet, desiderava promuovere in maniera militante la diffusione dei testi e delle idee illuministe.
Le difficoltà non furono poche e questa iniziativa, nota come Édition de Kehl (dal nome della città sita sulla riva destra del Reno, al confine con la Francia), tra il 1785 e il 1790 fu realizzata: conteneva le opere e la monumentale corrispondenza. Si presentava in due formati: 70 volumi in ottavo o 92 in dodicesimo. Un’autentica impresa tipografica che interessa bibliofilia, filologia, questioni ideologiche. Ora Linda Gil in un vastissimo studio dal titolo Édition Kehl de Voltaire offre la storia e numerose scritture mai pubblicate riguardanti codesta avventura editoriale e letteraria che riflette gli ideali dei Lumi. Nella prefazione Christiane Mervaud ricorda che la Gil ha realizzato «inchieste multiple e fruttuose» nei fondi d’archivio europei pubblici e privati, utilizzando documentazione di prima mano in gran parte inedita. Dal progetto all’organizzazione del lavoro editoriale, dai manoscritti alle strategie commerciali, questa immensa ricerca della Gil mostra il valore e il significato culturale e civile di un’operazione editoriale che si onorava di salvare le idee di un maestro.
Del resto, i due referenti, già dimostrano cosa fosse allora la cultura: Beaumarchais, nell’anno in cui moriva Voltaire scriveva Le Mariage de Figaro, che farà da base all’omonima opera di Mozart; Condorcet già noto per i suoi studi sul calcolo integrale, grazie all’amicizia con d’Alembert, era segretario permanente dell’Académie des Sciences. Cosa succederebbe oggi a chi osasse pensare a simili imprese culturali? Se avete senso dell’umorismo, ridete. Per favore, ridete a lungo.